Stress da lavoro, il 62% vorrebbe supporto psicologico

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Il 62% dei lavoratori e delle lavoratrici ritiene utile un servizio di supporto psicologico per fronteggiare momenti di stress e disagio legati al rientro in azienda. Quota che, rispetto al 2020, è salita di 8 punti percentuali (dal 54% al 62%). È una delle indicazioni utili per chi debba definire dei piani di welfare e strategie di wellbeing in azienda. Questi e altri dati emergono dalla ricerca condotta da BVA Doxa per conto di Mindwork, la prima società italiana di consulenza psicologica online interamente specializzata in ambito aziendale, in occasione della Giornata internazionale della salute mentale che si celebra oggi.

Secondo i dati emersi, quasi l’85% delle persone intervistate considera il proprio benessere psicologico generale correlato al proprio benessere sul lavoro e viceversa. La quota di persone che dichiara di soffrire di frequenti problemi di ansia e insonnia per motivi legati al lavoro, invece, sfiora il 50%. Una persona su 3 dichiara di essersi assentata a causa di malessere emotivo mentre il 42% del campione intervistato ritiene inefficaci le iniziative promosse dalla propria azienda per incentivare il benessere e ridurre lo stress legato al lavoro.

“L’80% delle intervistate e degli intervistati ha provato almeno un sintomo correlato al burnout (sensazione di sfinimento, calo dell’efficienza lavorativa, aumento del distacco mentale, cinismo rispetto al lavoro) – spiega Biancamaria Cavallini, customer success manager di Mindwork e psicologa del avoro – Questo purtroppo non sorprende: la durata dell’emergenza sanitaria sta mettendo a dura prova le persone. Anche chi, in una prima fase, ha reagito mettendo in campo le proprie risorse, si ritrova oggi a vederle sempre più esaurite”.

Il 40% del campione intervistato ha riferito di non sentirsi libero di parlare del proprio malessere emotivo nel suo luogo di lavoro. In continuità con i dati 2020, l’ambiente di lavoro si conferma il luogo meno adatto ad esprimere il proprio disagio, anche tra coloro che si sentono invece tranquilli nel condividere il proprio malessere tra le mura di casa.

Secondo i dati emersi, inoltre, lavoratori e lavoratrici giovani hanno una maggior propensione a lasciare il lavoro a causa di un malessere emotivo ad esso correlato. Il 49% degli under 34, infatti, si è dimesso almeno una volta per preservare la propria salute psicologica. La tendenza è in aumento di 5 punti percentuali rispetto al 2020.

Il 92% delle lavoratrici e dei lavoratori ritiene importante che l’azienda si occupi attivamente del “benessere psicologico” dei propri dipendenti. Tuttavia, il 42% del campione intervistato ritiene inefficaci le iniziative promosse dalla propria azienda per aumentare il livello di benessere dei lavoratori e delle lavoratrici e/o ridurre lo stress legato al lavoro. Si registra, in questo caso, un aumento di quasi 15 punti percentuali dal 2020.

“È importante sottolineare che in caso di ricerca di una nuova posizione lavorativa, il 73% delle persone dichiara di preferire un’azienda attenta al benessere psicologico delle sue persone – prosegue Biancamaria Cavallini – anche laddove il livello di stress attualmente percepito dalla persona sul proprio lavoro sia basso. Questo dimostra una crescente sensibilità alla necessità di un ambiente di lavoro sano”.

In quelle aziende dove è previsto un servizio di supporto psicologico, il 60% delle persone lo valuta positivamente e ritiene che sia necessario che il servizio continui anche in futuro, quando l’emergenza Covid-19 sarà finita. Laddove non è presente, il 75% delle persone valuterebbe positivamente la messa a disposizione, da parte dell’azienda, di un servizio di supporto psicologico. Relativamente al ritorno in azienda, circa il 40% si dice preoccupato del rientro a tempo pieno al punto che il 20% cambierebbe lavoro se costretto a rientrare. I principali motivi di tale preoccupazione sono la gestione tempo, i vissuti di stress e infine la gestione familiare.

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