Frutta che passione, ma mangiarla fa sempre bene?

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Tempo di ananas, melone, anguria, pesche e albicocche. Specialmente durante l’estate, la frutta regala una pausa dissetante ed energizzante indispensabile per trascorrere la giornata al mare, resistere nell’atmosfera calda e umida delle città assolate e riprendersi dalle fatiche della montagna. Ma mangiare la frutta fa sempre bene?

A rispondere sono i medici anti-bufale di Dottoremaeveroche.it, il portale contro le fake news della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici). Che invitano a tenere d’occhio – anche – il colore della frutta.

Ma quanta frutta si dovrebbe mangiare ogni giorno? L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda un consumo giornaliero di 400 grammi di frutta e verdura, corrispondente a circa cinque porzioni. Ma concentriamoci sulla frutta: sul consumo il parere degli esperti generalmente è sempre favorevole. In assenza di patologie specifiche come il diabete, che richiede di limitare l’apporto di zuccheri giornaliero, i nutrizionisti raccomandano di mangiarne almeno due porzioni ogni giorno. Per “porzione”, parlando di frutta, si intendono 150 grammi, che corrispondono a un unico frutto nel caso di frutti di media grandezza (una mela, una pesca, una banana ecc.), due o tre pezzi per frutti di piccole dimensioni (albicocche, mandarini, prugne ecc.), una o due fette se il frutto si consuma, appunto, a fette (anguria, melone, ananas ecc.).

E i diabetici? Si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità che “le persone diabetiche, esattamente come chiunque voglia seguire una corretta alimentazione, possono e devono mangiare frutta, ma per il suo contenuto di zuccheri deve essere correttamente dosata e, soprattutto, inserita in un regime alimentare equilibrato”.

Tra le accortezze da prendere, ad esempio, è necessario che gli zuccheri semplici contenuti nella frutta, che possono aumentare la glicemia rapidamente, non vengano assunti contemporaneamente ad altri alimenti ad elevato indice glicemico.

Può essere utile sapere che esistono frutti più “a rischio” per gli effetti sulla glicemia come, per esempio, banane, uva, fichi e cachi. Anche i succhi di frutta, soprattutto se con zuccheri aggiunti, non sono consigliabili per i soggetti diabetici.

Esistono frutti più indicati di altri? Il consiglio, in ogni caso, è seguire la stagionalità: a eccezione delle mele (disponibili praticamente tutto l’anno) è meglio lasciare mandarini, arance, kiwi e pere ai mesi più freddi, limitare l’acquisto di fragole, ciliegie e nespole a maggio e giugno e assecondare i propri gusti quando le bancarelle del supermercato fanno sfoggio di una più ricca varietà di frutta, cioè nei mesi caldi dell’anno, ricordando che in questa stagione i frutti ricchi di acqua (come l’anguria) sono particolarmente indicati, perché aiutano a reintegrare la perdita di sali minerali a seguito di un’aumentata sudorazione.

Per essere sicuri di seguire un’alimentazione varia, poi, è utile fare attenzione al colore della frutta consumata: i nutrizionisti hanno scoperto che il colore di frutta (e verdura) è un indicatore molto affidabile del loro patrimonio nutrizionale.

Quindi il colore della frutta indica proprietà diverse?
A ciascun colore corrisponde una particolare composizione in fitonutrienti, sostanze di origine vegetale che proteggono il nostro organismo dal rischio di sviluppare tumori e altre malattie.

La frutta di colore rosso, come angurie, ciliegie e fragole, è ricca di licopene, un antiossidante molto potente che protegge l’organismo dai danni dell’invecchiamento cellulare.

Kiwi e uva bianca (come pure gli ortaggi di colore verde), contengono elevate quantità di clorofilla, che aiuta a contrastare l’anemia ed esercita una funzione protettiva sul fegato, e di magnesio, che aiuta a regolare l’ipertensione.

La frutta giallo-arancio, molto numerosa sulle nostre tavole proprio in questa stagione, contiene invece betacarotene e, in parte, di vitamina C, flavonoidi e antocianine: si tratta di sostanze che aiutano la pelle a difendersi del sole e a rafforzare il sistema immunitario.

Le antocianine sono numerose anche nella frutta di colore blu-viola (fichi, susine, more, mirtilli e uva rossa), da preferire se si hanno problemi di circolazione perché, proprio grazie alla presenza di queste sostanze, aiuta a irrobustire e a rendere elastiche le pareti dei capillari.

Non dimentichiamoci della frutta bianca (mele e pere), che grazie all’elevato contenuto di isotiocianati, allilsolfuro e selenio, oltre ad alcuni dei fitonutrienti già citati, aiuta a diminuire il rischio di tumore, ipertensione e colesterolo alto.

