Antibiotici, impariamo a utilizzarli bene/ VIDEO

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L’ultimo report sull’Antimicrobico resistenza (AMR) nei Paesi dell’Unione Europea, elaborato dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (ECDC) su dati del 2020, ha riconfermato che gli elevati livelli di AMR per diverse importanti combinazioni di specie batteriche e gruppi antimicrobici rimangono una seria sfida per l’UE. La resistenza antimicrobica è una minaccia per la salute pubblica, in Europa così come nel resto del mondo, anche se la consapevolezza della gravità ed urgenza del tema non è ancora diffusa nella opinione pubblica.

Secondo le stime del Surveillance Report ECDC, in Europa sono state segnalate nel 2020 più di 670.000 infezioni dovute a batteri resistenti agli antibiotici, e circa 33.000 morti come diretta conseguenza di queste infezioni, con un costo stimato per i sistemi sanitari europei di circa 1,1 miliardi di euro.

Al centro dell’attenzione sono i superbatteri multiresistenti, i cosiddetti superbugs. Ne abbiamo parlato con il prof. Gian Maria Rossolini, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’Università di Firenze.

Professor Rossolini, cosa sono i superbugs?

Sono microrganismi che hanno acquisito una resistenza ai farmaci normalmente utilizzati per combatterli. Ciò rende molto più difficile trattare le infezioni delle quali sono responsabili. Attualmente sono piuttosto numerosi, la maggior parte sono batteri, ma tra di essi c’è anche qualche fungo. Tra i batteri i più importanti, per diffusione e problemi causati, sono i Gram positivi, in particolare gli Stafilococchi e gli Enterococchi, in misura minore gli Pneumococchi. Tra i Gram negativi ricordiamo in primo luogo gli Enterobatteri, ma anche Acynetobacter, Pseudomonas e, entro certi limiti, Gonococchi e Helycobacter. Tra i funghi comincia a preoccuparci la Candida auris.

Le stime ufficiali, elaborate su dati del 2019, ultimo anno nel quale è stata effettuata una rilevazione di questo genere, parlano di oltre 1.200.000 morti attribuibili ai superbugs a livello globale. Un dato quasi certamente sottostimato, a causa della difficoltà di raccogliere dati soprattutto in quelle aree del mondo nelle quali i sistemi sanitari sono meno sviluppati e più fragili.

 

L’ultimo report dell’ECDC cita espressamente le differenze nell’AMR tra diverse aree geografiche europee. I Paesi del Sud e dell’Est Europa fanno i conti con un problema assai più rilevante rispetto a quelli del Nord. Come si spiegano differenze così significative?

In primo luogo non si può che prendere atto di questi numeri, anche perché sono ormai consolidati da anni. I fattori che contribuiscono a queste differenze sono molteplici. Un elemento fondamentale riguarda gli aspetti di carattere organizzativo e le risorse impegnate per l’implementazione delle misure per la prevenzione e il controllo delle infezioni, per esempio in termini di personale sanitario dedicato, certamente inferiori e insufficienti nei Paesi del Sud e dell’Est Europa. Bisogna considerare, poi, la cultura del buon uso degli antibiotici, sia a livello di personale sanitario che della popolazione, e le norme igieniche di base. Un terzo elemento riguarda la densità e la mobilità della popolazione, superiori nei Paesi del Sud e dell’Est Europa, e che rendono più difficili le attività di sorveglianza.

Infine, tassi più elevati di antimicrobico resistenza funzionano da alimentatori del problema. In presenza di batteri resistenti è necessario utilizzare antibiotici di riserva, a spettro più ampio. Ma il ricorso più diffuso ad essi contribuisce a selezionare forme di resistenza anche nei confronti di questi antibiotici, in altre parole si innesca un effetto domino.

 

Qual è la situazione in Italia?

L’Italia è una delle aree geografiche maggiormente interessate dall’AMR. Tra i batteri multiresistenti i più presenti al momento sono i batteri Gram negativi, ma anche Stafilococchi ed Enterococchi sono importanti.

Come si sviluppano i superbugs? 

