Occorre far correre la ricerca, sfruttando al meglio big data e AI, ma anche prestare ascolto a vecchi e nuovi bisogni dei malati di tumore. Che, oltre alla paura e allo stravolgimento della vita legato a una diagnosi pesante come un macigno, spesso si trovano a fare i conti con pesanti sofferenze.
Oggi più che mai, insomma, “innovazione e accesso sono le due vie da percorrere per assicurare ai pazienti oncologici nuove speranze di cura”, come sottolinea Marcello Cattani, presidente di Farmindustria. Che in occasione della XX Giornata nazionale del Malato Oncologico accende i riflettori sul futuro della ricerca mirata a dare risposte ai bisogni dei pazienti. Ma non bisogna cadere nella trappola che porta a dimenticare l’umanità, anche e soprattutto quella dei malati.
L’innovazione all’orizzonte per i malati di tumore
In Italia 3,7 milioni di persone, il 6,2% dell’intera popolazione, convivono con una diagnosi di tumore. Il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi e almeno 1 paziente su 4 è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può ritenersi guarito.
Progressi inimmaginabili fino a qualche anno fa, come ha messo nero su bianco di recente il 17.mo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici stilato dalla Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia).
Tumore: 3,7 mln di italiani vivono dopo una diagnosi, le sfide
Ebbene, “il 40% dei 24.000 farmaci in sviluppo nel mondo riguarda l’area dei tumori e in Italia, secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco, il 35% degli studi clinici è relativo alle neoplasie”, puntualizza Marcello Cattani.
Un percorso di sofferenze?
Ma occorre fare di più. Anche perché l’80% dei pazienti “avrà dolore, nel corso della patologia neoplastica, che è spesso il sintomo di esordio che porta alla diagnosi, soprattutto per tutte quelle malattie che non hanno possibilità di screening e quindi di diagnosi precoce”, come sottolinea la professoressa Flaminia Coluzzi, Responsabile Centro Terapia del Dolore Onco-Ematologia Ospedale Sant’Andrea di Roma e docente presso il Dipartimento di Scienze e Biotecnologie Medico Chirurgiche dell’Università Sapienza.
Un problema che affligge anche i sopravvissuti. Sempre più spesso accedono negli ambulatori pazienti con dolore neuropatico conseguente a chemioterapie, radioterapia ed interventi chirurgici oncologici, come toracotomie o mastectomie.
Novità per ‘spegnere’ il dolore nei pazienti con tumore
La buona notizia è che “la terapia del dolore ha fatto grandi progressi negli ultimi anni. Nel paziente oncologico – assicura Coluzzi – possiamo oggi proporre diverse strategie terapeutiche che tengano conto dello specifico tipo di dolore che accompagna la malattia. L’approccio multidisciplinare coinvolge i terapisti del dolore, i radioterapisti, i fisiatri, gli psico-oncologi, i palliativisti, tutte figure che si affiancano al lavoro degli oncologi nelle diverse fasi della malattia. Il controllo della neuroinfiammazione si integra con i farmaci analgesici propriamente detti, gli adiuvanti, le tecniche interventistiche e quant’altro restituisca al paziente una buona qualità di vita”.
Ma attenzione: “Riteniamo essenziale che i pazienti ci vengano inviati precocemente. Oggi in Italia i centri di Terapia del Dolore sono presenti in maniera capillare e rappresentano un grande alleato per i pazienti durante tutta la storia naturale della malattia oncologica”, sostiene Coluzzi.
Cosa manca ancora in Italia
“Con la legge di Bilancio per il 2025, le organizzazioni dei pazienti e le loro federazioni diventano parte attiva del sistema sanitario”, ha ricordato anche di recente Francesco De Lorenzo, presidente Favo.
Ma occorre fare di più per “rispondere alle principali criticità dell’oncologia: inappropriatezza, tempi di attesa, disuguaglianze“. Esistono, infatti, ancora disomogeneità tra le Regioni “e non tutte le Reti oncologiche presentano lo stesso livello di coinvolgimento delle associazioni. Permangono anche difficoltà di natura burocratica, perché talvolta i processi di partecipazione sono complessi e poco accessibili alle associazioni più piccole”, ha aggiunto De Lorenzo.
L’accesso uniforme e rapido all’innovazione che fa la differenza per un malato di tumore
Ma torniamo al capitolo farmaci: l’innovazione è fondamentale in oncologia, ma lo è anche l’accesso alle nuove terapie. Che – come sottolinea spesso a Elisabetta Iannelli, segretario Favo – per un malato di tumore “può fare la differenza tra la vita e la morte”.
Ebbene l’Italia, secondo un recente studio Efpia, “registra una quota superiore di farmaci oncologici disponibili superiore alla media europea. Ma occorre veloccizzare i tempi di autorizzazione e la riduzione delle differenze tuttora esistenti a livello regionale”, dice ancora su questo tema Marcello Cattani.
“Per rendere più agevole la condizione dei malati oncologici e dei loro familiari è fondamentale garantire la prossimità delle cure assistenziali – ricorda il numero uno di Farmindustria – Ma anche la formazione degli operatori sanitari, con le competenze in costante aggiornamento. La sensibilizzazione crescente su tematiche così importanti, attraverso azioni sinergiche, e l’avanzamento dei processi di cura, che tra l’altro consentono di migliorare l’uso delle risorse e di ridurre la spesa complessiva”, conclude Cattani.
A vantaggio dei malati di tumore, certo. Ma anche dell’intera società.