Colesterolo alto, terapie di combinazione poco utilizzate

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Colesterolo ‘cattivo’ troppo alto e terapie di combinazione sottoutilizzate nel vecchio continente dai pazienti più a rischio di eventi cardiovascolari, come ictus e infarto.

Nella popolazione europea i livelli di colesterolo lipoproteico a bassa densità (C-Ldl), il cosiddetto colesterolo cattivo, rimangono sostanzialmente superiori agli obiettivi raccomandati nei pazienti a rischio di eventi cardiovascolari alto e molto alto. Mentre le terapie di associazione disponibili sono sottoutilizzate.

Nonostante la classificazione di rischio, infatti, quasi il 73% di questi pazienti non è in cura con questa opzione terapeutica. A rivelarlo sono i primi dati dello studio osservazionale Santorini presentati da Daiichi Sankyo al Congresso Esc 2021, che riaffermano la necessità di abbassare i livelli di colesterolo Ldl per i pazienti ad alto e altissimo rischio che, nell’80% dei casi, non raggiungono gli obiettivi delineati nelle linee guida Esc/Eas 2019 sulla gestione della dislipidemia.

“Il trattamento appropriato della dislipidemia rappresenta un obiettivo fondamentale per migliorare la prognosi dei pazienti a rischio cardiovascolare. Alla luce delle nuove indicazioni, formulate da importanti società scientifiche, è sempre importante aggiornare le nostre conoscenze su come queste vengono applicate nella nostra pratica clinica quotidiana. Da qui nasce la necessità di condurre studi osservazionali volti a comprendere le linee di tendenza dei comportamenti terapeutici”, ha spiegato Marcello Arca, professore di Medicina Interna, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “Sapienza” di Roma e coordinatore italiano dello studio europeo Santorini.

Si tratta di uno studio multinazionale, prospettico, osservazionale, non interventistico, disegnato per documentare, nella pratica clinica quotidiana, come vengono utilizzate le attuali opzioni di trattamento per gestire i livelli di colesterolo nei pazienti a rischio alto e molto alto.

I risultati dello studio, che ha reclutato 9.606 pazienti, mostrano che, al basale, il 18,6% dei pazienti a rischio cardiovascolare alto e molto alto non riceveva alcuna terapia ipolipemizzante (LLT). La maggior parte dei pazienti (54,1%) ha ricevuto LLT in monoterapia, e le terapie di associazione sono state utilizzate solo nel 27,3% dei pazienti.

Il tutto mentre le linee guida Esc/Eas 2019 sulla gestione delle dislipidemie hanno stabilito che, per i pazienti rischio cardiovascolare alto e molto alto, più bassi sono i livelli di colesterolo Ldl più si riduce il rischio di eventi cardiovascolari.

Dato che l’80% dei pazienti ipercolesterolemici non raggiunge gli obiettivi di colesterolo Ldl raccomandati dalle linee guida, nonostante riceva terapie ipolipemizzanti, emerge chiaramente che c’è ancora molto da fare.

“Lo studio Santorini conferma quanto ancora ci sia da lavorare perché i pazienti rischio cardiovascolare a alto e molto alto ricevano la terapia ipolipemizzante più appropriata per raggiungere i loro obiettivi di colesterolo Ldl”, commenta Arca.

“C’è un chiaro bisogno di ulteriori opzioni di trattamento che siano ben tollerate e aiutino i pazienti a raggiungere i loro obiettivi di Ldl e migliorino gli esiti clinici”.

Ma cosa sappiamo delle terapie di associazione? A maggio 2021, alla sessione scientifica dell’American College of Cardiology, sono stati presentati i dati di simulazione sulla riduzione del rischio cardiovascolare con l’acido bempedoico, derivanti da quattro studi registrativi di fase 3 randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo.

Lo studio, pubblicato su The Journal of the American College of Cardiology, ha previsto una riduzione del rischio cardiovascolare nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica, se trattati con acido bempedoico. Stimando che il trattamento, in aggiunta alle statine alla massima dose tollerata, porterebbe a una riduzione assoluta del 3,3% del rischio di eventi cardiovascolari a 10 anni rispetto alle sole statine.

Nei pazienti intolleranti alle statine, la simulazione ha previsto un’ulteriore riduzione assoluta del 6,0% del rischio a 10 anni con l’acido bempedoico rispetto al placebo.

“Le malattie cardiovascolari in Europa causano la morte di più di quattro milioni di persone ogni anno, con un enorme impatto sulle famiglie e sui sistemi sanitari”, commenta Garth Virgin, direttore esecutivo del Medical Affairs, Specialty Medicines, di Daiichi Sankyo Europa. “Il nostro obiettivo è quello di contribuire a ridurre il rischio cardiovascolare per i pazienti a rischio alto e molto alto e, in definitiva, a ridurre l’impatto delle malattie cardiovascolari per le persone e i sistemi sanitari in tutta Europa.”

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