Il futuro della sostenibilità al Salone della CSR

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Di sostenibilità oggi si parla sempre più. E a ragion veduta. Soprattutto dopo la pandemia determinata da Covid-19 e nel mezzo di un periodo di incertezze – economiche e geopolitiche, ma anche ambientali – le aspettative e le richieste dei consumatori per pratiche più sostenibili sono maggiori rispetto anche a soltanto un decennio fa.

A evidenziarlo è la nuova ricerca Ipsos “Dieci anni di CSR: un bilancio sul futuro”, condotta nei mesi di aprile e maggio 2022 per il ‘Salone della CSR e dell’innovazione sociale’. E presentata ieri a Milano in apertura della manifestazione che si terrà fino al 5 ottobre all’Università Bocconi.

L’indagine parla chiaro: in questi dieci anni le persone sono diventate più attente al proprio comportamento e a quello delle aziende. Ormai non è questione di quando, ma di come tutti sinergicamente contribuiremo a un cambio di rotta verso un mondo più sostenibile.

Quasi 2 italiani su 3 (il 68%) si dichiarano pronti a spendere di più per un prodotto sostenibile. E quasi la metà della popolazione vorrebbe fare di più per comprendere se un’azienda è realmente impegnata nella sostenibilità: il 48% contro il 38% del 2018.

Le aziende comprendono il ruolo del consumatore all’interno dello stesso processo produttivo, e sono passate da un approccio alla sostenibilità destrutturato e occasionale a uno sempre più sistemico, strutturato e strategico.

Dieci anni fa, per definire la ‘Corporate Social Responsibility’  – ossia quell’ambito riguardante le implicazioni di natura etica della visione strategica d’impresa – si utilizzavano le parole Responsabilità, Ambiente e Solidarietà. Ora vengono espressi concetti molto più specifici e precisi come ESG (Environmental, Social, Governance), Climate Change, Diversity & Inclusion.

In un decennio è maturata la consapevolezza dei dirigenti aziendali (59%), che ha portato alla creazione di divisioni nelle aziende dedicate alla responsabilità sociale. E come in un gioco a specchi è notevolmente cresciuta anche quella dei clienti.

Le imprese hanno infatti potuto definire il proprio impegno nella sostenibilità, rendendosi più trasparenti al pubblico (+14% rispetto a 10 anni fa). Che ha potuto recepirle come autentiche, credibili ed efficaci. O il contrario.

Secondo il sondaggio Ipsos, condotto su un panel di mille persone rappresentativo della popolazione italiana over 16 e su un campione di 147 organizzazioni e imprese scelte tra le partecipanti al Salone della CSR nelle edizioni 2013-2021 (di cui il 75% costituito da aziende private, il 20% da organizzazioni non profit, il 3% da start-up e il 2% da enti pubblici), i consumatori di oggi valutano al primo posto nella scelta dei prodotti che acquistano l’impatto ambientale (55%), il rispetto dei lavoratori e delle leggi (22%) e l’eticità percepita dell’azienda (21%).

Secondo gli italiani però, solo il 34% delle aziende nazionali è orientato (davvero) alla sostenibilità nella produzione.Ma quanto ci mettiamo in gioco noi per primi per assumere ‘comportamenti responsabili’?

Analizzando le risposte degli intervistati, l’indagine individua quattro tipologie di consumatori: i sostenitori, gli aperti, gli scettici e gli indifferenti.

I primi sono i consumatori virtuosi: coloro che credono nei valori della sostenibilità e agiscono di conseguenza. Dal 2018 al 2022 sono passati dal 20% al 23%.

Al contrario gli indifferenti – che dimostrano scarso interesse al tema – sono scesi dal 17% al 14%.

Questo è un dato interessante, perché sottolinea che la sostenibilità sta passando dall’essere elitaria e circoscritta a sempre più diffusa.

Emergono tuttavia anche una serie di complessità. Il numero degli aperti, ad esempio, ovvero le persone orientate verso comportamenti più responsabili, è sceso dal 50% al 41%. Mentre sono passati dal 13% al 22% in quattro anni gli scettici: persone che ritengono che l’enfasi posta sulla sostenibilità nasconda soltanto finalità commerciali. Ed è abbastanza naturale: il sospetto di green e social washing fa sì che cali la fiducia da parte delle persone.

In dieci anni va comunque riconosciuto che molto sia cambiato, e in positivo Ma se ci proiettassimo tra altri dieci anni, quale sarà il futuro della sostenibilità? 

Secondo la CSR, le parole chiave su cui dobbiamo concentrarci – adesso per domani – sono cinque: Gender Gap, Climate Change, Sharing Economy, Carbon Neutrality, ed Energia Rinnovabile.

Si tratta di strade in parte già tracciate su cui dovremo imparare a muoverci.

Nel prossimo decennio, i maggiori contributi positivi potrebbero essere forniti dalle istituzioni europee e sovranazionali, oltre che dai consumatori con le proprie scelte di consumo e dalle grandi imprese.

Le aziende hanno grandi aspettative per il ruolo che avrà il settore bancario/finanziario con gli investimenti in ESG (58%), mentre la popolazione scommette sull’impegno delle istituzioni pubbliche nazionali (47%), anche grazie ai fondi del Pnrr.

E se è vero che un’azione individuale concreta per la riduzione dei consumi di energia, gas e acqua è ritenuta necessaria, ben più della metà della popolazione italiana (58%) pensa che fra 20 anni saremo in grado di svilupparci rispettando ambiente e persone.

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