Allergie di primavera e Covid, come distinguere i sintomi

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Tosse, occhi rossi, naso che cola, prurito? Le tanto detestate mascherine anti-Covid hanno avuto un effetto ‘collaterale’ positivo: quello di proteggere numerosi allergici dall’attacco di polvere e pollini. Ma se l’inizio della primavera è associato alla diffusione delle allergie, cosa sta accadendo in questi anni di pandemia?

Assosalute, l’Associazione di settore di Federchimica che rappresenta i produttori di farmaci di automedicazione, ha  indagato su questi temi con l’aiuto di Giorgio Walter Canonica, direttore del Centro medicina personalizzata asma e allergologia – Istituto Clinico Humanitas, Milano. Che parte dai sintomi, e ci aiuta a distinguere quelli della rinite allergica da quelli di Covid-19. Confermando, oltretutto, che gli allergici sono meno sensibili all’infezione da parte del coronavirus.

Nonostante interessino entrambi le vie respiratorie, “i sintomi della rinite allergica e asma e quelli del Sars-CoV-2 sono differenti”, precisa Canonica. “Quelli della rinite allergica sono sostanzialmente naso chiuso, starnuti, naso che cola di un muco acquoso o poco denso e tendenzialmente bianco, e anche, molto spesso, un’irritazione del palato, talvolta accompagnata da tosse e starnutazione.” Per quanto riguarda l’asma, continua il Professore, “la sintomatologia include anche fischi, sibili, fame d’aria, costrizione dei bronchi, e la cosiddetta dispnea in caso di attacco asmatico.” Se però i sintomi nasali non sono presenti e si osservano febbre, tosse secca, difficoltà respiratorie, fatica, e, soprattutto, perdita del gusto e dell’olfatto, “è indicato consultare il proprio medico di base per la valutazione di una possibile infezione da Sars-CoV-2”.

Poi la buona notizia. Le misure adottate dagli italiani negli ultimi anni per contrastare la diffusione del Sars-CoV-2 si sono rivelate decisive anche per l’incidenza dei disturbi della rinite allergica. L’utilizzo delle mascherine, infatti, “è stato determinante per quanto concerne la minore inalazione dei pollini e, dunque, sull’incidenza di disturbi legati alle allergie respiratorie”, conferma Canonica, “anche se in misura inferiore per gli allergici indoor, più esposti agli allergeni presenti negli ambienti chiusi, come quello domestico, dove non si indossa la mascherina e nei quali siamo stati comunque di più durante la pandemia”.

“Per quanto concerne quest’anno, sarebbe però sbagliato sostenere che il rischio di una maggiore diffusione di sintomatologie riconducibili alle allergie non si possa verificare, considerato il progressivo allentamento delle misure restrittive per arginare il rischio di contagio da Sars-CoV-2”.

Nonostante la mutazione del virus dell’ultimo anno, Canonica conferma comunque che “gli individui allergici e quelli asmatici sono meno sensibili all’infezione da parte del coronavirus, come diversi studi condotti dall’inizio della pandemia di Covid-19 a oggi hanno evidenziato.” “Questo perché”, spiega, “il meccanismo immunologico che determina l’allergia ha un effetto di diminuzione dei recettori del Sars-CoV-2 sulle cellule delle mucose respiratorie, che si traduce in un rischio minore di essere infettati”.

In altri termini, “la prevalenza di infezioni respiratorie nei soggetti allergici è minore poiché il meccanismo dell’allergia e l’esposizione a quest’ultima fa diminuire il numero di recettori per Covid-19 sulle cellule epiteliali delle mucose respiratorie. Questo è stato confermato osservando direttamente le cellule, ma anche attraverso la stimolazione con l’allergene dei bronchi del soggetto”.

Non ci sono più le mezze stagioni. Ed “è difficile oggi parlare di stagione delle allergie, perché il cambiamento climatico”, spiega Canonica, ha influito “decisamente anche sull’incidenza delle allergie”. Questo significa che le stagioni di pollinazione sono aumentate e risultano essere più precoci. Nello specifico, “l’innalzamento delle temperature ha modificato il ciclo vitale delle piante, originando cambiamenti nella distribuzione e concentrazione degli allergeni e determinando un’anticipazione o prolungamento della stagione pollinica”.

“Uno studio sulla stagione della fioritura della parietaria (pianta angiosperma dicotiledone, diffusa in tutta Italia) nel corso di un periodo di 23 anni”, racconta Canonica, “ha evidenziato che la stagione della pollinazione di questa specie si è allungata di 90 giorni l’anno, ovvero tre mesi in più di quanto non succedesse precedentemente. Un mutamento dovuto prevalentemente alle variazioni climatiche degli ultimi anni”.

Per prevenire e gestire le allergie, in casa o al lavoro (o in generale nei luoghi chiusi), Canonica consiglia di arieggiare frequentemente i locali per evitare un eccesso di umidità che, inevitabilmente, si viene a creare negli ambienti chiusi. “Anche se è bene ricordare che aprendo le finestre ci si espone al rischio di inalazione di pollini. Si tratta quindi di bilanciare, perché non c’è purtroppo la ricetta vincente per risolvere il problema, e va tutto valutato nel contesto e nel modo giusto”.

Sicuramente, poi, “un comportamento che prevede la cura e il rispetto dell’ambiente, una sorta di “prevenzione ambientale”, è il primo passo per prevenire l’insorgere delle allergie. La prima regola per un soggetto allergico è infatti stare il più lontano possibile dalla causa dell’allergia, anche se non è sempre facile prevenire l’esposizione ai pollini.”

Anche i farmaci da banco o di automedicazione, possono rappresentare un alleato per alleviare i sintomi derivanti da allergie respiratorie. Tra questi, Canonica consiglia “farmaci antistaminici e antiallergici disponibili come spray nasali, colliri e compresse a cui si aggiungono anche decongestionanti nasali (da usare con cautela)”. Nello specifico, e per quanto riguarda la rinite allergica, “si può ricorrere ad antistaminici di seconda generazione, disponibili anche senza ricetta e, solo sotto prescrizione, a steroidi nasali e a farmaci a base di antileucotrieni o salbutamolo al bisogno, indicati anche per la terapia dell’asma pediatrica. Si ricorda, comunque, che l’asma è una malattia che richiede un adeguato inquadramento clinico”.

“I farmaci di seconda generazione, poi, riuscendo ad agire contro l’istamina in modo più selettivo”, precisa, “sono soprattutto indicati agli individui allergici che trascorrono 6-8 ore davanti al Pc per lavoro o per altri motivi, poiché questi medicinali non danno effetti sedativi, garantendo perciò un buon rendimento lavorativo.”

Si consiglia comunque “di rivolgersi al proprio medico curante o al proprio allergologo di fiducia per verificare la sintomatologia e se bisogna raccomandare una cura personalizzata”, conclude Canonica.

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