Salute e Big data, terapie più efficaci e senza sprechi

Big data
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Disponiamo di una mole enorme di dati sanitari che non usiamo. Questa preziosissima miniera di informazioni generata da istituzioni, ospedali, farmacie e pazienti potrebbe migliorare la sanità pubblica e la salute dei cittadini. Ma manca un’infrastruttura unica di archiviazione e lo sviluppo di una tecnologia in grado di analizzare e interrogare questi dati.

Oggi conviviamo ancora con una barriera di circolazione fortemente limitante per il progresso della ricerca: le singole strutture di servizio, anche all’interno della stessa regione, non possono scambiarsi cartelle cliniche e immagini di diagnostica perché parlano linguaggi informatici diversi. Per una medicina davvero digitale, capace cioè di interrogare questi big data attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, c’è bisogno di una rivoluzione copernicana. E il primo passo è culturale.

Promuovere la consapevolezza nella società sull’importanza di utilizzare e condividere i nostri dati sanitari è l’obiettivo di un ciclo di digital talk organizzati dall’azienda farmaceutica Roche Italia nell’ambito della campagna “Roche now: big data uniti per la salute”.

Raccogliere informazioni sempre più precise sullo stato di salute della popolazione porta a numerosi vantaggi su più fronti. “I pazienti beneficerebbero di cure più personalizzate e più efficaci, i medici avrebbero conoscenze in più per migliorare l’attività clinica e diagnostica, e l’industria potrebbe verificare meglio l’effetto dei farmaci e accelerare i tempi di accesso a terapie mirate” riassume Maurizio de Cicco, presidente e amministratore delegato di Roche Italia.

“Quando il sistema viene interrogato, il caso del singolo paziente viene paragonato e correlato alla storia clinica di altri pazienti” spiega Ennio Tasciotti, scienziato, direttore del centro di biomedicina dello Houston Methodist hospital, e figura guida dei talk.

In mezzo c’è lo scoglio della privacy. “La condivisione delle informazioni non è pericolosa ma essenziale per migliorare i percorsi di cura. L’identità del paziente viene rimossa in caso di studi epidemiologici, è invece accessibile al medico curante previo consenso del cittadino” chiarisce lo scienziato.

“Andrebbero integrati i dati dei dispositivi indossabili per rilevare lo stile di vita – prosegue – I big data e l’intelligenza artificiale possono essere impiegati per ottimizzare la prevenzione dell’insorgenza di malattie e di eventi rischiosi. Se lo stile di vita è sbagliato, il medico potrà verificare se l’effetto del farmaco si riduce. Oppure può decidere di impostare delle soglie di allerta nel sistema che anticipano stati di aggravamento ed emergenze intervenendo in modo tempestivo sulla terapia o con un ricovero”. Un altro esempio: “Si può individuare la terapia più efficace per il paziente con un tumore che ha una specifica mutazione genetica”.

Allo stesso tempo i big data sono una grande opportunità per la sostenibilità economica del Servizio sanitario nazionale. “Il Fondo sanitario potrebbe essere ripartito sulla base dei dati epidemiologici delle singole regioni e quindi dei bisogni reali di salute” dichiara Antonio Gaudioso, presidente di Cittadinanzattiva.

“Attraverso la gestione del flusso di informazione e l’elaborazione in tempo reale dei big data sanitari generati da istituzioni territoriali, dagli ospedali, dalle farmacie e dai pazienti – sottolinea l’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin – sarà possibile monitorare l’accesso alle terapie e al consumo del farmaco, al fine di aumentare l’efficienza del sistema salute attraverso l’analisi tempestiva degli acquisti, la tracciabilità delle prestazioni mediche e della operatività ed efficacia delle misure adottate per eliminare gli sprechi e ridurre l’errore umano”.

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