Varianti Covid in Italia, Delta al 22,7%

variante Delta
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Cresce – come ampiamente previsto – la variante Delta in Italia. A ‘fotografare’ la situazione ‘varianti Covid’ è la nuova indagine rapida condotta dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e dal ministero della Salute, insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler.

Ebbene, al 22 giugno scorso la prevalenza della cosiddetta ‘variante Alfa’ (B.1.1.7) di Sars-CoV-2 era del 57,8%, in calo rispetto all’88,1% del 18 maggio, con valori oscillanti tra le singole regioni tra il 16,7% e il 100%.

Alla stessa data, la variante cosiddetta ‘Gamma’ (P.1) aveva una prevalenza pari a 11,8% (con un range tra 0 e 37,5%, mentre nella precedente survay era al 7,3%). Mentre la ‘variante Delta’ (B.1.167.2) aveva una prevalenza pari al 22,7% ed è stata identificata in 16 Regioni e province autonome, con un range tra lo 0 e il 70,6%.

L’indagine integra le attività di monitoraggio di routine, e non contiene quindi tutti i casi di varianti rilevate ma solo quelle relative alla giornata presa in considerazione. La ‘variante Kappa’, ad esempio, uno dei sottotipi di B.1.617 (B.1.617.1), non è stata trovata nella flash survey, ma diversi casi sono stati segnalati sulla piattaforma integrata che invece raccoglie le analisi giorno per giorno.

“La crescita della prevalenza della variante Delta è un dato atteso, che deve essere monitorato con grande attenzione – afferma il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro – È fondamentale continuare il tracciamento sistematico dei casi per individuare i focolai, che in questo momento è reso possibile dalla bassa incidenza. E completare il più velocemente possibile il ciclo vaccinale, dal momento che, come confermato anche ieri dall’Ema, questo garantisce la migliore protezione”.

Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province Autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus. Il campione è stato scelto dalle Regioni in maniera casuale fra i campioni positivi garantendo una certa rappresentatività geografica e, se possibile, per fasce di età diverse. In totale, hanno partecipato all’indagine le 21 Regioni e province autonome e complessivamente 113 laboratori; sono stati sequenziati 772 campioni, la quasi totalità di quelli eleggibili per la survey nella giornata scelta.

Ebbene, nel contesto italiano, in cui la campagna di vaccinazione non ha ancora raggiunto coperture sufficienti in tutte le fasce di età, la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante, avvertono gli esperti.

Mentre la variante Alfa (B.1.1.7), se pur ancora predominante, vede diminuita la sua stima di prevalenza a livello nazionale, dall’indagine si evince che la variante Gamma (P.1 e suoi sottolignaggi) ha una prevalenza in leggero aumento rispetto alla precedente indagine e che la variante Delta (B.1.167.2) è in aumento.

Rispetto a questo dato bisogna però considerare che la prevalenza potrebbe essere sovrastimata a causa della presenza di numerosi focolai (che vengono identificati e quindi indagati in maniera più estesa) nelle varie Regioni.

Ma proprio per contenerne ed attenuare l’impatto delle varianti, “è importante – raccomandano gli esperti – mantenere l’incidenza a valori che permettano il sistematico tracciamento della maggior parte dei casi positivi e il sequenziamento massivo di Sars-CoV-2, per individuare precocemente e controllare l’evoluzione di varianti genetiche nel nostro Paese”.

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