Quasi 100 studi in Italia su 11 tumori, la pipeline AstraZeneca

Conferenza AstraZeneca
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È una conferenza ‘muscolare’, una vera e propria prova di forza da parte di AstraZeneca (AZ), quella che sta andando in scena al centro congressi ‘La Nuvola’ di Roma in questi giorni. Nella due giorni romana, verrà presentata infatti, davanti a 400 tra oncologi ed ematologi italiani, la vision e la concretezza di una pipeline in oncologia e onco-ematologia, che probabilmente non ha eguali nel panorama generale. Quasi 100 gli studi dalla fase 1 alla 3 finanziati in questo momento da AZ in Italia, per individuare trattamenti innovativi per 11 patologie del settore (tumori del polmone, mammella, ginecologici, sangue, prostata, vescica, stomaco, fegato, pancreas, cervice uterina, tratto gastro intestinale) e soprattutto per spostare sempre più indietro le lancette dell’orologio per il timing delle terapie innovative, per proporle già prima dell’intervento chirurgico.

Perché la grande rivoluzione concettuale dell’oncologia di oggi, che sta prendendo corpo e realtà grazie a farmaci del calibro di osimertinib, acalabrutinib e trastuzumab-deruxtecan, è di non accontentarsi più di ‘cronicizzare’ il tumore, ma di puntare alto, alla sua guarigione. Obiettivi ambiziosi, da ottenere smarcando tanti passaggi. Prima di tutti quello della diagnosi genetica e genomica precoce, in un’Italia in cui l’accesso non solo alle terapie innovative, ma anche alla diagnostica moderna, non è garantito allo stesso modo in tutte le Regioni.

Ma nonostante le tante difficoltà, il progresso è un fiume in piena, inarrestabile. Come dimostra anche l’accorata campagna del ‘diritto all’oblio’ (‘Io non sono il mio tumore’), sostenuta da Aiom e a Favo, con il supporto di AstraZeneca. Di cancro oggi si può guarire e i ‘guariti’ (guai a chiamarli ‘survivors’!) hanno diritto ad essere ‘dimenticati’ nella loro dimensione di pazienti oncologici, che li condiziona in tanti passaggi della vita di tutti i giorni (provate a stipulare un’assicurazione o a chiedere un mutuo con la ‘lettera scarlatta’ dello status di paziente oncologico…). Una campagna che solo qualche anno fa sarebbe sembrata utopica, mentre oggi rappresenta una concreta battaglia di civiltà, da portare avanti in tutta Europa. E che è resa possibile anche e soprattutto grazie ai successi della ricerca farmacologica.

Una rivoluzione quella delle nuove terapie in oncologia, che non può tuttavia prescindere da un nuovo modo di lavorare in team multidisciplinari, affiancati più di recente dai molecular tumor board. E il ‘premio’ in termini di salute pubblica sta assumendo sempre più corpo e consistenza: nell’arco degli ultimi 6 anni l’abbattimento di mortalità per tumore è stato del 10% tra gli uomini e dell’8% tra le donne.

Migliorare questi numeri è un traguardo molto ambizioso ma a portata di mano, secondo Mirko Merletti, vice-presidente Oncology di AstraZeneca. “Il nostro obiettivo, come azienda – afferma Merletti – è quello di sviluppare e sostenere la ricerca in Italia, di farla diventare sempre più attrattiva a livello internazionale, di facilitare il confronto trasversale tra tutti gli interlocutori, su tematiche di comune interesse, per trovare soluzioni condivise”.

