Alzheimer, progetto di telemedicina in 7 centri italiani

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Debutta in Italia il primo sistema digitale di valutazione cognitiva a distanza, per facilitare il processo di diagnosi e il monitoraggio delle persone con malattia di Alzheimer e altre forme di demenza.

Forte di test neuropsicologici digitalizzati, somministrati tramite tablet direttamente a casa dei pazienti con malattia di Alzheimer, per migliorare il monitoraggio dei pazienti, ma anche favorire l’identificazione delle persone a rischio di sviluppare la malattia. Il tutto grazie all’utilizzo di uno schermo touch che consente la presentazione degli stimoli visivi e verbali e la registrazione delle risposte vocali, motorie e di disegno dei pazienti.

Questa è la base tecnologica da cui nasce la prima piattaforma di tele-neuropsicologia per la malattia di Alzheimer, presentata oggi dalla Società Italiana di Neurologia (Sin) insieme a Biogen, azienda biotech focalizzata sulle neuroscienze. Nei prossimi mesi la piattaforma sarà utilizzata e validata nell’ambito di un progetto pilota, che coinvolgerà sette centri specializzati in diverse regioni italiane.

Il progetto nasce nel 2020 da un tavolo di lavoro congiunto che ha coinvolto la Sin, la Sindem e la Sinp, mirato ad analizzare le potenzialità della tele-neuropsicologia, come spiega Gioacchino Tedeschi, presidente Sin: “La tele-neuropsicologia è un’area di ricerca di grande interesse e in costante sviluppo, che durante la pandemia ha visto un’accelerazione della richiesta di strumenti e servizi a supporto della pratica clinica. Nel caso delle demenze neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer, esiste un sostanziale accordo tra la comunità scientifica sulle aree cognitive da esplorare e sui relativi test neuropsicologici. Molti di questi test possono essere sviluppati in versione digitalizzata, consentendo un elevato livello di automatizzazione nelle procedure di somministrazione degli stimoli, raccolta delle risposte, correzione dei punteggi e loro interpretazione, tutti aspetti che favoriscono la possibilità di valutazione a distanza, con possibili vantaggi per i pazienti, i familiari e i centri di trattamento”.

“Mi auguro – continua Tedeschi – che questo progetto pilota possa generare evidenze a sostegno di una introduzione più sistematica della tele-neuropsicologia nei percorsi di diagnosi e trattamento della malattia di Alzheimer e altre forme di demenza, favorendo la creazione di nuovi approcci funzionali anche all’individuazione sempre più precoce della malattia”.

Una prospettiva importante, se si pensa che in Italia il numero totale stimato delle persone con demenza è di circa un milione e 100 mila, di cui oltre la metà con malattia di Alzheimer.

Anche sul fronte dei costi la malattia pesa in modo particolare in un Paese come il nostro, caratterizzato da una popolazione che invecchia. Il costo dell’Alzheimer in Italia, nel 2018, è stato stimato pari a 15,6 miliardi di euro e si valuta che l’80% (12,3 miliardi) sia a carico delle famiglie e dei caregiver.

Ma come si manifesta la malattia? I dati mostrano che l’esordio inizi circa 15-20 anni prima dei primi sintomi. Perdita di memoria recente, difficoltà nel trovare le parole e/o perdita della capacità di orientamento sono fra i segnali da tenere d’occhio. Tra gli altri sintomi precoci ci sono anche la confusione e i cambiamenti dell’umore e della personalità. Campanelli d’allarme che in futuro potrebbero essere importanti elementi per favorire una diagnosi precoce della malattia e potrebbero essere individuati e valutati anche grazie al supporto della tecnologia e di strumenti di tele-neuropsicologia.

“Le demenze, come la malattia di Alzheimer, sono una delle più importanti sfide sanitarie dei prossimi anni. Una priorità, recentemente sancita anche dalla dichiarazione dei ministri della Salute del G20, che vedrà impegnati i sistemi sanitari di tutto il mondo per rispondere ai bisogni di milioni di persone e delle loro famiglie – commenta Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Italia – Come azienda siamo impegnati non solo per ricercare e sviluppare nuove soluzioni terapeutiche, in un’area come la malattia di Alzheimer dove da oltre vent’anni non vengono introdotti nuovi trattamenti, ma anche per lavorare al fianco della comunità scientifica e dei pazienti e caregiver per la messa a punto di servizi e soluzioni che favoriscano un cambio di paradigma nella diagnosi e nella gestione sempre più precoci di queste complesse malattie neurodegenerative”.

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