Salvato da una carezza, se il tumore al seno colpisce lui

tumore seno Stefano
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Salvato da una carezza. Si può riassumere così la storia di Stefano Saldarelli, 52enne pratese che nel 2017 è incappato in una diagnosi di tumore del seno. “Tutto è iniziato nell’estate del 2017 – ci racconta – ero a tavola con mia moglie, e a un certo punto lei si alza e mi fa una carezza. Sento il suo tocco fermarsi sul pettorale sinistro: dopo un po’ mi dice di aver sentito qualcosa che non le piace. Ovviamente io ho minimizzato, ma poi alla fine per amor di pace ho acconsentito a fare un’ecografia, dietro la minaccia di annullare le vacanze. Dall’ecografia sono emersi i primi sospetti”.

Di ritorno dal mare, Stefano inizia i controlli. “Il medico curante mi mandò in Senologia e di lì si è aperto un mondo sconosciuto. Ho dovuto fare vari accertamenti, tra cui l’ago aspirato. Il chirurgo ha deciso di intervenire, e il 5 dicembre sono stato sottoposto a intervento chirurgico”. A quel punto la malattia di Stefano ha un nome: carcinoma duttale infiltrante. “Da lì è iniziata la mia esperienza di paziente oncologico”. Un’esperienza che Stefano racconta in un libro: “Il cancro al seno non è solo roba da femmine. Una carezza può salvarti”, Phasar Edizioni.

Un racconto scritto con la prefazione di Alessandro Battaglia, chirurgo senologo presso l’Ospedale Santo Stefano di Prato, che ha operato Stefano e che apre un’importante finestra su questa patologia, vista, per una volta, dal punto di vista maschile.

Il tumore alla mammella infatti non è solo una malattia da donne: colpisce ogni anno, in Italia, circa 500 uomini e la tendenza non sembra essere in regressione. Un dato da non trascurare, se si pensa che l’incredulità e la disinformazione non fanno che ritardare la diagnosi e quindi la possibilità di intervenire tempestivamente.

Ma come ci si sente, da uomo, a scoprire di avere un tumore del seno? “Già io non sapevo di avere un seno, li chiamavo pettorali” , ci racconta ancora Stefano. “Lei è il settimo quest’anno, quindi rientra nelle statistiche” gli dicono all’ospedale di Prato. Lo smarrimento, il disagio e l’imbarazzo – “in Senologia, dove tutto è rosa e tinte pastello, mi sentivo come un pesce fuor d’acqua. E poi ti chiedi: ma perché a me? Non è una cosa delle donne?” – si mescolano alla quotidianità che viene stravolta, dal lavoro (è un grafico free lance) alle certezze sul futuro, ma con la presa di coscienza che in Italia, e forse anche altrove, del tumore al seno nell’uomo si parli davvero poco.

“Nel giro di un mese dovetti decidere di fare la chemioterapia, e in quell’occasione ho deciso di fare cultura e informazione su questo tema. Perché là dove non c’è informazione, non si fa prevenzione”, ci dice. Così Stefano tratta l’argomento sul suo blog, apre una pagina social che oggi vanta oltre 10.000 follower, è nel consiglio direttivo di un’associazione che si occupa di promuovere progetti a sostegno della prevenzione oncologica, si confronta con medici e gruppi di pazienti oncologici, partecipa a incontri e serate divulgative. Poi arriva il libro.

“Ho scritto questo libro nella speranza che conoscenza e comunicazione inducano gli uomini a informarsi, e tante altre mogli, mamme, sorelle a coinvolgere i loro uomini in questo percorso per non trascurare sintomi e rischi. Io sono stato salvato da una carezza, dalla carezza di mia moglie. Ma anche dalla sua tenacia e dalla sua cultura in materia: lei conosceva l’importanza dell’autopalpazione, una cosa che insegnano alle donne, ma non agli uomini”.

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