Pillola anti-Covid molnupiravir, ecco cosa sappiamo

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Un antivirale ‘progettato’ su misura contro il Sars-CoV-2 non può che attirare l’attenzione di tutto mondo, nella speranza che si tratti di un’arma efficace per contrastare gli effetti più negativi di Covid-19.

Ma la scienza, intesa come i risultati dei trial clinici randomizzati sul molnupiravir, ha dato per ora una risposta interlocutoria. Insomma i dati di efficacia ci sono, ma meno brillanti di quello che avevano fatto sperare i risultati ad interim che parlavano di un 50% in meno di ricoveri e di decessi per Covid-19 tra i pazienti trattati.

I risultati finali dello studio di fase 2/3 MOVe-OUT riducono la portata dell’endpoint primario al 30%. Insomma la bilancia pende comunque a favore del nuovo antivirale, ma il risultato non è ‘outstanding’. E i numeri dello studio (1.447 pazienti arruolati in tutto tra braccio di trattamento e di controllo) non consentono di effettuare sottoanalisi valide da un punto di vista statistico, cioè di capire se qualche categoria di pazienti a rischio aumentato di Covid in forma grave, questo possa avere un beneficio più netto dal trattamento con molnupiravir.

Insomma, la reale efficacia clinica di questo nuovo antivirale la scopriremo probabilmente solo dai dati real world, cioè dalla sua utilizzazione sul campo. Sempre naturalmente che Ema ed Fda diano semaforo verde. Sul piano regolatorio, a battere tutti sul tempo (come fu a suo tempo con il vaccino Astra Zeneca), è stata la Gran Bretagna che ha autorizzato molnupiravir come primo antivirale orale per il trattamento di Covid-19 lieve-moderata, nei pazienti con almeno un fattore di rischio di sviluppare una malattia di grado severo.

Il primo dicembre scorso, l’Antimicrobial Drugs Advisory Committee della Fda ha dato parere favorevole al molnupiravir (13 voti a favore, 10 contrari) negli adulti ad alto rischio; un parere consultivo favorevole che dovrebbe pesare sull’autorizzazione all’uso di emergenza richiesta da Msd (come è nota Merck & Co fuori da Stati Uniti e Canada) alla Fda, anche se non si sa quando arriverà.

Ma vediamo cosa si sa a oggi di questo nuovo antivirale, che di frecce al suo arco ne ha. E non poche. La prima è che si tratta del primo antivirale specificamente disegnato contro il Sars-CoV-2 e che, cosa di fondamentale importanza, è un farmaco a somministrazione orale (se ne danno 4 compresse da 200 mg due volte al giorno per 5 giorni consecutivi).

Conditio sine qua non per il successo del trattamento è, però, che venga somministrato quanto più precocemente possibilmente, idealmente entro 5 giorni (meglio ancora se entro 3 giorni) dalla comparsa dei sintomi. Ma questo significa avere la possibilità di accedere rapidamente al test diagnostico; se c’è da fare la fila e aspettare giorni, l’efficacia del farmaco si ridurrà.

Altro punto: chi prescriverà il molnupiravir? Se ho la possibilità di accedere rapidamente al test, ma poi si crea il collo di bottiglia della somministrazione da parte dello specialista infettivologo in ospedale, di tempo se ne perderà ancora di più e addio efficacia. Una possibile soluzione ‘salva-tempo’, suggerita da Pierluigi Viale, direttore della Uoc Malattie Infettive, Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna, è di tenere in casa un test rapido salivare (eventualmente da confermare con il tampone classico) e, in caso di positività, far valutare subito dal medico di famiglia la possibilità di effettuare il ciclo di trattamento.

Insomma un farmaco da mettere nelle mani della medicina generale, anche nell’ottica di ridurre il carico sugli ospedali. Molto interessante e innovativo è il funzionamento di molnupiravir, che è del tutto indipendente dalla funzionalità del sistema immunitario.

Un dato non di poco conto perché potrebbe risultare prezioso come arma contro il virus, in quelle popolazioni di pazienti, come trapiantati e oncoematologici (ma a volte anche grandi anziani) che non hanno una risposta brillante al vaccino. Ma si tratta di teoria e wishful thinking naturalmente, perché al momento non ci sono dati che permettano di confermare questa speranza, né dai trial registrativi, né dal mondo reale.

Finora il farmaco è risultato efficace contro tutte le varanti. Non vi ci ancora dati per la omicron, ma dato che il prodotto funziona direttamente sul genoma virale (e non sulle mutazioni della proteina spike) dovrebbe funzionare anche contro quest’ultima variante.

Molnupiravir è qualcosa di molto simile ad un cavallo di Troia genetico; il Sars-CoV-2 è un virus a Rna e la catena dell’Rna è composta di 4 mattoncini, le basi azotate adenina, guanina, citosina e uracile legate ad una molecola di zucchero (ribosio). Molnupiravir è un fake di uno di questi mattoncini (è idrossicitidina), così l’enzima deputato alla costruzione della catenella dell’Rna virale lo incorpora inconsapevolmente nel materiale genetico del virus, decretandone la morte.

I vantaggi sono duplici: la malattia in quel determinato paziente non progredisce (o non dovrebbe progredire) verso una forma più grave e avanzata, e quel paziente dopo pochi giorni smette di eliminare il virus e quindi di contagiare chi gli sta vicino. Insomma un farmaco sul quale continuare a sperare. Ma senza dimenticare che “l’unica vera arma contro questa pandemia – ricorda il professor Pier Luigi Lopalco, ordinario di Igiene, Università del Salento – sono i vaccini”.

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