Visitare un museo nel metaverso, istruzioni per l’uso

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In una delle sale al settimo piano del palazzo di Ey a Roma, alcuni degli impiegati della società di consulenza guidano un ospite in una sala museale virtuale. La sala è stata allestita per illustrare in anteprima le innovazioni che saranno presentate alla Biennale internazionale dell’antiquariato di Firenze (BIAF) che si terrà a fine settembre. Tra Roma e Firenze ci sono quasi 300 km, ma non è un ostacolo.

La visita, infatti, avviene con un visore di realtà virtuale Oculus e un joystick. ‘Guidare’, per i ragazzi di Ey, significa assicurarsi che i visitatori che indossano il visore non perdano l’equilibrio mentre girano su se stessi per ammirare le opere esposte.

I visitatori della biennale di Firenze potranno visitare virtualmente la stessa sala, ma in due corner all’interno dei locali di palazzo Orsini, sede della biennale. In più, nel metaverso costruito da Ey, potranno parlare con altri visitatori collegati da casa attraverso un’app che renderà possibile la visita non in realtà virtuale ma in realtà aumentata (e sarà possibile anche all’interno della mostra: basterà inquadrare un Qr code). L’app costruita da Ey si adatta alle misure della stanza in cui ci si trova: camminando, attraverso il cellulare ci si può avvicinare alle opere.

Che ci si trovi a Firenze in presenza o nel salotto di casa, entrambi i visitatori (virtuali e ‘aumentati’) potranno fare le stesse cose. Tra queste, un giorno, sarà anche possibile acquistare Nft delle opere in esposizione, dice il team di Ey che ha seguito il progetto.

Per poter essere considerato come ogni altro oggetto d’arte, un oggetto artistico digitale basato sulla blockchain degli Nft “deve avere la possibilità di essere esposto, fruito, autentificato, eventualmente acquistato e duplicato in edizioni limitate e autenticate (come, ad esempio, le serigrafie). In questo è fondamentale il ruolo che giocano il metaverso e gli Nft”, dicono da Ey. Insomma, con il metaverso si espone l’opera. Con gli Nft si certifica autenticità e titolarità, oltre a rendere possibile la compravendita.

Intanto il metaverso si può usare per migliorare la mostra stessa. Basta misurare le reazioni dei visitatori grazie a dispositivi che monitorano la sudorazione (attraverso uno smart watch, come quello usato durante la dimostrazione EY) o addirittura il battito cardiaco e l’attività celebrale. Attraverso la semplice sudorazione, è già possibile capire quali sono le opere che colpiscono di più i visitatori. Una probabile applicazione del metaverso (non necessariamente solo in campo museale) sarà proprio questa: costruire un allestimento virtuale, registrare le reazioni dei visitatori, modificarlo in base alle loro preferenze e trasportare il tutto nella realtà.

Secondo Fabio Babiloni, professore della Sapienza e cofondatore dello spinoff BrainSigns, che con EY collabora sulle applicazioni delle neuroscienze applicate e su quella che viene definita ‘neuroestetica’, non è importante solo chiedere alle persone che escono da un museo se la visita gli è piaciuta o no.

Con i dispositivi per l’acquisizione di dati biometrici e cognitivi, dai bracciali per il sudore ai caschetti per il cervello, è possibile anche misurare, effettivamente, l’emozione provata dalle persone. “I corpi sottocorticali dove le emozioni vengono generate” sono più antichi delle aree del cervello dedicate al linguaggio, spiega il professore. Per questo la parola non riesce a spiegare bene le emozioni provate. Ora, invece, con i dispositivi su cui lavora BrainSigns (proprio al settimo piano del palazzo di Ey) non solo si può misurare la percezione dei visitatori, ma anche quella di persone che “visitano posti che non sono ancora stati costruiti. Come una galleria d’arte”. Così, in base alle loro reazioni, si possono “fare accorgimenti importanti sulle luci, la posizione delle opere, la musica” che andranno a comporre l’allestimento nel mondo reale.

