Vaccino ReiThera, a che punto siamo

vaccino Reithera
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Risultati scientifici positivi, che rischiano di essere vanificati dal blocco dei finanziamenti. È la storia del candidato vaccino italiano contro Covid sviluppato da ReiThera in quel di Castel Romano, nella provincia laziale.

Ma a che punto siamo veramente con ‘il caso Reithera’? Dal punto di vista scientifico i dati preliminari della fase II di sviluppo clinico diffusi dall’azienda pochi giorni orsono promettono molto bene: dopo la prima dose si registra una risposta anticorpale del 93% verso la proteina Spike del virus; percentuale che sale al 99% a valle della seconda inoculazione.

Diversa la partita che riguarda i finanziamenti che serviranno per condurre la fase III, quella più costosa per lo sviluppo di un farmaco o di un vaccino. Quella che permette di testare efficacia e sicurezza del prodotto su un grande numero di volontari e quindi di capire se i dati sono sufficientemente robusti per poterne chiedere alle autorità regolatorie sanitarie l’autorizzazione all’immissione in commercio.

Nel caso di ReTthera la situazione è piuttosto ingarbugliata. Ripercorriamo insieme le tappe. A ottobre 2020 era prevista l’erogazione di 8 milioni di euro – tre da Regione Lazio e cinque dal Miur. A cui si sarebbero dovuti aggiungere 40 milioni di euro a fondo perduto del Mise per tramite di Invitalia – che intanto era entrata nel capitale sociale dell’azienda al 27% – più altri 40 milioni non a fondo perduto, sempre da Invitalia.

A oggi, dice una fonte vicina all’azienda, la situazione è “paradossale”: sono pervenuti i 5 milioni del Miur e parte di quelli regionali. Ma nemmeno un euro da Invitalia. Il che ha costretto ReiThera ad autofinanziarsi per 10 milioni di euro per sostenere le fasi cliniche I e II finora espletate.

Il perché i fondi pubblici statali siano stati “congelati” è presto detto. La Corte dei conti bocciò la richiesta di finanziamento presentata da Invitalia perché il perimetro di utilizzo dei fondi che sarebbero stati erogati non fu ritenuto coerente con lo sviluppo del vaccino. Più in dettaglio, i fondi furono richiesti sia per la sperimentazione clinica del vaccino sia per l’ampliamento dell’impianto produttivo. E fu proprio questo secondo fine a essere stato ritenuto non idoneo dalla Corte. Fatto sta che non un soldo è stato versato a ReiThera, finora.

Naturalmente i dialoghi per cercare di sbloccare una situazione spinosa stanno proseguendo – magari rimodulando il contratto di finanziamento escludendo la parte riguardante il sito produttivo? – come ci dicono sia dall’azienda che da fonti Mise.

Il ministero ci dice altresì che l’interesse è massimo a far sì che si riesca a finanziare un progetto tutto italiano, ma che il bandolo della matassa va sbrogliato in sede amministrativa, giacché il contratto di sviluppo aziendale ReiThera l’ha sottoscritto con Invitalia. E, non in ultimo, si attendono i risultati scientifici finali, ufficiali e pubblicati della fase II.

Che potrebbero arrivare entro la primavera del prossimo anno. I volontari saranno seguiti per un anno dalla vaccinazione. Quindi formalmente lo studio si completerà a marzo 2022, riferisce sempre la fonte vicina a ReiThera.

Il problema sarà quello di capire se i tempi di sblocco dei finanziamenti pubblici tanto attesi collimeranno con quelli dell’inizio della fase III, che potrebbe avere un costo di una sessantina di milioni di euro. Stando stretti, ricorda ReiThera.

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