Il ‘prezzo’ della biodiversità: intervista a Danilo Porro (Cnr)

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Tra poco più di un mese l’Italia sarà nel pieno delle strette del Piano Cingolani: misure necessarie a risparmiare energia e – di riflesso – salvaguardare l’ambiente. Se c’è un argomento in grado di mettere in relazione virtuosa sensibilità e valori dei giovani con le questioni del nostro tempo è proprio quello relativo alle tematiche ambientali e alla tutela della biodiversità.

Le nuove generazioni, che nascono e crescono nell’Antropocene (cioè l’era geologica attuale in cui l’ambiente terrestre è ormai fortemente condizionato dagli effetti dell’azione umana), si sentono pienamente coinvolte da ciò che, di fatto, riguarderà il loro futuro. Ma all’atto pratico, la domanda che ci si pone è: l’uomo è davvero pronto a un’inversione di rotta per migliorarlo, questo futuro?

Fortune Italia lo ha chiesto a Danilo Porro, coordinatore NBFC – National Biodiversity Future Centre, direttore Cnr, presente in questi giorni alla quarta edizione del Gecko Fest, “il Festival dedicato ai cambiamenti del nostro tempo, alla tenacia dell’uomo, alla sua capacità di adattarsi per creare futuro”.

‘Siamo energia!’ è il nome del convegno di apertura. Un’esclamazione emblematica, che ben inquadra gli obiettivi dell’umanità nei prossimi decenni.

In un’era complessa come quella che stiamo attraversando caratterizzata da grandi urgenze e contraddizioni, c’è infatti bisogno di identificare dei nuovi punti cardinali per la nostra vita sulla Terra. Dove puntare lo sguardo e in che direzione incamminarsi?

Bisogna ‘avere energia’. Il futuro è uno, le direzioni da prendere per andargli incontro possono essere tante. Sta a noi scegliere. Molti trascurano quanto il grosso problema attuale dell’energia sia legato a quello della perdita della biodiversità”, ha spiegato Porro.

Oggi la biodiversità sta scomparendo a un ritmo allarmante a causa di molteplici fattori: i cambiamenti climatici, l’erosione del suolo, la desertificazione e l’agricoltura intensiva. E tanti ignorano come questo impatti non soltanto a livello ambientale, ma anche economico e sociale.

Porro ha tentato di tracciare un quadro per far comprendere come questo sia possibile, ed è partito da un dato tecnico (e storico) per riallacciarsi alla questione economica.

Più di duecentocinquanta anni fa, prima della rivoluzione industriale, “tutto veniva fatto partendo dall’energia solare o veniva riutilizzato continuamente. Eavamo 750 milioni di persone, oggi siamo 8 miliardi e tra poco arriveremo a 10 miliardi. Le prospettive di vita sono aumentate e negli ultimi cinquant’anni un miliardo di persone è uscito dalla condizione di povertà. Tutto ciò ha apportato sicuramente una serie di vantaggi, ma il duro prezzo da pagare è stato appunto la perdita della biodiversità. Noi uomini, rappresentiamo lo 0,01% di vita sulla Terra e abbiamo già distrutto l’83% delle specie. Tutto questo sembra incredibile: ma è una questione anche economica”, sottolinea.

Circa il 50% del Pil mondiale è associato direttamente o indirettamente alla natura e alla sua biodiversità. Non si parla semplicemente di cibo: ma di trasporti, farmaci, prodotti chimici, materiali da costruzione.

“Dobbiamo assolutamente porre rimedio e la notizia negativa è che non abbiamo molte strategie. Ridurre i consumi e riciclare va benissimo, ma non basta. Sul Pianeta siamo in tanti. In troppi. Davanti a noi si aprono le sfide del climate change, dell’inquinamento e della produzione sostenibile”.

Secondo un sondaggio di Openpolis condotto nel 2021, più di un giovane su tre si dichiara preoccupato per la perdita della biodiversità. Danilo Porro è convinto che ci sia una generazione molto più attenta e consapevole rispetto al passato. Tuttavia “spesso i ragazzi non si sentono messi nelle migliori condizioni per assumere un ruolo da protagonisti rispetto alla sfida posta”.

“Noi esperti dobbiamo imparare a comunicare con gli altri e non parlare semplicemente tra di noi. É importante che tutti capiscano che siamo davanti a qualcosa i cui effetti si vedranno nei prossimi cento, duecento anni. Ed è egoistico pensare che non importa perché noi non ci saremo”.

Poi, Porro conclude: “Io sono un ottimista per natura. Credo che il problema lo affronteremo e lo risolveremo. Nel 1985 un gruppo di scienziati pubblicò uno degli articoli scientifici più influenti del secolo. Tutti parlavano del buco dell’ozono. Da allora ci si è mossi, si è imboccata una direzione e oggi la situazione è sotto controllo. Sì, ci vorrà del tempo. Ma l’uomo, noi uomini, saremo in grado di creare questo futuro“.

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