Vaccini, Giorlandino: test sierologico contro eventi avversi

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“Ad oggi i vaccini sono l’unico strumento per superare la pandemia ma non si può vaccinare a tappeto, senza conoscere lo stato immunitario e sierologico dei soggetti. L’eventuale presenza di anticorpi da Covid-19 in chi ha già contratto il virus, spesso senza esserne a conoscenza, potrebbe infatti escludere ogni beneficio del vaccino e comportare, invece, una pericolosa risposta immunitaria. Inoltre chi è stato già colpito dal virus sviluppa un’immunità molto più duratura di quanto non si afferma oggi”. Lo sostiene Claudio Giorlandino, direttore scientifico del Centro Ricerche Altamedica di Roma.

Giorlandino evidenzia l’importanza di valutare “con un test sierologico l’eventuale presenza di anticorpi prima di praticare una vaccinazione che, nella migliore delle ipotesi, sarebbe inutile ed avrebbe sottratto un vaccino a chi ne ha bisogno. Come emerge dalla letteratura scientifica – continua – chi ha contratto il virus ed è guarito ha sviluppato un’immunità completa e la possibilità di ricontagiarsi o ammalarsi costituisce una rara eccezione, nella fattispecie riportata un solo caso su centinaia di milioni”.

“Gli studi, con tutti limiti dovuti al breve lasso di tempo intercorso dall’inizio della pandemia, rilevano che chi ha avuto l’infezione è protetto e non contagioso per almeno 8 mesi, senza considerare che se gli anticorpi scomparissero la protezione sarebbe assicurata dalle cellule di memoria pronte a ricostruirli in caso di nuovo contatto con il virus”.

“La questione interessa un’enorme fetta di popolazione: oltre il 50% dei soggetti contrae il virus e guarisce senza accorgersene e, se contiamo i quasi 3 milioni di vaccinati, in Italia sono almeno 10 milioni le persone non infettive e non infettabili, per le quali non ha senso limitare le libertà personali, e che invece potrebbero dotarsi di un certificato sierologico”.

“In questo contesto si inserisce il gran numero di eventi avversi che si stanno verificando, determinando la fuga dalle vaccinazioni, e che devono essere evitati con un più razionale impiego dei vaccini – continua Giorlandino – Perché ci sono queste forti risposte infiammatorie e si muore di infarto e trombosi dopo i vaccini? L’attenzione si concentra sull’esagerata risposta anticorpale che colpisce, come una tempesta immunoglobilinica, chi è già protetto da una precedente immunizzazione (soprattutto soggetti ignari di essere stati infettati e guariti)”.

La letteratura scientifica internazionale “tira in ballo il meccanismo Antibody-Dependent Enhancement, che potrebbe determinare addirittura un aumento della aggressività e virulenza del virus invece di proteggere l’organismo vaccinato. Per evitare tali eventi avversi e non sprecare dosi di vaccini, sembra necessario effettuare prima della vaccinazione uno screening sierologico con tecnica di immunocromatografia per rilevare l’eventuale presenza di anticorpi. E’ evidente che non si vaccina per un virus già contratto, che sia influenza stagionale, epatite, rosolia”, conclude Giorlandino.

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