Ricerca italiana non più Cenerentola: intervista al ministro Messa

maria cristina messa
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La ricerca italiana è stata a lungo trascurata sul fronte degli investimenti. Ora si cambia, con l’obiettivo di valorizzare i talenti, favorire il trasferimento tecnologico e (finalmente) colmare il gender gap. Intervista a Maria Cristina Messa, ministra dell’Università e della ricerca. La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di aprile 2022.

La terza edizione della relazione sulla ‘Ricerca e l’innovazione’ del Cnr conferma l’eccellenza della ricerca pubblica italiana. Laureati e dottorati sono molto apprezzati all’estero, dove c’è la possibilità di accedere a stipendi molto più elevati.

Cosa manca per invertire questa tendenza alla fuga delle nostre menti migliori, formate grazie a investimenti italiani?

Credo che le azioni da intraprendere siano principalmente due e coinvolgano non solo il sistema universitario ma, in generale, la nostra società. Da un lato la valorizzazione delle competenze, sia nel sistema pubblico che in quello privato. La Pubblica amministrazione dovrebbe valorizzare di più i giovani laureati e offrire opportunità migliori sia salariali che di autonomia e di posizione in carriera. Anche il privato tende a valorizzare poco queste figure. Dall’altro – in questo caso l’Università può fare molto – è necessario chiarire i percorsi delle carriere universitarie e degli enti di ricerca, anche attraverso una promozione più evidente del merito.

Rispetto a questo secondo punto, ci sono iniziative che il suo dicastero intende realizzare?

Abbiamo in studio diversi progetti che riguardano innanzitutto il nostro sistema di valutazione. Siamo in costante dialogo con Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) per chiarire i parametri che dovremmo usare per definire il merito, che potrebbero essere differenti rispetto al passato. Un altro aspetto riguarda ciò che abbiamo inserito nella legge di Bilancio di quest’anno: abbiamo aumentato i fondi per enti e università, parte dei quali saranno utilizzati per il reclutamento. Che, abbiamo specificato nella legge, deve avvenire per la valutazione sia dell’attività scientifica che di quella didattica e anche della ‘terza missione’ (gestione della proprietà intellettuale, creazione di imprese, ricerca conto terzi, in particolare derivante da rapporti ricerca-industria, ndr).

Parlando di ‘terza missione’, lo scarso livello di trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca pubblica è un tallone d’Achille dell’innovazione italiana. Per ovviare al problema, a inizio secolo nacquero uffici di tech transfer e parchi tecnologici volti a favorire la valorizzazione dell’innovazione. Rispetto a molti altri Paesi però siamo ancora indietro. Si tratta solo del pregiudizio rispetto alla collaborazione pubblico-privato?

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un avvicinamento forte di queste sfere della ricerca e dell’innovazione. Bisogna favorire la nascita di tante start-up e spin off, accettando che una quota di queste non riesca ad andare avanti. È fondamentale elaborare anche il concetto di fallimento. Occorre poi integrare i centri di trasferimento tecnologico con competenze che vadano oltre quelle giuridiche. Intendo le competenze afferenti al mercato di riferimento dell’innovazione. Dobbiamo inserire figure che abbiano queste expertise più allargate.

Insomma, il lato ‘business’ dei centri di tech transfer è ancora carente e siamo lontani dal trasferimento tecnologico all’americana o alla canadese…

Sì. Dobbiamo integrare ciò che manca. Una buona idea sarebbe l’istituzione di master per la formazione di queste figure professionali.

Entro il 2026 arriveranno i finanziamenti del Next generation Eu per la realizzazione di quanto previsto dal Pnrr: ricerca e innovazione potranno essere elemento di traino di un’economia competitiva e sostenibile?

Nel Pnrr abbiamo circa 6 mld di euro per finanziare 60 grandi progetti che saranno selezionati attraverso un processo competitivo tra cordate che uniscono pubblico e privato: attuare la struttura che abbiamo immaginato, dove enti di ricerca, accademia e imprese devono per forza collaborare per realizzare obiettivi di grande impatto in tema di digital e green, credo rappresenti proprio la sfida per il settore della ricerca italiana che dobbiamo riuscire a vincere. Il raggiungimento di alcuni obiettivi posizionerà il nostro Paese a un livello più competitivo, fondamentale sia alla luce della situazione internazionale che stiamo vivendo, ma anche in prospettiva per le nuove generazioni. Al contempo stiamo agendo a favore di un cambio di mentalità che porti a una forte collaborazione tra accademia e impresa.

Si è da poco celebrata la Giornata internazionale della donna: il gender gap a sfavore delle donne nell’accesso alle materie Stem, nei piani di carriera e nei livelli retributivi è sempre molto forte. Università e ricerca su quali leve possono agire per favorire un maggiore equilibrio di opportunità tra generi?

Possiamo agire a vari livelli. Per studentesse e studenti significa incentivare le donne a intraprendere corsi nelle materie Stem. In questo caso c’è la volontà del governo, che si traduce anche nell’aumento del 20% del finanziamento di borse di studio ad hoc. Così come l’impegno degli atenei attraverso iniziative proprie.

Quanto alle ricercatrici, già oggi superano numericamente i ricercatori. Per favorire un equo sviluppo di carriera adottiamo misure che non impediscano la conciliazione tra lavoro e famiglia. Che significa, ad esempio, la non penalizzazione delle carriere per i periodi di maternità.

Bisogna inoltre stimolare una maggiore parità di genere nel top management. C’è molto da fare su questo punto. I professori ordinari donna non raggiungono il 30% del totale. Bisogna incentivare commissioni in cui siano presenti più donne. Analizzando i bilanci di genere degli atenei bisogna darsi obiettivi di parità da raggiungere.

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di aprile 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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