Vaccini tra brevetti e sicurezza, l’analisi di Guido Rasi

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Mancanza di una visione strategica capace di considerare l’importanza dell’investimento nella ricerca scientifica. Ma al contempo capacità di evolvere velocemente in caso di emergenza. Questi alcuni punti di forza e di debolezza, le luci e le ombre del sistema regolatorio di farmaci e vaccini europeo, emersi prepotentemente con la pandemia di Covid-19.

A tratteggiare le due facce di una stessa medaglia ci ha pensato Guido Rasi – oggi ordinario di Microbiologia dell’università Tor Vergata, già direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e direttore esecutivo dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema) – intervenuto al Graduation Day di Altems.

Il sistema regolatorio europeo, e quello italiano che in esso si innesta, “hanno manifestato diverse debolezze che derivano in primis da oltre 15 anni di disinvestimenti nel settore farmaceutico, ritenuto a lungo non strategico. Cosa che rende ragione, senza bisogno di troppe spiegazioni, del fatto che tre dei quattro vaccini anti-Covid oggi approvati in Europa siano stati sviluppati in America”, ha detto Rasi.

Del resto, poteva essere altrimenti? “Diversamente dal Vecchio Continente, a due mesi di distanza dalla dichiarazione della pandemia sono stati stanziati 10 miliardi di dollari per la ricerca sui vaccini contro il coronavirus. Ed è stata data vita alla piattaforma ‘Active’ a cui hanno avuto accesso oltre 120 company che hanno potuto prendere e condividere i risultati di una ricerca finanziata con fondi pubblici”.

Una massa critica che ha permesso di arrivare in pochi mesi alla messa a punto di molecole da testare nei trial e da produrre in larga scala. “Questo è il tipo di collaborazione che serve per arrivare per primi al risultato. Certo, anche da noi ci sono i parchi scientifici, ma poi bisogna vedere come si esplicita la collaborazione tra diversi soggetti”, ha commentato il professore.

Che ha poi elencato i cinque fattori che giudica condizionanti per il successo della ricerca pharma. Oltre alla condivisione della tecnologia, occorrono investimenti adeguati “top-down, ma con una visione strategica per il Paese”. Occorre poi mettere mano allo snellimento dell’approccio regolatorio e a una revisione del contesto normativo che deve “favorire i venture capital, l’approccio pubblico-privato alla ricerca ed essere meno burocratico”. Quinto punto, non per importanza, la proprietà intellettuale.

Tema quanto mai di attualità, specie parlando di vaccini, anche alla luce dell’indicazione del presidente Usa Biden sulla possibilità di sospendere i brevetti per i vaccini anti-Covid nell’ottica di risolvere la pandemia a livello globale.

Non concorda con questa visione Rasi, che è anche consigliere del Generale Figliuolo per la gestione della campagna vaccinale: “Sospendere i brevetti dei vaccini non ha senso. Si tratta di molecole biologiche che richiedono uno specifico know-how per la produzione. Avere accesso ai brevetti senza ricevere il tech transfer da parte di coloro che hanno sviluppato i vaccini servirebbe a poco”.

“Piuttosto si può ragionare sul rivedere i margini di guadagno legati alla proprietà intellettuale di questi prodotti”, ipotizza. Certo è che l’evoluzione dell’approccio delle autorità regolatorie che si è resa necessaria con la pandemia, che ha visto l’Ema esprimersi su un vaccino in 60 giorni rispetto ai molti mesi normalmente necessari, “deve diventare la norma” giacché “si potrebbero verificare nuove emergenze sanitarie, come la possibile inefficacia delle molecole antibiotiche oggi a disposizione”, ha avvertito Rasi rivelando un dettaglio che “in pochi conoscono”.

Ema e la Food and drug administration (Fda) decisero di accordarsi per accettare domande di revisione accelerata solo di candidati vaccini che avessero un’efficacia minima del 60% e che fossero arrivati almeno in fase III di sperimentazione clinica. Questo accordo, che è sfociato nella ‘rolling review’ europea e nell’’emergency authorization’ americana, aveva anche lo scopo di mettere al primo posto la sicurezza dei vaccini” da un lato all’altro dell’Oceano senza voler far primeggiare gli uni o gli altri rispetto all’autorizzazione all’uso.

“Il fatto che Fda abbia autorizzato i vaccini con alcune settimane di anticipo rispetto a Ema dipende dal fatto che le aziende produttrici hanno depositato i dossier prima negli Usa che in Europa”. A buon intenditor…

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