Tumore al seno, ecco come migliorare l’oncologia sul territorio

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In Italia si contano circa 3,6 milioni di malati oncologici, e tra le donne il tumore più frequente è quello al seno (30,3%), che rappresenta anche la prima causa di morte femminile per cancro. Ancora oggi, nonostante i progressi della ricerca, una diagnosi di tumore al seno arriva come un fulmine e lascia sgomenti. Ecco allora che diventa importante non restare da soli, quando si esce dall’ospedale. Proprio pensando alle priorità delle pazienti, arrivano dieci proposte concrete per rinnovare i percorsi di diagnosi e cura delle donne con tumore al seno, rafforzando e integrando le relazioni tra ospedale e territorio.

Sono raccolte nel documento “Onconnext. Tumore al seno e oncologia territoriale, un binomio necessario”, che vede alleate le principali associazioni di pazienti con tumore al seno: Andos onlus, Europa Donna Italia, Favo Donna, IncontraDonna onlus e Salute Donna onlus. Un risultato ottenuto anche grazie al contributo di clinici di eccellenza in materia di tumore al seno, tra cui Rossana Berardi, ordinario di oncologia all’Università delle Marche e direttore della clinica oncologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali riuniti di Ancona, e Luigi Cavanna, presidente Cipomo e direttore del Dipartimento Oncologia- Ematologia Azienda Usl di Piacenza.

Non solo proposte, ma anche testimonianze, riflessioni, linee di indirizzo della comunità scientifica e del mondo accademico per fornire una guida ai decisori, come è stato detto alla Camera dei Deputati, nel corso di un evento coordinato da Inrete e Intexo, con il contributo non condizionato di Roche.

Le nuove diagnosi di carcinoma mammario stimate per il 2021 sono 55.000, con circa 12.500 decessi attesi. La sopravvivenza netta stimata a 5 anni è dell’88%. Nel 6-7% dei casi, il tumore al seno si presenta in forma metastatica già al momento della diagnosi. Grazie allo screening e alla maggior consapevolezza delle donne, però, oggi la gran parte dei tumori maligni mammari è diagnosticata in fase iniziale. L’obiettivo diventa così garantire il percorso terapeutico più efficace, un modello nuovo caratterizzato dalla flessibilità e dalla prossimità, proprio per garantire alle donne una migliore qualità della vita.

Il documento “rappresenta un importante passo avanti nel dialogo e nell’inclusione delle associazioni per la co-creazione e messa a punto della medicina di territorio. Siamo fortemente convinte, infatti, che un nuovo modello di assistenza per la paziente con tumore al seno non possa prescindere da un ripensamento dell’assistenza territoriale che, in stretta connessione con il centro di senologia, possa garantire prossimità di cure e quindi una migliore qualità di vita. Occorre però che questo processo parta appunto dal dialogo e dal confronto con chi quotidianamente affronta le sfide dalla malattia”, dicono le associazioni.

Ecco le 10 priorità imprescindibili per la costruzione di una presa in carico delle pazienti, ottimale e continuativa, che integri il setting ospedaliero con il territorio, anche alla luce delle nuove opportunità offerte dal Pnrr e dell’esperienza acquisita nel corso della pandemia:

1) Il percorso oncologico di continuità di cura territoriale non può prescindere da un ruolo di coordinamento del Centro di senologia di riferimento, a cui vengono messi a disposizione nuovi setting assistenziali territoriali con team dedicati che lavorano in stretta sinergia con l’oncologia ospedaliera;

2) La paziente con tumore al seno non deve essere mai abbandonata durante la continuità di cura territoriale ma deve avere, come punto di riferimento, una figura di raccordo, che sia a conoscenza della sua storia clinica;

3) È di centrale importanza che le pazienti continuino a essere gestite da un team multidisciplinare e multiprofessionale: l’evoluzione della multidisciplinarietà sarà garantire l’interconnessione tra i professionisti operanti in ospedale e sul territorio;

4) Nel progetto delle Case di Comunità deve essere necessariamente presente un’Associazione di pazienti;

5) La definizione del percorso oncologico di presa in carico territoriale deve essere cucito sul singolo, attraverso la scelta del setting più adatto considerando come l’innovazione terapeutica possa agevolare modelli organizzativi attraverso la delocalizzazione di alcune terapie direttamente sul territorio;

6) Devono essere garantiti percorsi di cura che assicurino standard di sicurezza e qualità pari a quelli che sarebbero erogati in un contesto di day-hospital nel Centro di riferimento;

7) La paziente e i caregiver devono essere consapevoli e coinvolti in prima persona nella scelta del percorso e del setting di cura;

8) La Digital Health deve essere concepita come strumento a supporto dell’integrazione ospedale-territorio facilitando la comunicazione, la gestione delle pazienti e l’ottimizzazione del percorso;

9) Per garantire efficacia e sicurezza dell’assistenza, è fondamentale che ci sia una continua formazione/informazione del personale sanitario territoriale e soprattutto delle pazienti/caregiver;

10) L’introduzione della presa in carico territoriale deve tendere a migliorare la qualità di vita delle pazienti, in linea con una delle missioni del Piano Oncologico Europeo.

“Agenas, attraverso l’Osservatorio per il Monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali, supporta le Regioni nel processo di implementazione delle linee di indirizzo con l’obiettivo di assicurare che la presa in carico globale del paziente avvenga in condizioni di appropriatezza, efficacia, efficienza, qualità e sicurezza delle cure, mettendo in relazione rete ospedaliera e servizi territoriali – commenta Manuela Tamburo De Bella, coordinatore dell’Osservatorio per il Monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali Agenas – Elementi cardine perché questo avvenga in modo integrato e continuativo per le donne con tumore al seno sono la rete delle breast unit, che garantisce una presa in carico multidisciplinare e l’accesso a trattamenti avanzati, nonché l’infermiere case manager, che segue la paziente nel suo percorso, anche nel caso di variazioni del setting assistenziale. Un percorso basato sul monitoraggio dell’efficienza attraverso indicatori di performance e processi di network analysis, cioè integrazioni di flussi di rilevamento delle prestazioni”.

“Il rapporto con le associazioni dei pazienti è fondamentale – sottolinea Paola Boldrini, presidente Intergruppo Parlamentare per la Cronicità del Senato della Repubblica – soprattutto ora che finalmente si torna a parlare di umanizzazione delle cure. Il paziente deve tornare al centro, parlare con le associazioni mi consente e mi ha consentito in questi anni di entrare dentro la malattia, oltre le sintesi della medicina. Le associazioni di pazienti sono le migliori alleate delle associazioni dei medici e svolgono un ruolo insostituibile. Perché in sanità il progresso, la tecnologia, le competenze non bastano. Serve l’umanità”.

“Nonostante un burden socio-economico molto significativo, nel nostro Paese il sistema oncologico nel suo complesso risulta sostenibile grazie soprattutto alla presenza ed al ruolo delle associazioni dei pazienti e delle loro famiglie, che nel tempo sono diventate di centrale importanza – spiega Nicola Provenza, presidente Intergruppo Cronicità, Camera dei Deputati – Sulla base del nuovo Piano Oncologico Nazionale ci proponiamo di capire cosa si potrebbe fare ancora di più, con l’obiettivo di andare in una direzione molto precisa: la reale presa in carico dei pazienti oncologici”.

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