Nell’arco della giornata, dunque, possiamo aiutare l’organismo a mantenersi in salute includendo nella nostra alimentazione almeno una porzione di frutta e verdura per ognuno dei cinque colori. Riferirsi ai colori – come ha fatto anche il ministero della Salute – può essere utile per ricordare un concetto molto importante: la varietà è il modo migliore per avere un congruo apporto di tutte le sostanze. È opportuno però sottolineare, quando parliamo di “protezione” in relazione a specifici nutrienti, che la ricerca in ambito nutrizionale non è sempre di qualità eccellente. Pertanto, dobbiamo sempre accostarci con cautela alle informazioni che i media veicolano su questi argomenti.

Se è vero che gran parte della frutta è composta per un’elevata percentuale (circa 85-90%) di acqua ed è una ricca fonte di vitamine e sali minerali, non bisogna sorvolare sul fatto che contiene discrete quantità di carboidrati, prevalentemente sotto forma di quegli zuccheri semplici che la Società Italiana di Nutrizione Umana raccomanda di consumare senza superare la soglia del 15% delle calorie totali introdotte quotidianamente con la dieta. Un consumo eccessivo di questi zuccheri, infatti, favorisce l’insorgenza di carie e l’aumento di peso, il quale a sua volta aumenta il rischio di obesità, malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2.

Può far comodo ricordare che snack ideali a base di frutta per i diabetici sono una mela o una pera (frutti a basso indice glicemico, in grado di tenere meglio sotto controllo la glicemia), mentre una porzione di frutti di bosco (dal basso potere calorico) è più appropriata per chi segue una dieta dimagrante. In tal caso si dovrebbero evitare anche frutti esotici (cocco e datteri in particolare), la cui composizione nutrizionale si distingue per il rilevante contenuto di grassi.

La frutta essiccata è ottenuta attraverso processi tecnologici di varia natura, che essenzialmente riducono il quantitativo di acqua naturalmente presente nell’alimento fresco allo scopo di prolungarne la durata nel tempo. A parità di peso, la frutta essiccata (come uva sultanina, datteri, fichi secchi e prugne) ha la caratteristica di contenere quantità di zuccheri maggiori rispetto alla frutta fresca: di conseguenza, l’apporto calorico è più elevato (per conoscere la composizione nutrizionale dei frutti freschi e dei corrispettivi essiccati, si possono consultare le Tabelle di Composizione degli Alimenti). Sebbene sia più pratica da gustare fuori casa, proprio per queste sue proprietà nutrizionali la frutta essiccata andrebbe consumata con moderazione (specialmente in caso di glicemia e trigliceridi elevati e peso corporeo in eccesso), così come la frutta secca.

Ma, quindi, frutta essiccata e frutta secca non sono la stessa cosa?
Assolutamente no. Mentre la frutta essiccata è frutta fresca disidratata, la frutta secca (o a guscio) è un’altra categoria di frutti, che comprende castagne, anacardi, arachidi, noci, nocciole, pinoli, pistacchi e le loro differenti varietà. Se la castagna si contraddistingue per l’elevato consumo di amido, il resto della frutta secca presenta un’alta percentuale (50-70%) di grassi insaturi (del tipo di quelli che si trovano negli oli vegetali; si parla anche di frutta “oleaginosa”).

Questo è il motivo per cui, a differenza di quella fresca che contiene prevalentemente acqua, la frutta secca è considerata un alimento con apporto calorico elevato e andrebbe consumata con più frequenza solo se il fabbisogno energetico giornaliero è piuttosto alto (come nel caso di uno sportivo o di chi svolge mestieri che richiedono un notevole sforzo fisico). Ecco perché, quando si parla delle cinque porzioni di frutta e verdura, normalmente si sottintende frutta fresca.

Ma i succhi di frutta possono sostituire le porzioni di frutta giornaliere?
Dal punto di vista nutrizionale, mangiare un’arancia intera o bere una spremuta d’arancia non è la stessa cosa. Succhi e spremute, infatti, rendono immediatamente assimilabili al nostro organismo gli zuccheri semplici presenti nella frutta: si parla in questo caso di “zuccheri liberi”, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di consumare al massimo entro il 10% dell’energia totale introdotta.

Senza contare che, se la spremuta o il succo sono confezionati, è possibile che il quantitativo totale di carboidrati sia più alto a causa dell’eventuale aggiunta di zuccheri. Inoltre, l’impiego di trattamenti di conservazione che fanno uso del calore (a cui vitamine e sali minerali sono particolarmente suscettibili) può portare a un impoverimento del valore nutrizionale del prodotto. Non bisogna trascurare nemmeno il fatto che consumare frutta sotto forma di succhi e spremute diminuisce la quota introdotta nell’organismo di fibra alimentare, la frazione di carboidrati che non digeriamo ma che ciononostante esercita benefici importanti sulla salute perché favorisce il transito intestinale, diminuisce l’assorbimento di colesterolo e aumenta il senso di sazietà.

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