La fine del diritto all’aborto in Usa

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Si torna indietro di 50 anni. La Corte Suprema degli Stati Uniti, con 6 voti a favore e 3 contrari, ha annullato la sentenza che da mezzo secolo garantisce alle donne il diritto di abortire. Adesso i singoli Stati applicheranno le proprie leggi interne in materia. Viene abolita, infatti, la storica sentenza Roe vs Wade con cui, nel 1973, la stessa Corte aveva riconosciuto alla texana Norma McCorvey il diritto di interrompere la gravidanza. Con un capovolgimento destinato a fare rumore, le figlie avranno meno diritti delle madri.

“La Costituzione non garantisce un diritto all’aborto”, si legge nella sentenza appoggiata dalla maggioranza conservatrice della Corte che ribadisce che “l’autorità di regolare l’aborto torna al popolo ed ai rappresentanti eletti”, vale a dire autorizza gli stati alla possibilità di vietarlo.

“La Roe è stata sbagliata in modo eclatante sin dall’inizio” ha scritto nell’opinione della maggioranza il giudice Samuel Alito riferendosi alla sentenza del 1973. “La sua argomentazione era eccezionalmente debole, e ha avuto dannose conseguenze. Piuttosto che portare a un accordo nazionale sulla questione dell’aborto, ha infiammato il dibattito e aumentato le divisioni”.

La decisione, destinata a provocare un terremoto negli Stati Uniti, conferma dunque la legge approvata dal Mississippi che vieta l’aborto dopo le prime 15 settimane, in contrasto con quanto stabilito dalla Roe, che lo rendeva possibile fino a 24 settimane. Sono oltre una ventina gli Stati, in maggioranza in stati del Sud e Mid West a guida repubblicana, che hanno approvato leggi restrittive sull’aborto, se non veri e propri divieti. Provvedimenti che hanno fatto discutere ma che di fatto vengono legittimati dalla decisione di oggi della Corte Suprema. Una vittoria storica per il movimento conservatore e pro life americano

Ora la ‘palla’ passa ai singoli Stati americani. Questo vuol dire che l’aborto potrebbe essere vietato in 22 stati che hanno varato leggi, dette ‘trigger law’, destinate ad entrare in vigore immediatamente dopo la sentenza della Corte Suprema. Per 13 stati – Arkansas, Idaho, Mississippi, Missouri, North Dakota, Kentucky, Louisiana, Oklahoma, South Dakota, Tennessee, Texas, Utah e Wyoming – le leggi prevedono che il divieto entri in vigore praticamente in modo immediato. Magari dopo la firma di un’opinione, come ha fatto oggi l’attorney general del Missouri. Poi c’e’ un altro gruppo di stati – Georgia, Idaho, Iowa, Michigan, South Carolina, Texas, West Virginia, Alabama e Ohio – dotati di leggi per mettere al bando l’aborto ma non in vigore da subito.

Gli esperti comunque prevedono settimane e mesi di manovre legali per ammortizzare il terremoto provocato dalla decisione di oggi della Corte, con la conseguenza di “un caos immediato totale” per le pazienti e per i medici, spiega Greer Donley, docente di salute riproduttiva alla University of Pittsburgh Law School. La sentenza della Corte crea una geografia frammentata degli Stati Uniti per quanto riguarda il diritto all’aborto, con donne che saranno costrette “nella situazione impossibile di fare lunghissimi viaggi o essere costrette a portare a termine gravidanze indesiderate”, ha detto Bethany Van Kampen, di Ipas, un gruppo pro choice. Secondo una stima del Guttmacher Institute circa 33 milioni di donne in età fertile si troveranno a vivere in stati che hanno già o prevedono di avere leggi che vietano e restringono nettamente il diritto all’aborto.

Intanto non mancano le voci di protesta, anche a livello politico. “Questa sentenza crudele è oltraggiosa e straziante. Ma non commettete errori: a novembre voteremo sui diritti delle donne e di tutti gli americani”. Così in una nota la speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi. “Oggi, la Corte Suprema controllata dai Repubblicani ha raggiunto l’obiettivo oscuro ed estremo del Gop di strappare alle donne il diritto di prendere le proprie decisioni sulla salute riproduttiva. A causa di Donald Trump, Mitch McConnell, del Partito Repubblicano e della loro supermaggioranza alla Corte Suprema, oggi le donne americane hanno meno libertà delle loro madri – afferma Pelosi in una nota – Eliminata la Roe, i repubblicani radicali stanno portando avanti la loro crociata per criminalizzare la libertà sanitaria. Al Congresso, i repubblicani stanno progettando un divieto di aborto a livello nazionale. Negli Stati, i repubblicani vogliono arrestare i medici che offrono cure riproduttive e le donne che interrompono una gravidanza. Gli estremisti del Partito Repubblicano minacciano addirittura di criminalizzare la contraccezione, la fecondazione in vitro e le cure post-aborto”. Ma la speaker della Camera assicura: “I democratici continueranno a lottare ferocemente per sancire per legge la Roe v. Wade”.

“Oggi la Corte suprema non solo ha annullato quasi 50 anni di precedenti, ha relegato la decisione più intensamente personale che qualcuno possa prendere ai capricci di politici e ideologi, attaccando le libertà essenziali di milioni di persone”, ha scritto l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama in un tweet.

Intanto esulta il movimento pro life. “Per quasi 50 anni la Corte Suprema ha imposto una politica di aborto estrema e non popolare, oggi la possibilità di determinare se e quando limitare l’aborto è tornato al popolo americano” ha detto Jeanne Mancini, presidente di March for Life. “Deve essere notato che questo giorno storico per la democrazia non sarebbe stato possibile senza la leadership e l’impegno per la vita del presidente Donald Trump, grazie Mr President”, ha dichiarato Brooke Rollins presidente dell’America First Policy Institute, ricordando che questo risultato non sarebbe stato possibile se Trump non avesse nominato ben 3 giudici conservatori della Corte Suprema durante il suo mandato.

Già prima della diffusione della decisione della Corte, centinaia di persone, in maggioranza donne, si sono riunite per protestare di fronte all’edificio che ospita il massimo organismo giuridico americano. E le principali organizzazioni pro choice hanno diffuso un comunicato in cui denunciano “ogni tattica e minaccia di gruppi che usano la distruzione e le violenza come mezzo, non parlano per noi, i nostri sostenitori, le nostre comunità e il nostro movimento”, si legge nella dichiarazione di Planned Parenthood, Naral Pro-Choice America e Liberate Abortion Campaign. “Siamo impegnati a proteggere ed espandere l’accesso all’aborto e alla libertà riproduttiva attraverso un attivismo pacifico e non violento”. C’è da scommettere che questo sia solo l’inizio.

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