Tumore al pancreas, nuova vita per un ‘vecchio’ farmaco?

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Un tumore particolarmente insidioso è al centro di una sperimentazione approdata alla fase clinica, che vede protagonista un farmaco già approvato per diverse indicazioni. È stato arruolato a Verona il primo paziente per lo studio Orientate, un trial che esplorerà il “riposizionamento” – o utilizzo alternativo – del farmaco decitabina contro l’adenocarcinoma duttale pancreatico, meglio noto  come cancro del pancreas, in fase avanzata e resistente alle terapie.

Lo studio clinico nasce dall’idea di due ricercatori, Luca Cardone del Cnr e dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (Ire) – Irccs di Roma, promotore dello studio, e Michele Milella, professore di Oncologia dell’Università di Verona e direttore dell’Uoc di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona.

Il cancro del pancreas è estremamente aggressivo con prognosi infausta. La maggior parte dei pazienti con questo tipo di tumore presenta una malattia metastatica avanzata al momento della diagnosi. La prognosi sfavorevole è legata al fatto che le poche opzioni terapeutiche a disposizione hanno un’ efficacia fortemente limitata dalla resistenza dei tumori ai trattamenti farmacologici. In quasi tutti i casi sono presenti mutazioni del gene KRAS che stimolano le cellule pancreatiche a crescere in modo incontrollato, favorendo lo sviluppo e la progressione del tumore. Tuttavia, la mutazione del gene KRAS oltre ad essere responsabile della malattia ne può rappresentare anche una sua vulnerabilità.

Infatti, una parte dei tumori avanzati rimane dipendente da questo gene per crescere. Questi tumori possono essere identificati e selezionati mediante una diagnostica innovativa e la ricerca ha già dimostrato in vari modelli pre-clinici che i tumori KRAS-dipendenti sono sensibili all’azione di un noto farmaco, la decitabina già approvato dall’American Food & Drug Administration (Fda) per il trattamento della mielodisplasia e della leucemia mieloide acuta.

Il nuovo studio di fase II indagherà l’attività della decitabina su pazienti con cancro al pancreas KRAS-dipendente avanzato e resistenti alle terapie. Il primo soggetto è stato arruolato oggi a Verona, struttura che vanta una grande esperienza nel trattamento di questo tumore. Lo studio multicentrico coinvolgerà, oltre all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e all’Aoui di Verona, importanti centri oncologici italiani quali il Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, l’Istituto Nazionale Tumori “Fondazione G. Pascale” di Napoli, l’Ospedale San Raffaele/Università Vita Salute di Milano, e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa.

L’Anticancer Fund finanzia la ricerca con un importo che sfiora i 225.000 euro. Lo studio è supportato anche dall’Associazione Nastro Viola.

“Questo è un approccio molto innovativo al trattamento del cancro del pancreas. Non esistono farmaci per colpire le mutazioni che attivano KRAS nel cancro del pancreas, quindi qui la decitabina lo farà indirettamente. Inoltre, i ricercatori selezioneranno i tumori che presentano questo specifico biomarcatore di risposta alla decitabina, utilizzando un approccio personalizzato basato sulla profilazione trascrittomica”, afferma la professoressa Ilse Rooman, direttrice del programma di ricerca sul tumore del pancreas presso l’Anticancer Fund.

“C’è un’enorme necessità di migliorare la prognosi dei malati di cancro al pancreas attraverso terapie efficienti e personalizzate – sottolinea Luca Cardone – Siamo grati per il contributo dell’Anticancer Fund e di Nastro Viola a sostegno del primo studio di riutilizzo di farmaci personalizzati guidato da biomarcatori in pazienti con carcinoma pancreatico avanzato. Si tratta di una sperimentazione innovativa per questa patologia, frutto di diversi anni di ricerca oncologica biocomputazionale e sperimentale”.

“Questo studio – aggiunge Milella – aggiunge un’altra importante possibilità di trattamento per i pazienti con adenocarcinoma del pancreas avanzato e si basa sull’esperienza di profilazione genomica effettuata a Verona. Le vulnerabilità genomiche identificano potenziali trattamenti in circa il 25-30% dei pazienti e speriamo che i test trascrittomici per la dipendenza da KRAS aggiungano un’altra opzione per questi pazienti”.

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