GILEAD
Cerca
Close this search box.

Intelligenza artificiale nella PA, tra disegni di legge e scetticismo

burocrazia pubblica amministrazione intelligenza artificiale
Gilead

Intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione: più facile a dirsi che a farsi? Nell’articolo 13 del ddl AI approvato dal Consiglio dei ministri il 23 aprile, il Governo ha inserito i suoi obiettivi per la Pa nell’era dell’AI. Quelle ambizioni vanno realizzate in un contesto che, per il momento, è di sfiducia, secondo i risultati del sondaggio Barometro PA di FPA. Solo il 24% degli italiani pensa che l’AI avrà un grande impatto sulle nostre amministrazioni, mentre il 20% pensa che la PA non sia pronta a gestire il processo.

Al di là dei sondaggi – il campione in questo caso è di 500 persone – la sfida resta, e spetterà principalmente all’Agid affrontarla.

Come l’AI entrerà nella PA

L’Agenzia per l’Italia Digitale ha incluso i progetti di AI nella pubblica amministrazione nel suo piano triennale per l’informatica: dovranno essere 150 entro il 2025, 400 entro il 2026 (con 300 procedure di acquisto per servizi riguardanti l’intelligenza artificiale). Oltre al piano, c’è la strategia a cui l’agenzia sta lavorando insieme al dipartimento per la trasformazione digitale di Palazzo Chigi, e della quale è già trapelato nelle scorse settimane un executive summary – una tempistica precisa per la pubblicazione dell’intera strategia ancora non è stata ufficializzata

Ecco i punti riguardanti l’AI nella pubblica amministrazione secondo il summary:

  • Case study. Definire linee guida che evidenzino le potenzialità delle tecnologie anche attraverso case study specifici e promuovano le best practices, definendo una metodologia da dispiegare sia in relazione alle questioni tecnologiche sia in relazione alla definizione dei framework etici e regolatori.
  • Procurement. Definire linee guida che integrino quanto già attualmente previsto per l’ambito ICT, orientando le PA nelle gare d’appalto e in specifici accordi quadro.
  • Applicazioni. Definire linee guida per la realizzazione di applicazioni di IA nella PA, valorizzando l’aderenza alle normative nazionali e dell’Unione Europea, la consapevolezza delle esigenze dettate dalle strategie nazionali, e la definizione di iniziative per la formazione del personale.
  • Pilot specifici. Prevedere pilot limitati a specifici contesti di sistemi amministrativi da estendersi su larga scala considerando i feedback acquisiti e individuando sul mercato le soluzioni disponibili o da sviluppare ad hoc che meglio rispondano alle specifiche funzionali e alle esigenze formulate dalla PA.
  • “Tre grandi progetti”. Sviluppare almeno tre grandi progetti di respiro nazionale con infrastruttura e operatività attive su tutto il territorio, su ambiti di intervento chiaramente delineati dalla PA anche in considerazione dell’impatto e dei rischi dei sistemi.
  • Formazione. Promuovere la formazione sull’IA nella PA, accompagnando i processi di innovazione con percorsi di upskilling che consentano di ampliare le competenze e le conoscenze del personale attualmente in servizio, anche prevendendo una specifica strutturazione in seno alle Scuole promosse per gli enti locali e alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione.

Il ddl AI

Infine c’è il ddl, che oltre ad occuparsi proprio della strategia e ad assegnare un ruolo di vigilanza ad Agid su tutto il panorama AI italiano (insieme all’Acn) sostiene che le Pa dovranno usare l’AI “allo scopo di incrementare l’efficienza delle proprie attività, di ridurre i tempi di definizione dei procedimenti e di aumentare la qualità e la quantità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese, assicurando agli interessati la conoscibilità del suo funzionamento e la tracciabilità del suo utilizzo”.

Insomma, l’impatto dell’AI ci sarà, e c’è già stato nei casi di amministrazioni centrali ben fornite degli strumenti necessari per implementarla, come Inps e Inail.

Ne è convinto anche Gianni Dominici, Amministratore delegato di FPA, secondo cui ora “è il momento di riflettere sulle criticità, ma soprattutto sulle potenzialità di questa tecnologia. Ad esempio, nel mondo del lavoro la maggior parte delle funzioni e mansioni nella PA saranno “esposte” a soluzioni di intelligenza artificiale generativa, ma questo non implica necessariamente un più ampio rischio di sostituzione. Per massimizzare i benefici è indispensabile lavorare sulle persone e sulle organizzazioni in modo che sappiano cogliere nel modo migliore il cambiamento”.

I risultati del sondaggio e il contesto di partenza

Tra gli intervistati da Fpa, tra chi pensa che l’AI avrà dei vantaggi c’è chi è convinto (il 37%) che il vantaggio principale sarà la semplificazione linguistica tecnico-normativa. Il 34% immagina una migliore capacità decisionale e il 33% dei vantaggi nell’efficienza organizzativa. All’ultimo posto (12%) c’è la capacità dell’AI di per selezionare meglio le figure professionali e le competenze necessarie nel settore pubblico.

La maggior parte di questi utilizzi troveranno probabilmente realizzazione nei progetti che passeranno da Agid, senza dimenticare che in ogni istanza di utilizzo dell’AI, secondo quanto stabilito dal ddl, l’uomo (e la sua responsabilità) continuerà ad essere centrale – lo stesso principio seguito da palazzo Chigi negli articoli dedicati a magistratura, sanità e professioni intellettuali (dove l’utilizzo dell’AI viene ammesso ai fini del copyright delle opere solo in caso di ruolo preponderante della creatività umana).

Rapporto Cgia, la mala burocrazia in Italia ci costa 184 miliardi di euro all’anno

Proprio nell’articolo 13 si spiega che “l’utilizzo dell’intelligenza artificiale avviene in funzione strumentale e di supporto all’attività provvedimentale, nel rispetto dell’autonomia e del potere decisionale della persona che resta l’unica responsabile dei provvedimenti e dei procedimenti in cui sia stata utilizzata l’intelligenza artificiale”. Inoltre “le Pa adottano misure tecniche, organizzative e formative finalizzate a garantire un utilizzo dell’AI responsabile e a sviluppare le capacità trasversali degli utilizzatori”.

Ma in che contesto si muoveranno gli sforzi italiani? Al di là delle amministrazioni già avanzate, come detto, la Pa italiana sconta un certo ritardo soprattutto nel caso delle amministrazioni locali.

Secondo un report della Corte dei Conti sul’attuazione del processo di digitalizzazione della Pa previsto dal Pnrr dello scorso novembre, in Italia alla Pa mancano circa 65.000 professionisti specializzati in ambiti tecnolgogici. Professionisti che in Italia non è facile trovare. La Corte ha sottolineato le difficoltà “nell’ultimo biennio dell’attività concorsuale per il reperimento di profili professionali tecnici o particolarmente specializzati”.

Intanto c’è anche il tema sicurezza: secondo il report ‘Pubblica amministrazione locale e Ict – anno 2022’ dell’Istat anche se gli enti locali italiani aumentano l’utilizzo di servizi digitali, come il cloud, restano drammaticamente indietro sulla sicurezza informatica: 7 amministrazioni locali su 10 non hanno una gestione codificata degli eventi di sicurezza.

Lo scetticismo dei sondaggi, insomma, forse è prematuro se si considerano tutti i progetti ancora da attuare. Ma il rischio è che, nei casi delle amministrazioni più periferiche, qualcuno possa dire, tra qualche anno, “ve l’avevamo detto”.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.