Bambini e cure, intollerabili diseguaglianze fra Nord e Sud

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Amano gli stessi giochi, parlano la stessa lingua, cantano le stesse canzoni, sorridono per gli stessi cartoni animati. E, con la pandemia, si sono trovati ad affrontare le stesse difficoltà della scuola in Dad. Ma, quando si tratta di sanità e cure, in Italia ancora esistono bambini del Nord e bambini del Sud.

Un bambino che vive nel Mezzogiorno ha un rischio del 70% più elevato rispetto a un suo coetaneo del Centro-nord di dover migrare in altre Regioni per curarsi. Ma ha anche un rischio del 50% più elevato di morire nel primo anno di vita.

Intollerabili diseguaglianze che si trascinano da decenni ormai e che iniziano dalle prime età della vita, confermate da alcune recenti ricerche condotte dalla Società italiana di pediatria (Sip). E che la pandemia ha accentuato. Ma un Paese che non investe sui suoi bambini è un Paese che non potrà crescere. Stiamo vedendo, infatti, il frutto di politiche miopi che si sono succedute per decenni e che, dichiamolo chiaramente, hanno messo sempre in secondo piano i più piccoli, dalla scuola alla salute.

Nessuno dà loro voce, i bambini non votano. E così troppo spesso in Italia i bisogni dei bambini sono stati dimenticati. Fino a quando non arriva l’Istat a svegliare tutti con i suoi numeri, che descrivono (da anni) un’Italia di culle sempre più vuote. O i pediatri a evidenziare intollerabili diseguaglianze affrontate sin dai primi mesi di vita, specchio di un’Italia ancora divisa tra Nord, più avanzato ed evoluto, e Sud.

Il diritto alla salute non è uguale per tutti i bambini italiani, insomma, ma dipende in larga parte dalla regione di residenza. Sono le amare conclusioni di uno studio appena pubblicato su Italian Journal of Pediatrics (a cura di Mario De Curtis, Francesco Bortolan, Davide Diliberto e Leonardo Villani) che ha valutato per la prima volta l’entità della migrazione sanitaria dei minori.

Il lavoro è stato condotto su tutti i 7.871.887 bambini e ragazzi residenti in Italia nel 2019 con un’età inferiore a 15 anni. I dati hanno messo in luce che i bambini/ragazzi residenti nel Mezzogiorno rispetto a quelli residenti nel Centro-Nord sono stati curati più frequentemente in altre regioni (11,9% contro 6,9%), numero che cresce sensibilmente soprattutto quando si considerano i ricoveri ad alta complessità, (21,3% vs 10,5% del Centro-Nord).

Il costo della migrazione sanitaria dal Mezzogiorno, dove risiede circa il 35% dei bambini/ragazzi, verso altre regioni è stato di 103,9 milioni di euro pari al 15,1% della spesa totale dei ricoveri e l’87,1% di questo costo (90,5 milioni di euro) ha riguardato la mobilità verso gli ospedali del Centro-Nord.

“La migrazione sanitaria dei minori lontano da casa determina profonde sofferenze per il distacco dal luogo di origine, problemi economici per le famiglie per le spese del trasferimento e difficoltà di lavoro dei genitori per l’allontanamento dalla loro sede”, afferma Mario De Curtis, presidente del Comitato per la Bioetica della Società Italiana di Pediatria. “Inoltre, le Regioni meridionali, a causa della migrazione sanitaria, si trovano costrette a rimborsare, attraverso il meccanismo della compensazione tra Regioni, le prestazioni mediche a cui si sottopongono i propri abitanti altrove”. Costi che potrebbero invece essere investiti in gran parte localmente in strutture e professionalità per migliorare la situazione sanitaria.

Ancora una volta a chiarire meglio la questione sono i numeri: l’’entità del trasferimento verso le strutture del Centro-nord per alcune Regioni del Sud ha un impatto economico particolarmente elevato, per il Molise è pari al 45,9% di tutte le spese sanitarie per l’assistenza ai minori under 15, per la Basilicata al 44,2%, per la Calabria e l’Abruzzo a oltre un quarto (rispettivamente 26,9 % e 26,3%).

In termini assoluti la Campania, regione del Sud con il più elevato numero di bambini 0-14 anni, è quella che spende di più per ricoveri fuori regione (25 milioni di euro pari al 12% dei costi sanitari per questa fascia di popolazione).

“L’idea che nascere e vivere in un particolare territorio del nostro Paese possa offrire una maggiore o una minore probabilità di cura e di sopravvivenza semplicemente non è accettabile”, afferma la presidente Sip Annamaria Staiano.

Questi dati “non possono lasciarci indifferenti. È inaccettabile che un bambino abbia il 50% di probabilità in più di morire e il 70% di possibilità in meno di curarsi vicino casa, solo perché è nato al Sud e non al Nord”, afferma con forza il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli.

“E’ inconcepibile che 200 bambini, in un solo anno, avrebbero potuto salvarsi se fossero venuti al mondo in una Regione diversa. È il momento di mettere in atto tutti i correttivi possibili per dire no alla salute a due velocità che ancora affligge il nostro Paese, e che è tanto più grave se a pagarne il prezzo sono dei bambini”.

Per Anelli la “ricetta” per risolvere la “Questione meridionale” in sanità poggia su quattro linee di intervento: rafforzare il ruolo del ministero della Salute; istituire un Osservatorio; aumentare – e ripartire diversamente – il Fondo Sanitario Nazionale; organizzare una rete sovra-regionale di cure.

“La mobilità sanitaria è un meccanismo iniquo che, finanziando alcuni servizi sanitari regionali a discapito di altri, genera disuguaglianze – argomenta ancora Anelli – È figlia di quella concezione aziendalistica della sanità che, riducendo tutto al mero costo, schiaccia la dignità della persona, l’accoglienza, la solidarietà, la compassione”.

Dopo anni di tagli, più volte ci è stato detto che ora si apre una stagione di investimenti per il Ssn. Non dunque possiamo non fare nostro, dunque, l’appello dei pediatri appello a usare i fondi della Next Generation Eu per garantire a tutti i bambini italiani lo stesso diritto alla salute su tutto il territorio nazionale.

“Oggi abbiamo la straordinaria possibilità di usufruire dei fondi previsti dal Next Generation Eu, quale migliore settore sul quale investire se non il mondo dei bambini? Quale migliore occasione per iniziare a limare il divario Nord-Sud se non partendo dal bambino nella prima infanzia?”, si chiede Staiano.

L’auspicio è che, al momento di ‘dividere’ la torta, ci si ricordi dei nostri bambini, di quelli del Nord e di quelli del Sud.

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