I numeri del metaverso, secondo Ey

La grafica del metaverso è ancora migliorabile, per usare un eufemismo. Anche il suo fan più sfegatato, Mark Zuckerberg, è stato investito da una valanga di meme ironici quando ha postato il suo primo selfie virtuale.

Per il momento mettere la testa in un visore non è un’esperienza particolarmente comoda, o facilmente trasportabile in un ambiente che non sia il salotto di casa.

Posto che non è necessario indossare un visore per entrare nel metaverso, la componente degli hardware e dei dispositivi rappresenta uno degli strati fondamentali di questa tecnologia: fino a che non ci saranno dispositivi migliori e più comodi, la diffusione dell’universo virtuale sul quale Meta ha puntato tutto rimarrà probabilmente limitata.

Ma ci deve essere un motivo se anche una delle big four (i quattro giganti della consulenza mondiale) punta così tanto spazio e risorse sul metaverso: una trentina di dipendenti solo nel nostro Paese, dice a Fortune Italia Luca Grivet Foiaia, Technology Consulting Leader Italy di Ey.

Grivet Foiaia spiega che le ragioni per cominciare a puntare sul metaverso sono concrete. Alcuni “paradigmi di rappresentazione estetica” hanno già la capacità di affermarsi sulla realtà aumentata e virtuale, “anche se le tecnologie non si sono ancora evolute totalmente. Mi aspetto che l’hype attuale diventerà adozione reale, e per questo stiamo investendo tanto sul metaverso. In questo momento io ho un team di una trentina di persone che lavora solo su questo, mentre tutto il team tech di Ey conta oltre 800 persone solo in Italia. La cosa stupefacente è che a chiederci progetti nel metaverso sono attori inaspettati, come i produttori del food&beverage. Perché? Perché i giovani magari non guardano più la tv o piattaforme di streaming. Vanno su Internet o si cimentano in videogiochi nel metaverso come Minecraft e Roblox . Come fai allora a attirare l’attenzione di quel tipo di pubblico? È questo che si stanno chiedendo molti nostri clienti. Quando hai queste richieste, devi iniziare a pensare a quali dinamiche puoi attivare per riavvicinare quella fascia demografica ai brand”.

Poi, ci sono i numeri. Ecco le stime di EY:

  • Entro il 2026 si arriverà a un 25% di persone che trascorrerà almeno un’ora al giorno nel metaverso. Nel mondo il 30% delle organizzazioni disporrà di prodotti e servizi pronti per il metaverso.
  • Le opportunità di mercato connesse a questo settore arriveranno entro il 2030 a un valore potenziale di 993,86 miliardi di dollari.
  • L’economia del metaverso ha già raggiunto i 350 miliardi di dollari, secondo Ey, che mette nel conto il collezionismo digitale (possibilità di acquistare oggetti di valore differente), le edizioni limitate di opere (copie uniche e rare di un oggetto virtuale e fisico) e infine l’arte digitale (carte collezionabili, immagini o fotografie, musica o videoclip).
  • Nonostante la volatilità del mercato delle criptovalute, secondo EY, il solo mercato Nft raggiungerà i 47 miliardi di dollari entro la fine del 2022.

Gli Nft sono naturalmente profondamente legati al mondo dell’arte, anche se possono essere usati anche per altri scopi. Una delle potenzialità principali rimane la creazione di opere digitali autenticate, ed è un’opportunità che ormai gli artisti stanno cogliendo. Sappiamo che gli Nft funzionano, quindi, ma abbiamo appena iniziato a comprendere quanto saranno centrali durante una passeggiata nel metaverso.

Alla Biaf di Firenze ci sarà una prima occasione per capirlo: lo spazio museale all’interno del metaverso, esplorabile in realtà virtuale o aumentata, sarà allestito con quadri e opere d’arte premiate nelle precedenti edizioni della BIAF. Ci saranno attività interattive digitali per approfondire storie e particolarità degli artisti e delle opere e si potranno misurare le reazioni emotive che sorgono ammirando le opere d’arte. Ogni visitatore potrà fare esperienza con gli NFT, ottenere un badge che potrà inserire all’interno del proprio wallet e un’opera di grafic art sul metaverso.

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