Prima volta rubata da Covid e sesso virtuale, l’allarme

sesso adolescenti
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Distanziamento, Dad, mascherine e paura del virus. Covid-19 ha rubato moltissimo ai nostri adolescenti, dal compagno di banco alla prima volta. E se il sesso diventa virtuale, i problemi rischiano di moltiplicarsi.

In materia di sesso un ragazzo su due si informa sul web, appena il 5% chiede al medico. E sono raddoppiati nell’ultimo anno sexting, cybersex e ricorso al porno online.

Insomma, la pandemia ha rubato agli adolescenti il loro ‘tempo delle mele’ (citazione comprensibile solo per gli adolescenti degli anni ’80, gli altri cerchino su Google).

Oltre un anno di restrizioni necessarie a contenere la pandemia hanno impoverito le esperienze relazionali e anche sessuali dei ragazzi in un’età critica, che coincide spesso proprio con la prima volta. I giovani che si affacciano alla vita sessuale sono così sempre più disinformati e soli: internet è diventato quasi l’unica fonte di informazione e anche di pratica sessuale, con il raddoppio del ricorso a sexting, cybersex e porno online; anche gli amici, che prima della pandemia erano una risorsa essenziale per saperne di più in materia di sesso, sono sempre più lontani e solo virtuali.

Il rischio concreto della disinformazione, dell’isolamento e della mancanza di punti di riferimento è insidioso: sviluppare comportamenti sessuali e stili di vita potenzialmente dannosi per un sano sviluppo. A lanciare l’allarme sono gli esperti della Società Italiana di Andrologia (Sia) in occasione del Congresso Nazionale, a Riva del Garda fino al 13 settembre, nel corso del quale viene analizzato uno studio dedicato agli adolescenti e alla sessualità, secondo cui sono decisivi l’educazione sessuale a scuola e il ricorso agli andrologi.

“Mai come oggi la riapertura delle scuole in presenza è cruciale per far emergere i giovani dalla vita in remoto in cui sono annegati a causa del Covid. E’ fondamentale che i ragazzi imparino a rivolgersi allo specialista della sessualità maschile per aver informazioni corrette, intercettare disturbi, fugare incertezze e vivere così una sessualità serena anche negli anni a venire”, spiega Alessandro Palmieri, presidente Sia e professore di Urologia alla Università Federico II di Napoli.

Lo studio presentato durante il congresso ha coinvolto 80 ragazzi di entrambi i sessi e di 16 anni, l’età media della ‘prima volta’, che nel 2019 e poi nel 2020 hanno risposto a domande per indagare la loro consapevolezza sul sesso, sulla contraccezione, sulle malattie sessualmente trasmesse e per capire quali siano i canali usati abitualmente per informarsi su sessualità e relazioni.

“Se da un lato la pandemia ha danneggiato i 16-17enni perché ha sottratto loro un anno fondamentale, in cui in genere si fanno le prime esperienze sessuali – precisa Palmieri – dall’altro sembra averli responsabilizzati e resi più attenti alle malattie sessualmente trasmissibili, all’uso del preservativo e alla scelta di partner stabili”.

“I dati mostrano che solo un terzo dei giovani (35%) dichiara di essere abbastanza informato – racconta Francesco Chiancone del Dipartimento di Urologia dell’ospedale Cardarelli di Napoli, coordinatore dello studio – Solo il 10% ha dichiarato di avere un partner stabile, ma il 27.5% ha avuto un rapporto sessuale completo. Internet è la prima fonte informativa per uno su due, seguito dagli amici (28,75%). Appena il 5% degli adolescenti coinvolti nello studio ha affermato di avere ottenuto informazioni sul sesso da medici, il 55 % dei partecipanti non ha mai parlato a qualcuno di sessualità”.

A questa scarsa informazione si aggiungono gli effetti di un anno e mezzo trascorso su internet a causa della pandemia e della scuola a singhiozzo sostituita dalla Dad: il ricorso a siti porno online, cybersex e sexting è raddoppiato e ha reso il sesso sempre più soltanto virtuale. “Tutto ciò aumenta la confusione e la disinformazione, portando a comportamenti e stili di vita scorretti che possono minare il futuro benessere sessuale dei ragazzi oltre che quello psicologico: è raddoppiata nell’ultimo anno anche la quota dei ragazzi che ammettono di sentirsi soli e insoddisfatti”, sottolinea Chiancone.

“Il problema è soprattutto maschile – riprende Palmieri – perché i ragazzi difficilmente, praticamente mai, si rivolgono all’andrologo; inoltre tendono a confidarsi meno con coetanei e familiari rispetto alle ragazze, ritrovandosi così ancora più soli dopo un anno di scuola in remoto e in assenza di rapporti veri”.

“Crediamo che l’educazione alla salute sessuale nelle scuole – aggiungono gli esperti – giochi un ruolo primario nello sviluppo di una sana sessualità negli adolescenti: è importante introdurre programmi scolastici di educazione al sesso, concentrandosi su programmi di intervento precoce che potrebbero ridurre futuri problemi sessuali e riproduttivi, come infezioni sessualmente trasmesse e gravidanze indesiderat”.

“È altrettanto necessario far sì che i giovani non abbiano timore a rivolgersi all’andrologo: le loro coetanee hanno i primi colloqui con il ginecologo spesso proprio in adolescenza, i ragazzi quasi mai vanno dall’andrologo, lo specialista della salute sessuale e riproduttiva maschile. Ciò rischia di non far emergere per tempo eventuali disturbi che possono minare la salute futura e che invece potrebbero essere facilmente risolti se colti tempestivamente, ma toglie anche un’importante occasione di informazione e confronto per vivere una sessualità sana e serena: favorire il ricorso all’andrologo è quindi essenziale quanto l’educazione sessuale a scuola”.

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