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Il paradosso dei nuovi vaccini (e il gioco dell’oste)

vaccini

L’arrivo in rapida successione dei vaccini aggiornati a Omicron ha generato un po’ di confusione negli italiani. Ai prodotti ‘base’, mirati al virus originale di Wuhan (ben presto superato dalle varianti che abbiamo imparato a conoscere), si è aggiunta la versione mirata  contro Omicron 1. Ma le autorità hanno dato il via libera anche ai vaccini contro Omicron 4 e 5. Allora cosa scegliere per rinforzare le proprie difese in vista della stagione fredda? E tutta questa varietà (di prodotti anti-Covid) non si rivelerà un boomerang per la campagna vaccinale?

Il discorso è lungo e complesso. “E’ un po’ come il gioco dell’oste – dice a Fortune Italia Massimo Ciccozzi, ordinario di Epidemiologia molecolare responsabile dell’unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma – Un antico proverbio romano narra infatti che quando si entra in una osteria è inutile chiedere all’oste se il vino è buono”. 

Oltretutto “quest’anno sarà il momento del vaccino contro l’influenza”, che dovrebbe riaffacciarsi dopo essere stata messa in ombra per anni da Covid-19, “e si parla anche di quello per il fuoco di Sant’Antonio, insomma avremo a disposizione una vasta gamma di soluzioni per il benessere delle persone. Ma è proprio e solo per il nostro benessere? Al solito grande c’è confusione e disorientamento. I nuovi vaccini anti-Covid funzionano, ma le prenotazioni sono pochissime”. Allora come scegliere quello giusto?

“Iniziamo con il ricordare che sono in arrivo e in parte già disponibili nel nostro Paese i vaccini aggiornati per Omicron 1, ma anche quelli basati sulle varianti BA.4 e BA.5, già approvati da Fda americana, Ema europea e non ultima dalla nostra Aifa”, ricorda l’esperto.

“Premesso che la variante prevalente oggi nel mondo è Omicron 5, la quarta dose con i vaccini aggiornati di Pfizer e Moderna è disponibile dal 12 settembre, è consigliata a fragili e over 60, ma questo non aiuta a orientarsi nella scelta”. Oggi ( fine settembre) “la circolazione del virus è bassa, inoltre c’è una certa diffidenza verso la quarta dose, specie in chi si è già infettato in precedenza”.

“A fine settembre dovrebbero arrivare anche gli ultimi prodotti delle due case farmaceutiche, mirati contro la variante BA.5. Il fatto è che Pfizer e Moderna hanno proposto due versioni aggiornate dei loro vaccini: la prima contiene il ceppo originario del virus pandemico (quello di Wuhan) e la variante Omicron BA.1, la seconda contiene il ceppo originario del virus pandemico e le proteine delle sottovarianti di Omicron BA.4 e BA.5. L’Ema dichiara che ambedue coprono tutte le varianti”, ricorda Ciccozzi.

L’efficacia vaccinale aumenta?

“Dal punto di vista dell’efficacia – aggiunge – poco cambia: sappiamo che dopo 4-6 mesi da qualsiasi ultima dose l’efficacia vaccinale scende, e questo incide soprattutto sulle persone anziane o fragili, perché sono meno protette dalla malattia severa o da morte. Qualsiasi booster, quindi, potenzia le difese. Succede anche con i vaccini ‘vecchi’: la protezione (da malattia e morte) sale dal 68% nei vaccinati che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 120 giorni all’83% nei soggetti vaccinati con dose aggiuntiva o booster (secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicato il 16 settembre). Nel caso dei nuovi vaccini questa percentuale dell’83% salirà ulteriormente, difficile stabilire esattamente di quanto (alcuni candidati vaccini non sono stati mai testati sull’uomo), ma raggiungerà un buon dato. I vaccini aggiornati dovrebbero funzionare anche contro le future varianti”.

