Covid-19 e l’aumento della resistenza agli antibiotici

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Virus e superbug. La pandemia di Covid-19 e il ricorso alla terapia antibiotica per i pazienti ricoverati in ospedale sembrano aver alimentato l’insidioso fenomeno della resistenza agli antibiotici. E’ quanto emerso da un incontro a porte chiuse organizzato con il sostegno non condizionate di Shionogi, al quale hanno partecipato rappresentanti della Regione Lazio e specialisti che operano in quattro grandi strutture sanitarie capitoline.

Ogni anno, hanno ricordato gli esperti, circa 700 mila persone muoiono nel mondo per infezioni resistenti agli antibiotici, ma il numero potrebbe arrivare a 10 milioni l’anno nel 2050, se non verranno presi provvedimenti. Il monito arriva da un report Oms e Onu di qualche anno fa, che aveva evidenziato il rischio di una ‘apocalisse antibiotica‘, con un impatto analogo a quello di una crisi economica.

Nel frattempo la ricerca si è mossa, e sono arrivati (o stanno arrivando) sul mercato nuovi antibiotici in grado di bersagliare i germi resistenti. Non mancano però i problemi nella gestione e nell’approvvigionamento di questi medicinali. Emerge dunque, ancor più alla luce dell’arrivo di nuovi antibiotici, la necessità di linee di indirizzo che favoriscano l’appropriatezza prescrittiva.

“E’ davvero fondamentale poter utilizzare nel modo migliore i nuovi antibiotici”, ha evidenziato Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, fornendo i dati del monitoraggio effettuato all’interno della sua struttura sulla presenza dei germi resistenti.

“L’arrivo di nuove molecole è fondamentale, ma esistono ancora sacche di mancanza di conoscenza di questi preziosi strumenti. Anche per colpa della pandemia, che ha ostacolato la formazione – ha evidenziato Roberto Cauda, direttore di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma – Dunque è importante rendere più semplice l’accesso a questi medicinali, ma sono anche convinto che per la loro prescrizione sia importante l’affiancamento degli infettivologi”.

“Questi nuovi antibiotici vanno salvaguardati, ma non tenuti nel cassetto – ha sottolineato Nicola Petrosillo, direttore di Malattie Infettive dello Spallanzani – Tenendo presente il fatto che il largo uso di antibiotici ad ampio spettro con Covid-19 ha portato a una rapida insorgenza di complicanze infettive” legate proprio ai superbug. “Tra i 4 nuovi farmaci, oltretutto, ce n’é uno, cefiderocol, con un ottimo profilo di attività e con un’azione specifica” contro i germi resistenti più insidiosi.

“In Italia – ha ricordato Mario Venditti, primario di infettivologia all’Umberto I di Roma – il 7-30% dei ricoverati sviluppa un’infezione correlata all’assistenza. Si tratta di un tema di grande attenzione, in particolare nei reparti con i pazienti più critici: qui l’infezione da batteri multiresistenti comporta costi importanti”. Anche in termini di vite umane.

Gli esperti hanno concordato sulla necessità di un impiego virtuoso dei ‘vecchi’ antibiotici e di un’ottimizzazione dell’uso delle nuove molecole.

In Italia l’utilizzo ospedaliero di antibiotici è superiore alla media Europa, e il Laziofra le Regioni ha una delle spese più elevate per quanto riguarda questi farmaci negli ospedali, ha ricordato Alessandra Mecozzi, della Commissione Regionale Farmacovigilanza della Regione Lazio.

“Le nuove molecole rappresentano soltanto l’1-2% dei consumi di questi farmaci in ospedale, mentre nel 68% dei casi troviamo solo 8 medicinali”, che risultano dunque molto gettonati. Mecozzi ha sottolineato anche l’importanza di interventi per “migliorare l’appropriatezza” e l’utilità di elaborare linee guida ed algoritmi specifici a livello regionale “per una pianificazione uniforme dell’uso dei nuovi antibiotici”.

Attenzione, però, al rischio di dar vita ad “adempimenti che restino solo formali”, ha ammonito Giuseppe Sabatelli, coordinatore del Centro Regionale Rischio Clinico della Regione Lazio, sottolineando l’importanza di misure concrete, magari attraverso un sistema di “premi e sanzioni”, che incentivino le buone pratiche e si traducano in una riduzione delle infezioni nosocomiali.

Formazione, competenza e trasmissione delle conoscenze sono fra gli elementi cruciali, secondo gli specialisti, per una gestione ottimale di questi nuovi antibiotici, ma anche dei ‘vecchi’ farmaci. Con l’auspicio di arrivare linee guida e un algoritmo condiviso, magari attraverso tavoli regionali, per favorire l’ottimizzazione dell’impiego dei nuovi antibiotici e contrastare in modo efficace i super-bug.

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