Malattie neurodegenerative, cellule trasformate in neuroni per la diagnosi

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Alzheimer e Parkinson sono due malattie neurodegenerative ancora in cerca di terapie efficaci. Ora dalla ricerca italiana –  che vede una ‘cordata’ composta da Istituto Superiore di Sanità, Irccs San Raffaele Roma e Cnr- Istituto di Farmacologia Traslazionale, arriva una nuova  metodica innovativa e a basso costo, che parte da cellule della pelle trasformate in neuroni per la diagnosi di queste malattie. Ma anche per testare strategie terapeutiche e identificare nuovi biomarcatori ‘chiave’.

Lo studio, pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences, rappresenta uno sviluppo della tecnologia di riprogrammazione genetica proposta dal premio Nobel Shin’ya Yamanaka di Kyoto per la generazione di cellule staminali riprogrammate (iPs), ovvero ‘ringiovanite’ artificialmente e riportate a uno stadio di simil-staminali. Questa volta però le cellule non ringiovaniscono, ma si trasformano.

Alla base della metodica c’è infatti la conversione chimica diretta di fibroblasti della pelle dei pazienti in neuroni umani, senza ricorrere ad approcci transgenici, per la ricerca di marcatori di patologia. In pratica queste cellule vengono ‘trasformate’

Il lavoro è stato coordinato da Daniela Merlo, primo ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità e da Enrico Garaci e Massimo Fini, rispettivamente presidente del Comitato scientifico e direttore scientifico dell’Irccs San Raffaele, in collaborazione con il gruppo di ricerca di Cristiana Mollinari,  del Cnr. Lo studio si è avvalso inoltre della collaborazione con la ShanghaiTech University di Shanghai.

“Il sistema per la ricerca di marcatori di patologia è a basso costo e poco invasivo rispetto a metodiche convenzionali – afferma Merlo – e potrebbe in futuro trovare applicazione nella pratica clinica”.

“I neuroni chimicamente indotti – spiega Mollinari – possono essere generati da cellule somatiche del paziente e rappresentano un modello in vitro, riproducibile in un tempo relativamente breve, per lo studio di meccanismi patogenetici delle malattie neurologiche”.
“Inoltre, il modello è perfetto per testare strategie terapeutiche e studi di medicina personalizzata”, concludono Fini e Garaci.

Questo protocollo evita il ringiovanimento dei fibroblasti e, quindi, la perdita delle caratteristiche epigenetiche acquisite con l’età. Ecco perché può essere da subito utilizzato in studi pilota per la diagnosi di malattie neurodegenerative.

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