Mirko Merletti vice presidente Oncology AZ

Il nuovo paradigma in oncologia è di offrire i trattamenti innovativi in una fase sempre più precoce della storia del tumore, portandoli nella dimensione della terapia neoadiuvante, quella che precede la chirurgia, soprattutto nel caso del tumore al seno. Ma sostanziali novità stanno emergendo anche per il trattamento della malattia metastatica. “È in corso una vera rivoluzione nel trattamento del tumore della mammella, anche in fase avanzata – afferma Saverio Cinieri, presidente Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) – legato anche a nuove conoscenze. Come la nuova classificazione delle donne con questo tumore che, oltre alle HER2 negative e alle HER2 positive, ha introdotto la nuova categoria delle ‘HER2 low’, nella quale ricade circa la metà delle pazienti con malattia metastatica. Nelle HER2 low, l’impiego di trastuzumab-deruxtecan ha dato risultati di tale portata da scatenare una standing ovation all’ultimo congresso Asco, tenutosi a Chicago qualche settimana fa. E non possiamo dimenticare, nei tumori della mammella Brca mutati, anche i risultati di olaparib (capostipite dei Parp inibitori); l’impiego di questo farmaco dopo la chirurgia ha ridotto il rischio di morte del 32%”.

Tante dunque le nuove possibilità terapeutiche da incorporare nella pratica clinica quotidiana e nella complessità delle nuove sfide che gli oncologi si trovano ad affrontare e che rappresenta proprio il tema del prossimo congresso nazionale Aiom.

“Olaparib – prosegue Romano Danesi, direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana – ha aperto l’era della medicina di precisione anche nel carcinoma della prostata, il tumore più frequente nei maschi (36.000 nuovi casi l’anno in Italia), questo farmaco ha infatti più che triplicato la sopravvivenza libera da progressione radiologica. Anche in questo caso dunque il test Brca diventa uno step fondamentale nella diagnosi ed andrebbe effettuato su tutti i pazienti affetti da neoplasia della mammella, ovaio e prostata, al momento della diagnosi”.

Le mutazioni genetiche sono sempre più un criterio-guida per la scelta del trattamento anche in uno dei big killer assoluti, il tumore del polmone (41 mila nuovi casi l’anno in Italia e 34 mila decessi). “Nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio precoce (IB-IIIA) – ricorda Danesi – il trattamento post-chirurgico con osimertinib (terapia mirata anti-EGFR) ha intento curativo. Un obiettivo questo al quale mira anche l’immunoterapia con durvalumab, nel tumore polmonare non a piccole cellule in stadio III non operabile. E parlare di ‘guarigione’ in un tumore come quello del polmone era impensabile fino a qualche anno fa”.

Grandi dunque i progressi ottenuti nei tumori solidi negli ultimi anni, ma molto lontani ancora da quelli registrati nelle neoplasie ematologiche, che arrivano a tassi di guarigione del 70%. Paradigmatico a questo riguardo l’esempio della leucemia linfatica cronica (3.400 nuove diagnosi l’anno in Italia), la più frequente delle leucemie. “Le terapie mirate – afferma Armando Santoro, direttore dell’Humanitas Cancer Center presso l’Istituto Clinico Humanitas Irccs di Rozzano – sono destinate a diventare sempre più lo standard di cura. Nelle patologie dei linfociti B, gli inibitori della proteina BTK, come acalabrutinib, permettono di controllare in modo efficace la malattia, sia nel trattamento in prima linea, che nella malattia recidivante o refrattaria, dando meno tossicità (minor rischio di fibrillazione atriale) rispetto alla prima generazione di questa classe di farmaci.”

Ma tante altre novità sono in arrivo ricerca di Astra Zeneca, con una pipeline di molecole innovative contro linfomi, mielomi, sindromi mielodisplastiche e leucemie, comprese le terapie cellulari ‘off-the-shelf’.

“La nostra pipeline di studi – conclude Merletti – copre ormai quasi tutte le principali tipologie di tumore, anche molte, considerate difficili da trattare e che non beneficiano di trattamenti innovativi da molti anni, come i tumori delle vie biliari e gli epatocarcinomi. Abbiamo inoltre lavorato allo sviluppo di piattaforme diagnostiche di testing come AZFastNet, oggi riferimento unico per il nostro servizio sanitario e la comunità scientifica, in ambito di medicina di precisione in oncologia e dei dati genetici. Siamo impegnati inoltre nella promozione di progetti volti ad accelerare la diagnosi; siamo partner ad esempio di ‘Lung Ambition Alliance’, che vuole abbattere le barriere allo screening e alla diagnosi precoce del tumore del polmone, con l’obiettivo di offrire ai pazienti più alternative terapeutiche e quindi maggior possibilità di sopravvivenza”.

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