Covid, crollano nuovi casi e morti ma cosa accadrà dopo l’estate?

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Mentre la fine dell’inverno si avvicina, la curva della quarta ondata Covid in Italia è in netta discesa, e finalmente si riducono anche i morti. Nell’ultima settimana, segnala la Fondazione Gimbe, c’è stato un calo a doppia cifra dei nuovi casi (-32,3%) – ma anche dei tamponi – e 
scendono in modo deciso i ricoveri in area medica (-14,9%) e in terapia intensiva (-18,7%).

Non mancano però le criticità. Non fa presa la stretta sui lavoratori over 50: le vaccinazioni anti-Covid segnano un -43,8% negli ultimi 7 giorni. E dalla Fondazione arriva un monito a Governo e Regioni: Covid-19 non si chiude qui, dunque occorre  disegnare ora, per tempo, le strategie per ridurre l’impatto di nuove possibili ondate dopo l’estate. Con la fine dello stato di emergenza, ormai alle porte, è insomma arrivato il momento di studiare un approccio che ci consenta di convivere con questo virus – che ha un andamento stagionale, ormai lo sappiamo – senza tornare ad affrontare picchi di casi il prossimo inverno. 

Anche perché se l’85,3% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino e l’82,4% ha completato il ciclo, sono 5,1 milioni le persone senza nemmeno una dose vaccinabili subito e 2 milioni i guariti che lo saranno nei prossimi 6 mesi.

Ma vediamo i dettagli del monitoraggio della Fondazione Gimbe: nella settimana 9-15 febbraio 2022, rispetto alla precedente, c’è stata una diminuzione di nuovi casi (439.707 vs 649.345) e decessi (2.172 vs 2.587). Rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Decessi: 2.172 (-16%), di cui 184 riferiti a periodi precedenti
Terapia intensiva: -257 (-18,7%)
Ricoverati con sintomi: -2.735 (-14,9%)
Isolamento domiciliare: -374.398 (-19,6%)
Nuovi casi: 439.707 (-32,3%)
Casi attualmente positivi: -377.390 (-19,6%)


Nino Cartabellotta, presidente Gimbe, segnala come “i nuovi casi Covid registrano per la terza settimana consecutiva una netta flessione: sono circa 440 mila, con una riduzione del 32,3% rispetto alla settimana precedente e una media mobile a 7 giorni che scende da 87.384 casi del 9 febbraio a 62.815 il 15 febbraio (-28,1%). Un crollo imputabile sia al netto calo dei tamponi, sia alla ridotta circolazione virale che rimane ancora elevata, come documenta la sostanziale stabilità del tasso di positività dei tamponi antigenici rapidi”.

In ogni caso nella settimana esame, ad eccezione della Sardegna, in tutte le Regioni si rileva una riduzione percentuale dei nuovi casi: dal -2,3% del Molise al -47,9% della Valle d’Aosta. Scendono da 70 a 14 le Province con incidenza superiore ai 1.000 casi per 100.000 abitanti: Oristano (1.409), Macerata (1.299), Siracusa (1.234), Fermo (1.209), Ascoli Piceno (1.199), Reggio di Calabria (1.176), Bolzano (1.147), Messina (1.115), Lecce (1.108), Sud Sardegna (1.098), Cagliari (1.092), Rieti (1.044), Ancona (1.035) e Ragusa (1.001)

Si confermano le buone notizie sul fronte ospedaliero.  “Scende nell’ultima settimana anche la pressione sugli ospedali – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione – dove i posti letto occupati da pazienti Covid diminuiscono sia in area medica (-14,9%) che in terapia intensiva (-18,7%)”. In particolare, in area critica, dove la discesa è iniziata già da un mese, si passa da 1.717 del 17 gennaio a 1.119 del 15 febbraio; in area medica, invece, l’occupazione scende da 19.913 del 31 gennaio a 15.602 del 15 febbraio. Al 15 febbraio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti Covid è del 23,8% in area medica e dell’11,6% in area critica.

Tutte le Regioni superano ancora la soglia del 15% in area medica; ad eccezione di Basilicata, Campania, Lombardia, Provincia Autonoma di Bolzano, Umbria e Veneto, tutte vanno oltre la soglia del 10% in area critica. “Si conferma un ulteriore calo degli ingressi giornalieri in terapia intensiva – precisa Marco Mosti, direttore Operativo della Fondazione Gimbe – la cui media mobile a 7 giorni scende a 80 ingressi/die rispetto ai 99 della settimana precedente”.

“La discesa della quarta ondata – riflette Cartabellotta – insieme alle elevate coperture vaccinali e all’arrivo della primavera permettono di guardare al futuro con ragionevole ottimismo, al netto di nuove varianti più contagiose o più gravi. Tuttavia, se da un lato questo permette di allentare progressivamente le restrizioni, dall’altro la consapevolezza della stagionalità del virus impone a Governo e Regioni di utilizzare i mesi di tregua per programmare la campagna vaccinale d’autunno, al fine di evitare nuove ondate di ricoveri e decessi, soprattutto in persone anziane e fragili”.

Da tenere in conto anzitutto, viste le attuali incertezze sulla durata della copertura della terza dose sulla malattia grave, “l’eventuale necessità di un richiamo prima del prossimo inverno. In secondo luogo, i non vaccinati (anche se guariti) e i contagiati durante la quarta ondata che non hanno fatto il booster si ritroveranno nuovamente esposti al virus; ancora, il mancato decollo delle vaccinazioni nella fascia 5-11 anni non potrà che ostacolare il normale svolgimento delle lezioni per il prossimo anno scolastico. Infine, con il verosimile termine dello stato di emergenza, l’organizzazione della campagna vaccinale passerà interamente in mano alle Regioni, con il rischio di enfatizzare le attuali difformità in termini di performance. Ecco perché – conclude Cartabellotta – al di là della querelle su green pass e mascherine, è fondamentale volgere già adesso lo sguardo sullo scenario del prossimo autunno-inverno, verosimilmente caratterizzato dalla ripresa stagionale della circolazione virale parallela al declino delle coperture vaccinali”.

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