Sanità, italiani più sani e longevi ma scarseggia il personale

Speranza Brusaferro e Migliore
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Italiani più longevi e in salute. Può sembrare un paradosso in tempo di pandemia, ma negli ultimi 30 anni l’aspettativa di vita è cresciuta in Italia di quasi 4 anni, raggiungendo quota 83,6 anni. Nello stesso lasso di tempo si è dimezzato il tasso di mortalità neonatale e sono migliorati tutti i principali indicatori relativi alle performance dell’assistenza ospedaliera. Un quadro tutto sommato positivo della sanità tricolore. Ma, come vedremo, non mancano alcune criticità, ben evidenziate dalla pandemia.

A fotografare il risultato che le aziende sanitarie e ospedaliere hanno conseguito dal 1992 al 2022 è un’indagine della Fiaso, la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere. Il tutto a 30 anni dalla legge 502 che ha modificato l’assetto del Ssn, introducendo le Aziende sanitarie al posto delle vecchie Unità sanitarie locali. Tutto bene, dunque? In effetti le note dolenti arrivano quando si guarda al personale. In totale, calcolano dalla Fiaso, sono 40 mila gli operatori della sanità in meno. E gli anni di Covid non hanno semplificato la ricerca di personale. 

La questione operatori (e dei contratti)

Stanchezza, turni massacranti, ferie non godute, contratti nazionali poco ‘stimolanti’. ”Non si trova personale – detto il direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan, nel suo intervento alla presentazione a Roma dell’indagine Fias – Covid ci ha presentato il conto. Abbiamo iniziato a togliere i tetti di spesa che stanno per essere superati, ma nel momento in cui c’è un soggetto come il Mef dall’altra parte gli devo dare un altro strumento che può essere quello dello standard del personale. Uno strumento che determina il fabbisogno del personale e che a sua volta determina la necessità di formazione”.

Un problema reale, come conferma il ministro della Salute. “Negli ultimi giorni ho scritto al ministro del Lavoro Orlando chiedendo di lavorare perché il comparto dell’emergenza-urgenza, i nostri pronto soccorso in particolare possano essere considerati lavoro usurante. Dobbiamo dare dei segnali – ha detto Roberto Speranza – abbiamo investito 90 mln di euro lo scorso anno per l’indennità di specialità. Dobbiamo fare uno sforzo in più per rendere merito ai medici e agli operatori dei pronto soccorso, un nodo essenziale del nostro servizio sanitario, che vive una particolare pressione”.

Dal 2010 il personale della sanità ha subito un forte decremento, pari al 5,6%. Si tratta di una conseguenza dei provvedimenti previsti dalla legge di bilancio 2010, che ha introdotto un tetto alla spesa per il personale pubblico. Questo, unito al blocco del turnover e alla gestione dei Piani di rientro, ha condotto alla situazione di debolezza evidenziata nel corso della emergenza pandemica: oltre 5mila medici in meno, quasi 11mila infermieri in meno, più di 23mila altri operatori sanitari in meno. In totale, come si diceva, -40mila unità.

“Da dieci anni, a fronte di nuovi bisogni sanitari e con l’invecchiamento della popolazione, non è cresciuto affatto l’investimento per il personale: mancano 40mila professionisti. Nel corso dell’emergenza abbiamo reclutato precari che ora, grazie alla legge sulle stabilizzazioni, possono essere assunti: già 10 regioni su 20 hanno stipulato accordi con le organizzazioni sindacali per procedere con i contratti a tempo indeterminato. Ma, per colmare il divario decennale, occorre anche abbandonare la logica dei tetti di spesa e incrementare il finanziamento destinato alle assunzioni di nuovi professionisti che potranno fare la differenza nella sanità del futuro con le sfide del Pnrr. Già 10 Regioni su 20 hanno stipulato accordi con le organizzazioni sindacali per procedere con i contratti a tempo indeterminato“, ha evidenziato il presidente della Fiaso, la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere, Giovanni Migliore.

Alla carenza di personale si somma l’incremento dell’età media: più della metà dei medici del Ssn ha oggi più di 55 anni, la percentuale più elevata d’Europa.

Le strutture sanitarie compiono 30 anni

Prima della legge 502 del 1992 esistevano 659 Usl, al 2020 le Asl si sono ridotte a 118, sono state istituite 52 Aziende ospedaliere, 21 Ircss, 18 enti intermedi. A fronte della riduzione a 482 strutture di ricovero pubbliche, sono quasi raddoppiate le strutture territoriali ovvero strutture residenziali e semiresidenziali, ambulatori, laboratori, centri di salute mentali, consultori, centri dialisi passando da 16.006 del 1997 a 25.292 del 2019.

La spesa sanitaria pro-capite totale, dal 2000 al 2019, è cresciuta dell’80% raggiungendo i 3.653 euro. Una cifra, però, molto più bassa e distante da quelle europee: in Germania si spendono 6.518 euro pro capite. In Italia la spesa sanitaria ammonta al 13,2% della spesa pubblica complessiva contro il 20% della Germania o il 19% del Regno Unito. E dal 2010, mentre è cresciuta la spesa per beni e servizi del 3,7%, capitolo su cui punta il Pnrr, è rimasta uguale quella sul personale.

La community dei manager della sanità

I 3,6 anni di carica rilevati come dato medio nel 2021 rappresentano e un orizzonte gestionale non particolarmente lungo, soprattutto in relazione alla portata potenziale di una pianificazione strategica, ma si avvicinano ai 4 anni della durata di molti incarichi di direzione generale da parte delle Regioni.

Secondo le ultime rilevazioni, quasi il 90% degli oltre 200 manager impegnati al momento in Aziende territoriali, ospedaliere, Irccs e Policlinici ha svolto il proprio incarico in una sola regione e solo il 14% ha una esperienza decennale nel ruolo. Quanto all’età, il dato medio nazionale è di 58 anni e sette mesi, superiore (59 anni e sei mesi) per chi dirige una Azienda ospedaliera.

Il 22% dei ruoli di direzione generale in sanità è rivestito da donne, con un incremento del 3,8% rispetto all’anno precedente e un trend positivo costante nell’arco degli ultimi anni, che ha consentito di crescere dal 14,4% del 2018. Vale la pena di ricordare che le donne che ricoprivano incarichi di direzione generale erano solo il 3% nel 2002.

La salute degli italiani

Prendendo in considerazione gli indicatori associati alle performance del Ssn, come le prestazioni sentinella sugli standard quantitativi, strutturali, tecnologici e qualitativi della assistenza ospedaliera (ad esempio le fratture di femore con una capacità di intervento in 48 ore raddoppiata dal 31 al 66% o i parti cesarei ridotti dal 28 al 22%), c’è un’aderenza diffusa alle soglie di esito previste, e dati in costante miglioramento nel decennio 2010-2019.

In dieci anni, inoltre, si sono ridotti i ricoveri per asma e diabete del 60% e grazie all’assistenza e alle cure extraospedaliere sono diminuite del 30% le giornate di ricovero in vent’anni.

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