Nuovo regolamento Ue sulle sperimentazioni cliniche, cosa cambia

sperimentazioni cliniche
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Oggi diviene finalmente applicabile il Regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche di medicinali, dopo ben 8 anni dalla sua approvazione. “I tempi sono stati lunghi (molto più del previsto) perché è stato necessario mettere a punto una complessa architettura informatica – spiega a Fortune Italia Elisa Stefanini, partner dello studio legale Portolano Cavallo – ossia un portale europeo per la gestione delle sperimentazioni cliniche, il Clinical Trial Information System (Ctis), da utilizzare a partire dal momento di invio della domanda di autorizzazione fino alla pubblicazione dei risultati della sperimentazione”.

Elisa Stefanini

Ma perché cambiare le regole del ‘gioco’? “Il regolamento nasce dall’esigenza di aumentare la competitività della ricerca in Europa – riflette Stefanini – schiacciata dalle complessità burocratiche ed amministrative legate alle diverse procedure che devono essere implementate a livello di ciascuno Stato membro per autorizzare una sperimentazione clinica. Procedure diverse da Stato a Stato, con tempistiche e modalità differenti tra loro, che creavano molte difficoltà per le società impegnate in progetti multi-giurisdizionali e che spesso finivano col penalizzare l’Europa e soprattutto quegli Stati all’interno dell’Ue in cui le procedure autorizzative erano particolarmente lente e complesse (spesso anche l’Italia)”.

Questo regolamento ha, quindi, “l’ambizioso obiettivo di portare uniformità a livello europeo: da qui la scelta dello strumento del regolamento che è direttamente applicabile così come approvato in tutti gli Stati membri al posto della direttiva, utilizzata finora, che ha richiesto di essere implementata in ogni Stato con una propria legge che poteva introdurre variazioni da un paese all’altro, pur mantenendo le medesime comuni finalità”, aggiunge il legale.

Non solo. “Ulteriore (e ancor più ambizioso) obiettivo è quello di semplificare e accelerare queste procedure. A tal fine, è previsto, ad esempio, che gli sponsor delle sperimentazioni cliniche dovranno presentare un’unica domanda di autorizzazione tramite il portale indicando gli Stati membri nei quali si svolgerà la sperimentazione e che vi sia una risposta (autorizzazione o diniego) per ciascuno Stato interessato”.

Inoltre “sono previsti tempi di autorizzazione più brevi (60 giorni). In mancanza di una decisione entro detto termine – precisa Stefanini – la sperimentazione può procedere (‘autorizzazione tacita’). Da ultimo, il regolamento mira anche ad ottenere una maggior trasparenza sullo svolgimento degli studi, dalla loro autorizzazione fino alla pubblicazione dei risultati”. Infatti la banca dati europea dovrà essere accessibile al pubblico, a meno che le informazioni in essa contenute ne giustifichino la riservatezza (es. protezione dei dati personali, protezione di informazioni commerciali riservate, ecc.).

Cosa succederà ora? “La situazione è ancora abbastanza confusa a livello operativo – risponde Stefanini – e non è chiaro come gli operatori debbano procedere, per cui è inevitabile che si passerà attraverso una fase di rodaggio, in cui molti saranno i dubbi e le domande”.

“Sicuramente, gli operatori saranno aiutati e un po’ tranquillizzati dal fatto che l’applicazione del regolamento non sia immediatamente obbligatoria, nel senso che è previsto un periodo di transizione di un anno. in cui le domande di autorizzazione di nuove sperimentazioni possono essere presentate sia attraverso il portale europeo con le nuove modalità che seguendo la vecchia procedura, a discrezione dell’operatore”.

Entro tre anni però, e dunque entro il 31 gennaio 2025, “sarà necessario che tutte le sperimentazioni in corso siano “transitate” al nuovo sistema”. E in Italia?  Il nostro Paese “si trova ancor piuttosto indietro nel percorso di adattamento dell’ordinamento interno. Infatti, la legge Lorenzin n. 3/2018, che aveva previsto l’adozione di una serie di decreti ministeriali che avrebbero dovuto, tra l’altro, ‘preparare’ l’ordinamento nazionale all’attuazione del regolamento, 4 anni dopo non sono ancora stati emanati, lasciando aperti numerosi interrogativi. Il principale problema riguarda l’organizzazione dei comitati etici, per renderli in grado di far fronte alle istanze di valutazione delle sperimentazioni nei tempi strettissimi previsti dal regolamento”.

Il progetto di riordino dei comitati etici “prevede la loro sostanziale riduzione a un numero massimo di 40 Comitati etici territoriali oltre ai 3 Comitati etici a valenza nazionale. Questo riordino sarà fondamentale ai fini della corretta distribuzione delle richieste di autorizzazione da valutare: ai comitati etici spetta infatti” il compito di “esaminare i profili etici delle sperimentazioni, incluse le questioni connesse al consenso informato dei partecipanti”, conclude il legale.

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