Forum PA, la sfida: premiare il merito e attrarre giovani competenti

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La Pubblica amministrazione italiana è in fase di ripresa, ma non è ancora pronta a ripartire e dovrà recuperare in fretta. Sono ben 484 i mld di euro che, grazie al Pnrr, saranno destinati alla Pa italiana, chiamata ad accelerare, ad imparare in tempi brevi per sviluppare progettualità atte a gestire le risorse in arrivo.

Se ne è parlato nell’ambito del Forum Pa “Il paese che riparte”, durante il quale è stata presentata la ricerca sul lavoro pubblico 2022 realizzata da FPW.

“Siamo di fronte ad una sfida senza precedenti, serve quindi con urgenza che la Pa passi dalla cultura dell’adempimento a quella del risultato – commenta Gianni Dominici, direttore generale di Forum Pa – La Pa deve diventare più attrattiva per i giovani competenti, rafforzare identità, motivazione e appartenenza dei dipendenti, condividere un progetto comune con le nuove generazioni. Si deve costruire un’organizzazione agile basata su obiettivi e risultati, premiare il merito, riconoscere le elevate professionalità e sostenere la formazione”.

Fra spese straordinarie e aggiuntive da programmare, gestire, monitorare e rendicontare, parliamo di una media 54 miliardi l’anno che saranno disponibili dalla fine del 2021 al 2029. Questa quantità di risorse senza precedenti dovrà essere utilizzata e coordinata da una Pubblica Amministrazione che sia “in ottima salute”. Ma il processo di ammodernamento, seppur in atto, pare comunque lento e contrastato.

I dipendenti pubblici italiani sono 3,2 milioni. Parliamo del 14,5% del totale degli occupati, e siamo ben distanti dai 5,7 milioni della Francia, 5,3 milioni del Regno Unito e i 5 milioni della Germania. L’età media si  attesta sui 50 anni, per l’aggiornamento si spendono poco più di 40 euro all’anno a persona, ed il dato positivo, ovvero che il 42,6% del personale impiegato nella Pa italiana è laureato, è oscurato dal fatto che si tratti in prevalenza di lauree in materie giuridiche, adatte a gestire procedimenti più che progetti.

Si punta quindi tanto sui nuovi concorsi pubblici, che dovranno essere svolti in tempi brevi e con nuove regole. Ma su 55 grandi concorsi indetti tra il 2019 e il 2021, 30 di cui conclusi e 25 ancora in corso, sono stati assegnati appena 14,5 mila posti fra i 103 mila messi a bando. Sono quindi oltre 88 mila, in gran parte nella scuola, i posti ancora vacanti.

E interessante anche valutare l’impatto dei pensionamenti sul dato totale. Al 1° gennaio 2022 sono state 3.082.954 le pensioni da lavoro pubblico, in aumento dell’1,8% rispetto all’anno precedente, con una spesa da 79.203 milioni di euro. L’Inps rivela che i dipendenti pubblici andati in pensione nel 2021 sono 146.110, con un’età media di 65,6 anni. Per effetto del mancato turnover, a fine 2022 avremo circa 94,4 pensioni erogate ogni 100 contribuenti attivi, ed erano 73 nel 2002.

Nell’ultimo anno si è assistito quindi ad una crescita percentuale dei pensionamenti per anzianità, il 59% del totale rispetto a quelli per vecchiaia, che sono il 17,8%, effetto anche di “Quota 100” che era entrato in vigore nel 2019 e si è concluso a dicembre 2021, di cui hanno beneficato nel triennio 166 mila impiegati pubblici. A partire dal 1° gennaio 2022, per 12 mesi è attiva la cosiddetta “Quota 102” e 169 mila lavoratori pubblici che nel 2022 avranno maturato 38 anni di anzianità, 430 mila avranno età compresa tra i 62 e i 66 anni, per cui è presumibile un’ulteriore accelerazione di uscite.
Il ministro Renato Brunetta crede molto in una Pubblica amministrazione che sappia rinnovarsi e dimostrarsi al passo con i tempi, ed aveva già annunciato l’obiettivo di “4 milioni di dipendenti pubblici con un’età media di 44 anni e competenze adeguate”, da raggiungere entro il 2028.

Tenendo conto anche dei previsti 500mila pensionamenti, entro 6 anni bisognerebbe assumere quasi 1,3 milioni di persone – circa 200 mila ogni anno – con un’età media di 28 anni, avviando un grande piano di formazione impostato su un’analisi delle necessarie competenze.

Qualcosa però si sta già muovendo, e di fatto è stato rispettato il timing previsto per il 2023, con una campagna di reclutamento che ha raccolto grandi adesioni e sta rispettando la tabella di marcia, portando nel settore pubblico giovani qualificati. È quella per i così detti “professionisti del Pnrr”, per cui nel solo 2021 sono state ricevute 160 mila candidature e sono già oltre 15 mila le assunzioni a tempo determinato realizzate (sommando procedimenti realizzati, conclusi e in corso d’opera). Una quota superiore al 50% del totale previsto, che indica il rispetto del timing fissato entro il 2023.

La stabilizzazione può rappresentare un ulteriore passo in avanti verso il raggiungimento degli obiettivi. Sono infatti circa 416 mila le persone inserite nella Pa con contratti di lavoro flessibile. Quindi, nella Pa ci sono 14 dipendenti con contratti a termine ogni 100 stabili, di cui il 70% è assorbito dal comparto Istruzione e ricerca, settore con 292 mila precari. Ma dal 2022, con l’ingresso di oltre 45mila profili tempo determinato per il Pnrr già nel triennio iniziale, l’incidenza del personale a tempo determinato delle amministrazioni pubbliche è destinata ad aumentare.

Alla Pa spetta quindi il ruolo di guidare l’Italia nel percorso che possa finalmente consentirle di recuperare il ritardo digitale e diventare più competitiva. Ma per riuscirci è fondamentale costruire un’adeguata macchina amministrativa, dotata di competenze digitali e capacità d’innovazione. Per vincere la sfida della ripartenza saranno le persone a fare la differenza.

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