Attraverso una pressione selettiva che li favorisce. Questa pressione è il risultato dell’utilizzo che facciamo degli antibiotici, per uso umano, animale o ambientale. Si crea così un ambiente selettivo nel quale i batteri resistenti sono favoriti e, quindi, possono svilupparsi.

Il fenomeno non sempre è reversibile. Alcuni batteri, infatti, una volta selezionati hanno la capacità di diffondersi anche quando la pressione selettiva viene meno. Ciò significa che in alcuni casi è sufficiente ridurre la pressione selettiva per vedere regredire la loro presenza, in altri, purtroppo, ciò non è sufficiente e i batteri multiresistenti tendono comunque a persistere nell’ambiente.

In Italia, così come nel resto del mondo, il fenomeno è associato in maniera importante alla assistenza sanitaria. Tuttavia il fenomeno si estende anche al territorio, in primo luogo perché gli antibiotici sono utilizzati anche a questo livello, e poi per la mobilità dei pazienti dalle strutture sanitarie al territorio, e viceversa. Quindi il paziente portatore del batterio multiresistente una volta dimesso, da un ospedale o da qualunque altro presidio sanitario, lo porta sul territorio, per esempio all’interno del suo nucleo familiare.

 

Le strategie di contrasto all’antimicrobico resistenza devono essere capaci di intervenire su più terreni. Qual è quello prioritario? 

La priorità nell’antimicrobico resistenza è mettere insieme più azioni coordinate, perché nessuna azione singola, per quanto valida, è efficace da sola. In primo luogo, sorvegliare l’andamento del fenomeno e capire come sta evolvendo. Quindi prestare attenzione al buon uso degli antibiotici, utilizzandoli in modo appropriato, quando servono, evitando l’abuso e il ricorso indiscriminato ad essi, e mettendo in atto tutti quei comportamenti che ci consentano di minimizzare la selezione delle resistenze. Non possiamo abolire gli antibiotici, dobbiamo utilizzarli perché servono e salvano vite. Ma dobbiamo imparare a utilizzarli bene, in maniera che la selezione delle resistenze, che è un effetto collaterale, sia ridotta al minimo.

Un terzo aspetto riguarda il controllo della diffusione dei batteri antimicrobico resistenti, soprattutto in ospedale, ponendo la massima attenzione anche a tutte quelle pratiche che abbiamo imparato a conoscere con la pandemia da Sars-Cov-2, e che in realtà sono buone pratiche igieniche per limitare la trasmissione di qualunque agente infettivo, compresi i batteri multiresistenti.

La sorveglianza, che in prima battuta ci consente di comprendere di quale entità sia il problema che abbiamo di fronte e a quale tipo di evoluzione vada incontro, in seguito ci può dare informazioni sulla maggiore o minore efficacia delle azioni che abbiamo adottato.

 

In tanti sottolineano l’importanza della diagnostica microbiologica e, più in generale, della innovazione diagnostica. È d’accordo?

Sì. L’innovazione è importante in molti ambiti, ma in questo lo è particolarmente. I nuovi diagnostici microbiologici ci danno risposte più rapidamente e ci consentono di utilizzare l’antibiotico giusto al momento giusto e, quindi, di migliorare la stewardship antimicrobica, personalizzando gli interventi terapeutici.

E l’innovazione terapeutica?

Anch’essa è molto importante. Sia per quanto riguarda la ricerca di nuovi farmaci di tipo convenzionale, che siano efficaci anche nei confronti dei batteri multiresistenti, e recentemente abbiamo avuto numerosi esempi di farmaci validi e veramente preziosi, sia cercando strategie complementari, per esempio attraverso l’immunoterapia o il ricorso ai batteriofagi, puntando alla sinergia degli interventi terapeutici.

L’innovazione è fondamentale anche per rafforzare la nostra capacità di sorveglianza, perché abbiamo bisogno di sistemi innovativi in grado di assicurarci informazioni più capillari, in tempi più brevi e, soprattutto, che siano sostenibili anche in quelle realtà a basso e medio reddito nelle quali la sorveglianza convenzionale non può essere sviluppata per inadeguatezza delle risorse. E questo è un aspetto estremamente importante per garantire l’osservazione e il controllo dell’andamento dell’AMR a livello globale, cosa al momento alquanto difficile

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