Malattie rare, la lezione dell’Italia (e i viaggi della speranza)

malattie rare
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Sembra un paradosso: c’è chi dall’estero sceglie l’Italia per farsi curare, ma resta ancora forte il divario Nord-Sud nel campo dell’assistenza dei pazienti con malattie rare. Una situazione che vede ancora oggi molti italiani, soprattutto minori, costretti a lunghi viaggi in cerca di cure.

D’altro canto, come si diceva, i centri italiani vantano un’eccellenza riconosciuta anche all’estero, dal momento che il nostro Paese ha accolto oltre 8.200 persone nel 2016-20, contro le 180 che hanno dovuto recarsi fuori dai confini nazionali per le cure.

E’ agrodolce la ‘fotografia’ che emerge dal Rapporto MonitoRare 2022, realizzato da un’associazione di pazienti (Uniamo – Federazione Italiana Malattie Rare), con la collaborazione degli enti istituzionali e fonti primarie dei dati.

Il rapporto

La mobilità sanitaria infra-regionale è al 17% della popolazione complessiva, ma sale al 25% per i minori. Questo è indirettamente confermato dal fatto che i 223 centri Ern accreditati sono per i 2/3 nelle regioni settentrionali, e ben 7 regioni non hanno iniziato le pratiche per accreditarne neanche uno.

Quanto alla mobilità transfrontaliera, il nostro Paese si è rivelato attrattivo per i malati rari che arrivano dall’estero, che pur viaggiando a due velocità. Del resto, sono aumentate le malattie rare testate nei laboratori clinici italiani (cresciute di 1200 unità in un quinquennio e arrivando a sfiorare le 3000 patologie testate); crescono in percentuale gli studi clinici autorizzati per malattie rare sul totale delle sperimentazioni cliniche (da 25,5% a 31,8%), tenendo anche conto che per la Fase I e II la percentuale arriva alla soglia del 50% (49,2%).

La rete e il sistema costruito sulle malattie rare reggono, pur in assenza di finanziamenti dedicati: quasi tutti gli indicatori sono in crescita, dalla formazione (32 Fad contro 6) alla copertura dei registri regionali, ai centri Ern accreditati in Europa, ai progetti di ricerca degli Irccs (492, pari al 13,6% del totale), i percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (+17 portando il totale a 320 a fine 2021). La somministrazione di terapie avanzate e innovative è però localizzata in pochi centri italiani, aumentando la necessità di migrazione sanitaria (un dato fra tutti, quello dell’ATMP Car-T, che ha visto la Regione Lombardia accogliere il 52,2% dei pazienti che hanno ricevuto il trattamento).

Nel rapporto si sottolinea il mancato aggiornamento del panel delle patologie da inserire nello screening neonatale esteso, che ha portato molte Regioni ad attivare progetti pilota per sopperire al ritardo. L’analisi dei dati aiuta a capire dove dovrebbero essere indirizzati i fondi del Pnrr e altri finanziamenti che dovessero rendersi disponibili: necessario creare centri ad alta specializzazione, e trovare il modo di supportare i pazienti negli spostamenti; aumentare la specializzazione, anche attraverso il passaggio di competenze, dei centri più vicini ai luoghi di residenza, con speciale riguardo alle regioni del meridione.

Nel recente bando di ricerca a valere sui fondi Pnrr, 50 milioni dedicati alle malattie rare, un tentativo in questa direzione è stato fatto vincolando il 40% dei fondi disponibili proprio alla partecipazione di centri del Sud; molto altro dovrà essere pensato e realizzato.

Le analisi

“Sono incoraggianti i dati che emergono dal Rapporto MonitoRare su ricerca, formazione e informazione, accesso ai farmaci, inclusione e partecipazione delle persone con malattia rara – ha scritto il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, nel messaggio inviato alla Federazione italiana malattie rare – Ora è necessario mettere a terra quanto previsto nel Testo Unico e non solo: dal Piano nazionale malattie rare, che è pronto e da adottare con accordo in Conferenza Stato Regioni, a tutti i bandi di ricerca per far avanzare la conoscenza sulle singole patologie, con ricadute sulle terapie e sulle diagnosi”.

“In Italia abbiamo raggiunto risultati importanti, come lo screening neonatale più esteso (quasi 50 patologie), un Piano nazionale in corso di rinnovamento, una legge – rileva Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo-Federazione Italiana Malattie Rare – Tanto c’è però ancora da fare per garantire una maggiore integrazione sociale, una effettiva presa in carica di qualità delle persone con malattia rara, per portare anche in Europa quello che l’Italia ha già raggiunto come traguardo, in modo che ci sia una maggiore equità anche a livello europeo”.

“In Italia si stima ci siano circa due milioni e duecentomila persone con malattia rara e se aggiungiamo anche le loro famiglie si raggiunge un numero veramente importante. Il Rapporto MonitoRare dimostra come in 5 anni più di 8000 persone sono venute a curarsi nel nostro Paese e solo 180 hanno effettuato un percorso inverso. Un’altra evidenza importante è la necessità di migrazione, in Italia, da Sud verso Nord. Nello specifico, almeno il 17% delle persone con malattia rara necessita di spostarsi dal proprio domicilio per cercare un centro di competenza, necessità che sale al 25% nel caso si tratti di bambini”, ha concluso Scopinaro. Ecco dunque, nero su bianco, le priorità dei malati.

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