Covid e lavoro, un mese di assenza per ogni contagiato

Covid lavoro quarantena
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Non solo vite umane, ma anche un pesante impatto sulla produttività e l’economia. Secondo il nuovo report Inail, infatti, in media ogni contagiato Covid accumula un mese di assenza dal lavoro. E se consideriamo che nell’ultimo mese il ritmo dei contagi è andato a un ritmo di circa 200mila casi al giorno, la stima dell’impatto della quarta ondata pandemica sul lavoro in Italia è da balzo sulla sedia.

La 23esima rilevazione mensile della Consulenza statistico attuariale dell’Inail riporta anche il dato delle infezioni di origine professionale riconosciute e indennizzate dall’inizio della pandemia al 31 dicembre 2021. Ebbene, i contagi sul lavoro da Covid-19 segnalati all’Inail sono 191.046, pari a un sesto del totale delle denunce di infortunio pervenute da gennaio 2020 e al 3,1% del complesso dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data.

I dati forniscono anche un ‘termometro’ della pandemia. Rispetto ai 185.633 contagi del monitoraggio di fine novembre, infatti, i casi in più sono 5.413 (+2,9%), di cui ben 4.490 riferiti a dicembre, 613 a novembre e 60 a ottobre scorsi, mentre gli altri 250 casi sono per il 62,4% riferiti agli altri mesi del 2021 e il restante 37,6% al 2020.

Inoltre, secondo il report, nel 2021 i casi di contagio denunciati all’Istituto, benché non consolidati, sono diminuiti del 71,3% rispetto all’anno precedente, mentre il calo dei casi mortali è stato del 57,2%.

Nel dettaglio, i decessi sul lavoro da nuovo coronavirus segnalati all’Istituto dall’inizio della pandemia sono 811, pari a un quarto degli infortuni sul lavoro con esito mortale denunciati da gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,6% rispetto al complesso dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’Iss alla stessa data. Rispetto ai 797 rilevati dal monitoraggio mensile precedente, i casi mortali sono 14 in più, di cui solo uno avvenuto a dicembre e i restanti 13 riconducibili ai mesi precedenti (otto avvenuti nel 2021 e cinque nel 2020).

La netta maggioranza dei decessi riguarda gli uomini (82,5%) e i lavoratori nelle fasce di età 50-64 anni (71,0%), over 64 anni (18,6%) e 35-49 anni (9,8%), mentre tra gli under 35 si registra solo lo 0,6% dei morti. I lavoratori stranieri sono il 9,6% del totale, con le comunità peruviana (15,4% dei decessi occorsi agli stranieri), albanese (11,5%) e rumena (7,7%) ai primi tre posti. Oltre un quarto delle morti (25,8%) è avvenuto tra il personale sanitario e socio-assistenziale.

A livello territoriale, più di un terzo dei casi mortali è concentrato nel Nord-Ovest (36,1%), seguito da Sud (26,1%), Centro (18,1%), Nord-Est (12,9%) e Isole (6,8%). Le province che contano più decessi da inizio pandemia sono quelle di Napoli (8,0%), Roma (7,8%), Milano (6,5%), Bergamo (6,3%), Torino (4,1%), Brescia (3,9%), Cremona e Genova (2,3% ciascuna), Bari, Caserta e Palermo (2,1% ciascuna), Parma e Salerno (2,0% ciascuna).

Prendendo in considerazione tutti i contagi sul lavoro, il rapporto tra i generi si inverte. La quota delle lavoratrici contagiate sul totale dei casi denunciati, infatti, è pari al 68,3%. La componente femminile, in particolare, supera quella maschile in tutte le regioni, a eccezione della Calabria, della Sicilia e della Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è pari, rispettivamente, al 49,1%, al 46,1% e al 44,4%. Il dettaglio per classe di età mostra come il 42,3% del totale delle denunce riguardi la classe 50-64 anni, seguita dalle fasce 35-49 anni (36,6%), under 35 anni (19,2%) e over 64 anni (1,9%).

Sfogliando le 21 pagine del rapporto, scopriamo che sono circa 3.400 i contagi professionali di insegnanti/professori e ricercatori di scuole di ogni ordine e grado e di università statali e private (riconducibili sia alla gestione dei Dipendenti del Conto dello Stato sia al settore Istruzione della gestione Industria e servizi). Quanto alle attività produttive, il settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili) registra il 64,6% delle denunce codificate; seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità -Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali) con il 9,2%; dal noleggio e servizi di supporto (servizi di vigilanza, di pulizia, call cente) con il 4,4% e dal
trasporto e magazzinaggio con il 4,2%.

Per la prima volta il report della Csa riporta anche il dato delle infezioni di origine professionale riconosciute e indennizzate dall’Inail dall’inizio della pandemia. Al 31 dicembre 2021, l’83% di tutte le denunce è stato riconosciuto positivamente, generando nel 96% dei casi un indennizzo. Per i decessi, invece, la percentuale di riconoscimento si attesta provvisoriamente al 63%.

Il 99% degli indennizzi sono inabilità temporanee, con le menomazioni permanenti pari allo 0,7% e le rendite a superstiti per casi mortali allo 0,3%. L’inabilità temporanea riconosciuta per ogni tipo di indennizzo, fa sapere l’Inail, ha raggiunto complessivamente quasi quattro milioni di giornate, con un numero medio di giorni di assenza dal lavoro, compresi i tre di franchigia, pari a 30. Ecco, dunque, che l’assenza media dal posto di lavoro di un infortunato da Covid-19 risulta di un mese.

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