Covid, ecco chi risponde meglio ai vaccini (il caso dei single)

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Sono davvero curiosi – e talvolta insospettabili – i fattori che entrano in gioco nel determinare la risposta ai vaccini anti-Covid. Se fin dall’inizio i fari erano puntati su patologie pregresse ed età, ora scopriamo che anche il sesso e lo stile di vita influenzano la cosiddetta risposta immunitaria acquisita. Curiosamente, sembra tra l’altro che la risposta anticorpale si conservi meglio nei single o nei conviventi rispetto a chi è sposato, divorziato o vedovo.

Il dato emerge da un nuovo studio, promosso dalla Sapienza e dal Policlinico Umberto I di Roma, ha identificato i fattori demografici, clinici e sociali che interferiscono con la risposta immunitaria in seguito alla vaccinazione contro Covid-19. Il lavoro, pubblicato sul Journal of Personalized Medicine, getta le basi per programmi vaccinali personalizzabili.

La ricerca, coordinata da Stefania Basili del Dipartimento di Medicina traslazionale e di precisione della Sapienza, ha permesso di individuare una correlazione tra la risposta immunitaria acquisita dopo la somministrazione del vaccino contro Covid-19 e alcune variabili demografiche, cliniche e sociali, tra cui l’età, il sesso, le malattie pregresse, l’abitudine al fumo e – come anticipato – lo stato civile.

Ma come è stata condotta l’indagine? Un campione di 2.065 lavoratori sanitari del Policlinico Umberto I, a cui era stato somministrato il vaccino a mRna di Pfizer BioNTech, è stato sottoposto a due prelievi di sangue, dopo 1 mese e dopo 5 mesi dalla seconda vaccinazione.

“A tutti – spiega Stefania Basili, coordinatrice dello studio– è stato somministrato un questionario per raccogliere informazioni personali ed è stato eseguito un test sierologico quantitativo in grado di rilevare gli anticorpi anti-proteina S (Spike) del virus Sars-CoV2, il miglior strumento per valutare l’immunità acquisita a seguito della vaccinazione o dell’infezione”.

INFEZIONI PREGRESSE ED ETA’

Dai risultati è emerso che dopo un mese dalla vaccinazione i soggetti con una pregressa infezione da Covid-19 e quelli più giovani hanno livelli di anticorpi più alti rispetto alle altre persone del campione considerato. Al contrario, le malattie autoimmuni, le patologie polmonari croniche e il tabagismo sono correlati ai più bassi livelli di risposta anticorpale.

DONNE E FUMATORI

Dopo cinque mesi dalla vaccinazione si è osservata una diminuzione mediana del 72% del livello anticorpale, che però è meno evidente nelle donne e nei soggetti con infezione pregressa. Invece nei fumatori, negli ipertesi e nei meno giovani è stato riscontrato un crollo drammatico di circa l’82% dei livelli di anticorpi anti-Spike.

IL PESO DELLO STATO CIVILE

I ricercatori hanno inoltre rivelato un mantenimento maggiore della risposta anticorpale nei soggetti single o conviventi rispetto ai soggetti sposati, divorziati o vedovi. Anche se questa associazione, scrivono gli autori, potrebbe essere dovuta ad altre variabili cliniche inesplorate, come lo stile alimentare e l’indice di massa corporea.

“Lo studio – commenta la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni, fra gli autori – mette in rilievo come il perseguimento della salute, anche di fronte a situazioni pandemiche, sottenda a un più generale principio di benessere sociale. I fattori legati agli stili di vita, infatti, hanno un ruolo rilevante nella risposta immunitaria. La prima cura è quindi l’innalzamento della cultura sanitaria e degli standard qualitativi di vita”.

“Gli esiti di questo lavoro, che ancora una volta sottolineano l’importanza degli stili di vita – sottolinea Fabrizio d’Alba, direttore generale del Policlinico Umberto I – ci rendono sempre confidenti della validità del percorso intrapreso da Sapienza e Umberto I. Un percorso comune in un’ottica di scambio sinergico che renderà più forte la nostra comunità scientifica”.

“Sebbene il nostro studio abbia confermato molte correlazioni già note, ha anche preso in considerazione per la prima volta – conclude Stefania Basili – molti fattori tra cui il livello di istruzione, il tipo di lavoro, lo stato civile e il carico di coinvolgimento familiare. Al di là dei risultati, l’auspicio è che la nostra analisi possa incoraggiare ulteriori ricerche a indagare gli effetti delle variabili legate al genere e allo stile di vita sulla risposta immunitaria, facendo emergere una medicina personalizzata e di precisione”. E, magari, facendo luce sulle motivazioni della diversa risposta nel caso di single, conviventi, sposati e vedovi.

 

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