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Quante volte, nella vita che ci impone schemi ripetitivi e modelli organizzativi da riprodurre pedissequamente, abbiamo sognato di “spezzare” le catene e lasciarsi andare ad una ventata di sano impazzimento professionale.

E quanto volte, di fronte a chi riesce in un attimo ad esprimere con poche parole, con un’immagine o con una rappresentazione grafica un concetto ci siamo inchinati di fronte a questa capacità. Ebbene, se vi trovate in questa condizione, sappiate che a prescindere da quanto madre Natura e la genetica ci hanno offerto insieme all’educazione creativi non solo si nasce. Ma si può diventare. Esattamente riproducendo con la fantasia quella tremenda spontaneità dei più piccoli, che negli adulti si manifesta in chi vive d’arte o riveste comunque compiti legati all’intuizione ed alla possibilità di “inventare”.

A far pensare che “tutti i grandi sono stati bambini”, come ricordava Saint-Exupery, ma possono ancora tornarlo in termini di creatività è un articolo scientifico pubblicato da un team di ricercatori coordinati da Angus Fletcher, dell’Università dell’Ohio. La fonte cui abbeverarsi virtualmente se si sono inaridite le sorgenti della creatività soggettiva, stando a quanto appare su Annals of the New York Academy of Sciences, passa attraverso la narrazione.

Grazie ad un approccio chiamato Project Narrative, a detta degli esperti, si può pensare di recuperare l’ambizione verso l’innovazione e riaccendere l’intuizione, semplicemente facendo lo sforzo di creare “storie” che ci vedono protagonisti. Attenzione: la strategia del racconto non deve partire dalla realtà quotidiana. Piuttosto è meglio lasciarsi andare a fantasie specifiche legate al mondo del lavoro.

Un esempio che viene citato? Pensate, professionalmente, al cliente/utente più strano e deviante che avete, quale che sia la vostra occupazione. E poi provate a creare una narrativa che preveda tutti i vostri stakeholder che si comportano nello stesso modo. Insomma: a tutti i livelli si può diventare creativi, senza dover necessariamente alzare bandiera bianca partendo dalle nostre oggettive limitazioni.

L’importante, a detta degli esperti, è non pensare al cervello come ad un macchinario che si basa sulla logica. Se si vuole estrarre la propria creatività, meglio evitare si percorrere strade che non si sono dimostrate troppo efficienti, come seguire una serie di esercizi che riescano ad allargare le capacità per sviluppare un pensiero analogico che può apparire divergente.

Stando a quanto riporta il “metodo” già testato in ambiti aziendali e formativi, occorre trasformarsi in scrittori, al punto di creare panorami davvero nuovi o comunque alternativi nel nostro modo di pensare, senza avere lo stress che queste lateralità di pensiero possano o meno svilupparsi, attraverso la sfida di immaginare il proprio lavoro in condizioni di grande difficoltà legata ad un mutamento copernicano di abitudini e pensieri di clienti interni ed esterni o a prospettive diverse.

Appare importante ad esempio mettere alla prova un dirigente per farlo ragionare come un sottoposto all’interno dell’azienda, proponendo soluzioni specifiche che dal suo punto di vista magari non vengono nemmeno ipotizzate. O magari fare il contrario. Solo dando libero sfogo alla fantasia, anche a costo di apparire devianti, si può immaginare e disegnare il futuro, senza che questo poi si verifichi.

L’importante è far “viaggiare” la mente fuori dai confini che l’attività professionale impone. Così, a detta degli studiosi, la creatività riprenderà a sgorgare. Sia che si sia fantasiosi ed immaginifici, sia invece se queste mete a volte irrazionali e non necessariamente legate alla realtà del pensiero siano raggiungibili.

Insomma: torniamo bambini, prima che scuola ed educazione ci rinchiudano nel percorso di apprendimento. E buona fantasia a tutti, per trovare soluzioni alle richieste che il mondo del lavoro propone.

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