Violenza di genere, in Italia sottostimata anche dalle donne

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Nonostante la drammatica conta delle vittime, la violenza sulle donne è sottovalutata in Italia. E non solo dagli uomini. Un dato per tutti: sebbene secondo l’Istat circa il 5% delle donne fra 16 e 70 anni (1 milione 157 mila) abbia subito uno stupro o un tentativo di stupro, più del 40% degli italiani pensa che questo dato non superi il 3%. Una sottovalutazione molto più frequente tra gli uomini, ma presente anche fra le donne che di queste (e altre) violenze sono vittima.

E’ la sconfortante fotografia che emerge da una ricerca demoscopica realizzata da AstraRicerche su un campione rappresentativo della popolazione italiana, presentati in un evento promosso da Rete Antiviolenza del Comune di Milano e Gilead Sciences Italia.

Psicologica, fisica, economica, sessuale, assistita dai figli; stalking, catcalling, discriminazioni e disparità di genere. La violenza contro le donne ha molteplici forme e sembra non conoscere confini. Per gli italiani, e questa è una buona notizia, è tra le priorità urgenti dell’agenda politica del Paese. Una criticità primaria da risolvere sia se si parla di violenza fisica (60.8%), sia se si parla di quella psicologica (57.8%).

Attenzione, però: un italiano su quattro pensa che non si possa davvero considerare una forma di violenza commentare un abuso fisico subito da una donna affermando che è meno grave perché gli atteggiamenti di lei, il suo abbigliamento o aspetto comunicavano che era ‘disponibile’; a pensarlo sono in maggioranza gli uomini (30%), ma anche la percentuale delle donne è significativa (20%). Circa tre persone su dieci non considerano violenza “dare uno schiaffo alla partner se lei ha flirtato con un altro”; tra le donne, ne è convinta il 20%, mentre la percentuale sale al 40% per gli uomini.

Non solo: un italiano su tre non considera violenza forzare la partner a un rapporto sessuale se lei non ne ha voglia; lo pensano circa quattro uomini e tre donne su dieci. Numeri che lasciano francamente sgomenti e raccontano di un’Italia patriarcale, in cui c’è ancora tanto da fare in termini di informazione e sensibilizzazione. C’è anche da chiedersi cosa pensino i giovanissimi di questi risultati.

“È necessario un cambiamento culturale che ci faccia sentire tutti e tutte parte del problema, perché le donne non possono, e non devono, essere lasciate sole ad affrontare la violenza e i maltrattamenti – ha detto Diana De Marchi, presidente Commissione Pari opportunità e diritti civili e Rete Antiviolenza del Comune di Milano – Per questo, in Lombardia, abbiamo costituito la Rete Antiviolenza coordinata dal Comune di Milano, attiva da molti anni nel sostenere le donne che decidono di sottrarsi a situazioni di maltrattamento domestico e violenza di genere lungo tutto il percorso, offrendo accoglienza e ascolto basati sulla relazione di genere, sostegno psicologico, giuridico (civile e penale), professionale/lavorativo, abitativo ed economico. Nonostante la scarsità delle risorse messe a disposizione degli enti locali, abbiamo continuato ad aumentare le risorse economiche e umane per la rete antiviolenza della nostra città”.

Presentati oggi anche i dati della Rete Antiviolenza relativi ai primi sei mesi del 2021, raccolti attraverso 14 realtà operanti sul territorio tra Centri antiviolenza e Case rifugio del Comune di Milano. Sono state circa 2.200 le richieste pervenute da circa 980 donne che hanno beneficiato dei diversi interventi offerti dalla Rete antiviolenza del Comune di Milano (dall’ascolto telefonico, all’accoglienza, dal sostegno psicologico, all’accompagnamento al lavoro, dalla consulenza legale, all’autonomia abitativa). In circa un quarto dei casi si tratta di donne che hanno chiesto aiuto per la prima volta mentre ci sono oltre 400 donne che sono state accolte in percorsi ancora in essere di fuoriuscita dalle situazioni di violenza e 50 donne e 27 bambini che sono stati ospitati in Case Rifugio.). Il 59% delle donne aiutate dalla Rete ha figli e il 64% è di nazionalità italiana. Il 68% delle violenze rilevate è di tipo fisico, il 24% sessuale e il 22% assume le forme di violenza ‘economica’. Triste primato per la violenza psicologica (84%).

