Fibrosi cistica, cellule riprogrammate per test nuovi farmaci

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Dalla ricerca italiana la promessa di cure personalizzate e più efficaci per migliorare la qualità di vita dei pazienti con fibrosi cistica. Uno studio congiunto tra un team di ricercatori del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità, del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza Università di Roma e del Centro di Riferimento Regionale per la Fibrosi Cistica della Regione Lazio, reso possibile grazie al generoso sostegno della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, oltre che da fondi istituzionali dell’Istituto Superiore di Sanità e della Sapienza Università di Roma, ha aperto la strada in questa direzione.

Lo studio, pubblicato sull’European Respiratory Journal e coordinato da Adriana Eramo dell’Iss e da Marco Lucarelli della Sapienza, ha evidenziato la possibilità di espandere in coltura, con grande efficienza e in grande quantità, le cellule staminali respiratorie dall’epitelio nasale di ogni paziente con fibrosi cistica utilizzando un nuovo approccio di riprogrammazione cellulare.

“A partire da queste cellule staminali respiratorie – sottolinea Eramo – si possono ottenere modelli di malattia cosiddetti ex vivo, mediante speciali colture differenziative per cellule respiratorie e mediante la generazione di organoidi che riproducono in forma miniaturizzata e tridimensionale il tessuto respiratorio difettoso del paziente”.

“Utilizzando questi modelli – continua Lucarelli – è stato possibile approfondire gli accertamenti diagnostici e di caratterizzazione dei genotipi dei pazienti e delineare il rapporto tra genotipo (l’insieme delle varianti genetiche della malattia) e fenotipo (l’insieme dei caratteri fisici determinati dalle mutazioni) valutando gli effetti delle specifiche mutazioni geniche sulle corrispondenti proteine difettose nelle cellule di ogni singolo paziente”.

Nello studio è stata valutata l’efficacia di farmaci specifici nel correggere la proteina Cftr mutata (responsabile della patologia) ripristinandone la funzionalità. In particolare è stata evidenziata l’efficacia su tre specifiche varianti genetiche rare di malattia tuttora orfane di cura, del farmaco (associazione di ivacaftor, tezacaftor ed elexacaftor) recentemente approvato in Italia per alcune mutazioni più frequenti.

“L’approccio descritto, e in particolare gli organoidi originati dall’epitelio nasale – prosegue Eramo – sono risultati estremamente adatti per saggi farmacologici e potranno permettere, in studi futuri, di individuare, validare e proporre cure più efficaci e personalizzate per tutti i pazienti con fibrosi cistica”.

“Inoltre, i farmaci già disponibili per alcuni pazienti con specifici genotipi ed altri che arriveranno – aggiunge Lucarelli – potranno rapidamente essere valutati in questi modelli ed eventualmente proposti, dopo il vaglio degli organismi regolatori, per le varianti di fibrosi cistica che risulteranno responsive ex vivo, guidando la terapia personalizzata”.

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