Dispositivi medici, +30% import dall’Asia

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Se ne era molto parlato un anno fa. Ma poi alle parole non sono seguiti i fatti. “Abbiamo fatto troppo poco per portare in Italia aziende” di dispositivi medici “che hanno all’estero know-how e produzione”, sottolinea Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici, commentando gli ultimi dati sul settore, che conta 4.546 aziende e dà lavoro a 112.534 dipendenti. Ma che registra un calo (a due cifre) della produzione made in Italy e dell’export (-5,3%), con un aumento dell’import (+4,9%), in particolare dall’Asia (+30% negli ultimi due anni).

In dettaglio, i dati del Centro studi di Confindustria Dispositivi Medici mostrano una contrazione del 13% dei dispositivi prodotti in Italia per un valore complessivo di 6 miliardi di euro, a tutto vantaggio di una importazione che ha superato gli 8,5 miliardi.

Acquistiamo per lo più dalla Cina, da cui si registra un incremento delle importazioni del +15,1%, ma a preoccupare le aziende del settore è la crescita esponenziale che hanno subito le importazioni dalla Corea (+309,9%).

Si è fatto sentire anche l’effetto Covid: a fare la parte del leone sono le importazioni di dispositivi per la diagnostica in vitro, come tamponi e reagenti, che crescono del 476% dall’Asia. Cresce del 76,5% anche l’importazione di dispositivi elettromedicali dall’Asia e +113,2% dal Sud America. Diminuisce del 100% l’importazione di attrezzature tecniche dall’Africa e del 38,7% dal Nord America.

Come anticipato l’export registra un generale abbassamento del 5,3% fermandosi a quota 5,4 miliardi, con picchi del -19,5% verso il Regno Unito, del -14,4% verso la Polonia e -12,3% verso gli Usa. Cresce invece l’esportazione verso Belgio (+50%), Paesi Bassi (+6,4%) e Spagna (+6%).

Sono due le criticità che penalizzano il settore in Italia, secondo Boggetti: “La mancanza di una adeguata produzione interna che ci ha spinto a comprare molti beni indispensabili all’estero e la ricerca di prodotti a basso costo che privilegiano il prezzo rispetto alla qualità. In Europa se ne sono accorti e si moltiplicano gli investimenti a rafforzare il tessuto produttivo del comparto nei Paesi membri. Finora abbiamo assistito a molte occasioni perse: laddove Paesi europei gettavano le basi per costruire un mercato interno forte e autosufficiente, l’Italia mancava di visione non investendo sulla creazione di un tessuto produttivo solido e diversificato”.

“La corsa all’acquisto dall’estero di prodotti per affrontare la pandemia – dice Boggetti – il rallentamento delle attività ambulatoriali e l’aumento dei costi delle materie prime come il ferro (+51,6%), l’alluminio e l’acciaio inox (+39,5% e +36,3%), ma anche dei materiali plastici (+34,8%) e della componentistica elettronica (+32,1%) hanno penalizzato il settore presente nel nostro Paese”.

E adesso? “Serve un cambio di paradigma che coinvolga la filiera, il sistema di approvvigionamento, le modalità di valutazione delle performance e dell’innovazione. Ma soprattutto serve incentivare una produzione sia di aziende nazionali che estere sul nostro territorio che renda il Paese più indipendente dalle importazioni dall’estero”, sintetizza il presidente di Confindustria Dispositivi medici. Un po’ sulla falsariga del pharma.

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