Disturbi dell’udito, sintomi e malattie neurodegenerative

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La perdita dell’udito transitoria, così come l’acufene (fischio nell’orecchio) e le vertigini possono essere sintomo sia di condizioni assolutamente benigne – come un abbassamento di pressione – ma possono essere anche il sintomo precoce di alcune malattie del sistema nervoso centrale.

I sintomi infatti, oltre che essere causati da un problema all’interno dell’orecchio, possono dipendere da un’infiammazione delle strutture deputate all’udito e all’equilibrio che si trovano nel cervello. La sclerosi multipla, l’Alzheimer e alcune forme di demenza sono caratterizzate da fenomeni di neuro-infiammazione che può essere cronica e progressiva, come nel caso dell’Alzheimer, oppure intervallata da momenti di assoluta normalità e riattivazione di malattia come nella SM.

Ad oggi sappiamo che la neuro-infiammazione, di per sé un normale processo, può, in alcune persone predisposte – o in caso di malattie acquisite come ad esempio Covid-19 – assumere un carattere negativo e determinare una serie di malattie del sistema nervoso.

C’è una grande attenzione alla perdita uditiva nei soggetti adulti (>60), poiché diversi studi clinici hanno dimostrato che c’è una co-esistenza tra questo disturbo e il decadimento delle funzioni cognitive. La perdita delle funzioni cognitive ha un grande impatto sociale, infatti i pazienti con demenza non solo vanno a carico dei loro familiari, ma necessitano talvolta un supporto di terzi con aumento della spesa sanitaria pubblica.

Ho spiegato, in un articolo che ho recentemente pubblicato su Neurological Science, che non vi è vi è solamente una co-esistenza tra perdita dell’udito e demenza, ma che queste due condizioni hanno in comune sia degli aspetti di alterazioni anatomiche – come l’atrofia del cervello – che una base di alterazione biologica: in entrambe le condizioni c’è una diffusa (neuro) infiammazione nel cervello; questo ultimo punto è anche stato confermato da recenti studi condotti con il Cnr di Roma.

La presenza dei disturbi dell’udito, e stavolta anche dell’equilibrio, che insorgono improvvisamente in un paziente giovane e apparentemente in buona salute potrebbero essere la spia di problemi neurologici più importanti; quindi, sebbene alcuni sintomi che sono brevi, temporanei e che non si ripetono si possano trascurare, io consiglio sempre di prestare  particolare attenzione perché da studi che ho condotto (e sto ancora conducendo) con Ucl di Londra, Sapienza di Roma e Wayne State University di Detroit, abbiamo scoperto che questi sintomi potrebbero indicare un patologia, come la sclerosi multipla al suo esordio.

Lo studio pubblicato su Multiple Sclerosis and Related Disorders, ha evidenziato che la presenza del sintomo uditivo può essere collegata alla fase di riattivazione della SM, motivo per cui in presenza di questo problema specialmente nei pazienti che hanno già una diagnosi di questa malattia non vanno sottovalutati. In presenza di un ovattamento uditivo, di una vertigine che dura parecchi giorni, di un fischio all’orecchio continuo che non ha causa apparente (un concerto o la discoteca la sera precedente) il mio consiglio è di rivolgersi allo specialista per ulteriori accertamenti. Infatti, l’identificazione precoce di una fase di riattivazione della SM permette di iniziare tempestivamente un trattamento e il ridurre rischio di disabilità.

Non solo. I disturbi dell’equilibrio e dell’udito, che come precedentemente detto durano molto e non sembrano avere una causa apparentemente nota, possono essere dovuti ad altre patologie non note a chi ne soffre.

Diversi studi che ho condotto hanno evidenziato che l’orecchio potrebbe manifestare per primo i segni di alcune malattie del sistema nervoso, ma non solo; infatti, poiché l’orecchio è una struttura molto piccola, i fenomeni di infiammazione (o neuro-infiammazione) che avvengono qui possono determinare un sintomo, facilmente identificabile dal paziente, proprio perché in un piccolo ambiente tutto è amplificato.

Per fare un esempio, oggi sappiamo tutti che per evitare il contagio da Covid-19 se ci troviamo in una stanza non dobbiamo essere in tanti, infatti se una persona starnutisce/tossisce in un ambiente piccolo e molto frequentato si può diffondere l’infezione. La stessa cosa avviene nell’orecchio. In questo caso però non possiamo ridurre il numero di persone (le cellule dell’orecchio) e quindi una piccola variazione delle condizioni normali (malato che starnutisce) si diffonde a tutta la struttura e crea al paziente una vertigine o un problema di udito.

Vista l’importante ruolo di questo organo e il suo legame con tanti disturbi di salute – anche i problemi al cuore possono dare sintomi uditivi – stiamo studiando delle metodologie per identificare il danno. Attualmente ci sono degli esami oggettivi (elettrofisiologia) che permettono di capire se il problema è a carico dell’orecchio, o proviene dal nervo o dal cervello. Con il mio team però stiamo mettendo a punto un metodo tramite il quale sia possibile capire “cosa” ma anche “doveè il danno che determina il sintomo, tramite un semplice prelievo del sangue.

Abbiamo pubblicato uno studio su Orphanet-Journal of Rare Disease- in cui abbiamo dimostrato che è possibile monitorare il declino uditivo (nei pazienti con patologia mitocondriale) tramite un prelievo di sangue, studiando specifici indicatori del danno(MicroRna).

La ricerca in questo ambito (neuro-otologia) è agli arbori in alcuni campi, motivo per cui una visione “di rottura”, talvolta vista come “visionaria” mi ha permesso di approfondire questi aspetti, in precedenza trascurati.

L’orecchio, con i suoi disturbi, può aiutare a scoprire tante malattie e il suo corretto/scorretto funzionamento potrebbe anche essere valutato per comprendere se una terapia funziona o meno; per esempio nel caso di un paziente con un problema di neuro-infiammazione a carico del cervello, che manifesta un fischio all’orecchio, la sparizione di quest’ultimo potrebbe essere la conferma che il trattamento sta funzionando correttamente.

Recentemente abbiamo anche visto, che l’orecchio può essere una spia “silente” – ci sono delle alterazioni particolari che si identificano con degli esami non invasivi – della possibilità di soffrire di cefalea.
Per concludere, io suggerisco di “ascoltare l’orecchio”: è capace di dirci precocemente che qualcosa no va.

*Arianna Di Stadio, neuroscienziata, ricercatore onorario presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione dell’UCL Queen Square Neurology (Londra)

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