Dovrebbero? E allora come regolarsi. “È scritto nero su bianco sul sito del ministero della Salute: ‘Al momento non ci sono elementi per esprimere un giudizio preferenziale nei confronti dei diversi vaccini bivalenti disponibili (aggiornati sul ceppo originario BA.1 e su quelli BA.4-5): tutti aumentano la protezione contro diverse varianti e aiutano a mantenere una protezione ottimale contro Covid-19. Anche il vaccino bivalente BA.1, infatti, si è mostrato in grado di indurre, nei confronti della variante BA.5, una risposta anticorpale maggiore rispetto a quella del vaccino originario'”, ricorda Ciccozzi.

È importante “più la tempistica con cui si esegue la vaccinazione di richiamo che non il vaccino impiegato”, continua Ciccozzi citando il ministero. “Qualcuno dice pure che ‘la cosa fondamentale non è inseguire ‘l’ultimo modello’, ma fare il booster indipendentemente dal vaccino Omicron utilizzato’. Premesso che per BA1 si ha la completezza dei dati sperimentale e clinici, dell’altro si hanno solo i dati sperimentali e si prosegue in rolling review, il che significa dare il vaccino e man mano che arrivano i dati clinici lo valutiamo”.

Ma allora il dubbio dei non addetti ai lavori resta: quale aggiornamento scegliere? “Non devono scegliere loro – risponde secco Ciccozzi – siamo noi scienziati che abbiamo il dovere di dire cosa fare, quando e come. In Italia la somministrazione è materia delle singole Regioni: negli anni passati il cittadino non ha potuto scegliere quale vaccino farsi somministrare, tranne per rare eccezioni locali o di tipo medico-sanitario. Inoltre i bivalenti con BA.5 sono approvati, ma devono ancora arrivare. Dal punto di vista scientifico sappiamo esattamente quello che scrive il ministero della Salute”.

Ma c’è di più. “La campagna per la quarta dose – riflette lo specialista – per ora non è mai decollata in Italia (come in altre parti del mondo): solo il 18,1% ha aderito (con la massima punta del 29,1% tra gli ultra 80enni). Si potrebbe pensare che molti stiano aspettando i vaccini basati su BA.5, e le prenotazioni per i bivalenti mirati a BA.1 non sono moltissime”.

Cosa sta succedendo, allora? “Le reinfezioni che molti hanno sperimentato con Omicron hanno erroneamente abbassato la fiducia nei vaccini: sappiamo, e lo diciamo da sempre, che i vaccini hanno un’efficacia minore contro la diffusione del contagio, ma prevengono comunque malattie e decessi e ancora di più lo fanno i booster”.

“Inoltre, l’esposizione a diverse versioni del virus  approfondisce e amplia ulteriormente il panel di anticorpi generati e,  non ultimo, la vaccinazione esercita un effetto protettivo anche contro la possibilità di sviluppare in un momento successivo il Long Covid”.

La lezione della ‘suina’

La situazione in Italia è questa. “Crediamo a Pfizer e Moderna? Crediamo a Fda, Ema e Aifa? E allora perché le Agenzie non ci dicono con chiarezza quale fare, quando e a chi, dopo aver ricevuto tre dosi del ‘vecchio vaccino’? Perché le nostre strutture sanitarie non ci dicono quale vaccino aggiornato fare con chiarezza? Perché i nostri ‘esperti’ non ci dicono con chiarezza quale acquistare, per non essere poi costretti a farli scadere e gettarli? Sono i nostri soldi che gettiamo”.

Ecco allora che, alla vigilia della stagione influenzale, torna in mente ancora una volta la ‘lezione della suina’, con milioni di dosi di vaccini avanzati, mai utilizzati e finiti ‘nel macero’. 

“Non stupisce che ci sia tanta confusione: la gente si chiede se noi gli esperti li abbiamo davvero. Ecco, è un po’ come entrare in un’osteria e chiedere all’oste se il vino è buono”, conclude Ciccozzi.

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