Vaccini Covid, la storia di Milena

vaccini Covid Milena
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Sono bastati 20 minuti per avere la speranza di guardare al futuro con maggiore serenità. Oggi la signora Milena, di cui avevamo raccontato la difficoltà nel prenotare la vaccinazione anti-Covid, è finalmente riuscita ad avere la prima dose di vaccino. L’abbiamo seguita in questo importante momento della sua vita e siamo felici di poter dare conto di una storia a lieto fine.

Prenotatasi quasi due mesi fa, il primo giorno di apertura dell’adesione alla campagna vaccinale anti-Covid in Lombardia, il 10 aprile alle ore 12 si è recata all’ospedale Niguarda di Milano dove era stata convocata tramite l’ormai famoso sms che i cittadini interessati o i loro caregiver ricevono dalla Asl di riferimento.

Per nulla preoccupata, si è presentata con 10 minuti di anticipo, accompagnata dal figlio. “Sono una persona a cui non piace fare tardi. Non ci posso fare nulla, piuttosto arrivo prima agli appuntamenti”, ci dice.
Il Blocco Nord del nosocomio milanese, adibito ad hub vaccinale, brulicava di nonne e nonni in attesa di fare il vaccino contro il virus. Quasi tutti accompagnati da un figlio o un nipote per aiutarli a seguire le indicazioni del personale, solerte, numeroso e molto gentile presente lungo tutto il percorso, dall’accoglienza al momento dei 15 minuti di attesa post-vaccinazione, per valutare l’eventuale comparsa di reazioni avverse immediate.

Incontriamo, mimetizzato tra la folla ordinata, il direttore generale dell’ospedale Marco Bosio. Gli chiediamo alcune informazioni sull’andamento di questo week-end cruciale per portare tutti gli over-80 lombardi che hanno aderito alla campagna vaccinale ad avere almeno una dose di vaccino.

“Le operazioni si stanno svolgendo senza intoppi. Questo fine settimana somministreremo 6 mila dosi di vaccini. Duemila e trecento ogni giorno saranno prime dosi. Il resto richiami di chi si è vaccinato precedentemente. Il tutto grazie a 21 linee vaccinali che si sviluppano in parallelo”, precisa Bosio.

Per Milena l’iter è iniziato con la consegna del materiale informativo sul vaccino che le sarebbe stato somministrato e sulla procedura, unitamente alla convocazione per il richiamo, a distanza di 21 giorni precisi dalla prima. Poi via, seguendo la linea verde dipinta sul pavimento, verso la zona anamnestica dove si deve compilare la modulistica necessaria a dare il consenso alla somministrazione del vaccino e soprattutto per indicare eventuali patologie o terapie o allergie in essere.

Nemmeno il tempo di finire la compilazione, e la signora Milena viene chiamata dal medico prescrittore per l’anamnesi vera e propria. Una verifica precisa e puntuale delle terapie farmacologiche in corso e ulteriori indicazioni sugli eventuali effetti post-vaccini comuni e lievi, come arrossamento nella zona di inoculazione ed eventuale febbricola per il giorno successivo. “Il medico mi ha tranquillizzato”, ci dice la signora, “nel caso mi venga la febbre basta prenderei paracetamolo finché passa”.

E poi via, senza nemmeno un minuto di attesa, dal medico vaccinatore. Braccio sinistro, su la manica della camicetta e “via può andare. E si ricordi l’appuntamento per la seconda dose”, si è raccomandato il dottore. A pochi metri di distanza, la zona con le sedioline per attendere i 15 minuti prima di tornare a casa.

“Come si sente?”, le chiediamo. “Benissimo. Non so più nemmeno dove mi ha fatto la puntura”, dice Milena, ormai siamo diventati amici. “Ma quale vaccino le hanno somministrato?”. “Pfizer”, risponde. “Meno male. Avevo capito che avrebbero potuto darmi anche AstraZeneca. Avevo qualche timore“.

La storia della signora Milena non è la sola a circolare qui nell’hub vaccinale di Niguarda. Accanto alla sua ci sono tante altre vicende a lieto fine. E si chiamano Ernestina 82 anni, Walter 81, Claudio 83. Tutti prenotati il 15 febbraio e tutti oggi con gli occhi che brillano di serenità. Quasi di felicità. “Non vediamo l’ora di poter riabbracciare i nostri nipoti”. “Speriamo di tornare alla nostra quotidianità”. Sono questi i desideri, semplici ma concreti, di persone che amano la loro vita e vogliono riappropriarsene a piene mani, con l’aiuto dei vaccini. Tutto è bene quel che finisce bene, come si dice in questi casi.

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