Un lavoro di assistenza fondamentale che da oggi può contare su un contributo in più. Tra la Rete antiviolenza Milano e Gilead Sciences è stata infatti avviata una collaborazione che ha previsto l’erogazione di 20.000 euro per la realizzazione di iniziative a favore di donne vittime di violenza di genere: tirocini e borse di lavoro per percorsi e progetti di reinserimento lavorativo e riqualificazione professionale; servizi per la conciliazione famiglia-lavoro; progetti di autonomia abitativa; spese per la promozione della salute per donne vittime e figli minori coinvolti; spese legali per iter giuridici civili.

“La collaborazione con la Rete antiviolenza del Comune di Milano fa parte dell’impegno per la tutela e la promozione dei valori della diversità e dell’inclusione che come azienda globale sosteniamo in tutte le comunità in cui operiamo – spiega Gemma Saccomanni, direttore Public Affairs di Gilead Sciences Italia – Non ci fermiamo alla ricerca e allo sviluppo di farmaci innovativi, ma sosteniamo attivamente chi opera in favore di coloro che vivono condizioni di discriminazione, emarginazione o violenza. Tra le fasce di popolazione più disagiate vi sono le donne, a cui fenomeni come la violenza e la disparità di genere nei suoi vari aspetti impediscono una piena e legittima partecipazione alla vita sociale ed economica del Paese”.

Ma chi è a fare violenza alle donne? Le idee, in questo caso, si scontrano con la realtà. Per gli italiani intervistati al primo posto ci sono i superiori sul lavoro (86% di risposte spesso/a volte), in seconda posizione i partner (84%) e altri uomini della famiglia (73%). A seguire, sconosciuti (78%) e amici e conoscenti, sia donne sia uomini (75%). Da sottolineare un dato fondamentale: quasi la metà delle donne intervistate pensa che il partner è spesso prevaricatore, violento a livello psicologico o fisico, mentre solo il 35% degli uomini è d’accordo con questa descrizione, confermando la sottovalutazione del problema.

Dai dati della Rete antiviolenza di Milano emerge invece che oltre l’89% delle donne subisce violenza da parte di un familiare: nel 74% dei casi chi maltratta è marito, convivente, fidanzato o ex, e il 68% di questi ultimi è di nazionalità italiana.

“Il quadro generale che emerge – spiega Cosimo Finzi, direttore AstraRicerche – è quello di un’Italia ancora ancorata su certi retaggi, ma consapevole che la violenza di genere esiste ed è una questione prioritaria da affrontare. Lo dimostra il dato sulla percezione della parità di genere, definita come ‘condizione nella quale donne e uomini ricevono pari trattamenti, con uguale facilità di accesso a risorse e opportunità, indipendentemente dal loro genere sessuale’: solo per il 18,8% degli intervistati la parità di genere in Italia è reale, pienamente raggiunta”.

Insomma, c’è molto da fare. Sulle modalità per combattere la violenza gli italiani puntano sulla soluzione “culturale”: promuovere conoscenza e rispetto delle donne nelle scuole. Al secondo posto l’intervento sul welfare pubblico: orari di lavoro, offerta di servizi, sussidi per l’acquisto di servizio di asilo nido, riconoscimento del lavoro domestico. A seguire, i percorsi di empowerment femminile per le vittime di violenza quali sostegno psicologico, attività sull’autostima e la consapevolezza, supporto al reinserimento lavorativo e nella società e, infine, una legge che renda obbligatorio un periodo di paternità di 2-3 mesi.

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