Mese chiave per terapie intensive Covid, allarme anestesisti

anestesia rianimazione
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E’ conto alla rovescia negli ospedali d’Italia, dove la quarta ondata Covid rischia di mandare in crisi i reparti di terapia intensiva. Il tempo per agire è limitato, ed è cruciale intervenite prima che le regioni vadano in zona gialla per l’aumento dei ricoveri. L‘allarme arriva dagli anestesisti, che sottolineano come le terapie intensive rischino l’intasamento entro un mese. 

“Il raggiungimento dei 10mila nuovi casi di persone contagiate da Covid-19, con un +95% di ricoveri ed un +8% di presenze in terapie intensive, sono segnali sempre più gravi e importanti che indicano ormai che siamo all’interno della quarta ondata”, sottolinea Antonino Giarratano, presidente Società Italiana di Anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (Siaarti).

“Chiediamo al governo di mettere in atto già da subito le manovre necessarie per una maggior attenzione socio-sanitaria, senza attendere il colore ‘giallo’, che significa già 15% di ricoveri in più e nuovi morti”, suggerisce la Siaarti. “Con queste cifre e con questa tendenza preoccupante, che cade nel periodo autunnale e invernale in cui le aree critiche sono già sotto pressione, nel giro di un mese il sistema ospedaliero delle terapie intensive rischia pericolosamente l’intasamento“.

L’inverno 2021-22 non sarà però una copia del precedente. “Occorre sicuramente dire che per fortuna non ci troviamo nella situazione drammatica che abbiamo vissuto l’inverno scorso: oggi abbiamo i vaccini che stanno difendendo in maniera importante la salute di milioni di italiani. Questo – prosegue Giarratano – significa che oggi i ricoverati sono soprattutto persone che hanno rifiutato la vaccinazione e altre che invece – anche se vaccinate – presentano condizioni di particolare fragilità ed alti fattori di rischio e stanno uscendo dopo 10 mesi dalla copertura piena dal contagio. Ma questa situazione si andrà presto a sommare all’influenza stagionale che causa circa 8.000 morti tra i pazienti più fragili e che nelle prossime settimane inizierà a circolare nel nostro Paese conducendo ad un affollamento di ricoveri pericoloso e probabilmente insostenibile”.

Finire in rianimazione non è uno scherzo. “Occorre ripeterlo in forma chiara: a seguito del ricovero in terapia intensiva i pazienti hanno una possibilità di decesso che va dal 30 al 75% – avverte il presidente Siaarti – Dobbiamo evitare il più possibile questo tipologia di ricoveri. Il nostro appello come Società scientifica degli anestesisti-rianimatori, e quindi dei professionisti che più di chiunque ha vissuto e vive la pandemia in prima linea, è pertanto chiaro e preciso: chiediamo a tutti gli italiani di vaccinarsi e ai vaccinati da più di 6 mesi di fare la terza dose – ricordando che ancora alcuni milioni di italiani non hanno ancora fatto neppure la prima per motivi diversi, a volte ideologici, altre volte per paure – e di attenersi con estrema attenzione alle norme di prevenzione, mi riferisco all’uso delle mascherine e alla frequente disinfezione delle mani”.

“In presenza di numeri sempre più alti di ricoveri noi dovremo riservare posti in terapia intensiva per i ricoverati Covid-19, riducendo quindi i posti letto disponibili per pazienti cronici riacutizzati, chirurgici anche oncologici, cardiopatici, politraumatizzati e tutti quelli con sindromi acute che compromettono funzioni vitali”, osserva il presidente Siaarti.

“Noi tutti siamo investiti della responsabilità organizzativa, personale e sociale che questa situazione sia evitata. Per questo speriamo che in tutto il Paese siano velocizzati i tempi delle decisioni sul potenziamento della campagna di vaccinazione anche con terza dose: non possiamo permetterci oggi di vanificare tutto l’immenso lavoro che, in particolare in Italia, i sanitari e le organizzazioni sanitarie sul territorio hanno compiuto sino ad ora. Consideriamo con grande attenzione un fatto preoccupante: con le terapie intensive intasate, l’anno prossimo potremmo essere costretti alla tragica conta di tanti decessi avvenuti tra pazienti non Covid-19 per ritardata o mancata assistenza”, conclude Giarratano.

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