Se la vista in Italia resta una ‘Cenerentola’

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Nonostante gli occhi siano gli organi più sofisticati dopo il cervello (ben 100 volte più complessi del cuore) la vista in Italia resta una ‘Cenerentola’. A lamentarlo è il battagliero presidente della Società Oftalmologica Italiana (Soi), Matteo Piovella, nel corso della presentazione del 101° Congresso Soi, che si svolgerà a Roma dal 16 al 19 novembre.

Piovella chiama in causa il nuovo Governo: nonostante la crisi delle risorse, si deve agire con impegno per garantire l’accesso alle cure oculistiche salvavista e impedire così il raddoppio delle persone cieche, previsto entro il 2030 dalla Soi.

L’oculistica italiana è in affanno, e il settore è in ritardo anche sul fronte della digitalizzazione. Oggi, dicono gli oculisti Soi, “rappresentiamo la Cenerentola del Ssn: ogni decisione da anni è stata finalizzata al contenimento della spesa. Col risultato che i cittadini sono costretti a pagare di tasca propria”. Risultato? Attese per l’intervento di cataratta che raggiungono i tre anni, visite oculistiche non più effettuate negli ospedali, presenza di solo l’1% delle nuove tecnologie in ambito Ssn, necessità di superare un modello inefficace che spacchetta la visita oculistica in oltre tre accessi alla struttura pubblica prima di venire in possesso di una diagnosi, con attese di diversi mesi.

Nonostante tutto questo i 7000 medici oculisti salvano la vista a un milione e mezzo di persone ogni anno, effettuando 20 milioni di visite oculistiche. Il fatto è che oggi la tutela della vista nel Ssn vive una crisi paragonabile a quella molto impegnativa dei Pronto soccorso.

“L’oculistica non è considerata per mancanza di conoscenza dei risultati migliorativi che è capace di mettere in campo se adeguatamente sostenuta – afferma Matteo Piovella – e questo non dipende da inadeguatezza di tipo medico. Burocraticamente l’oculistica non può accedere al Pnrr perché attività di tipo elettivo, quindi non salvavita, e non si può avvantaggiare di nessuna priorità. Così sempre più persone si trovano a dover mettere mano al portafoglio per salvaguardare la salute dei propri occhi con l’aggravante di essere esclusi da ogni forma di compartecipazione alla spesa e di ogni possibile ristoro”.

Una difficoltà che la pandemia ha esacerbato. “Abbiamo carenze di cura per i pazienti affetti da maculopatie – sottolinea Piovella – ben il 70% non accede a terapie adeguate solo per inadempimenti burocratici mai così penalizzanti. Così come per la chirurgia della cataratta, anche se con i miglioramenti tecnologici disponibili l’intervento di cataratta – che ricordo che 2019 ha raggiunto i 650.000 interventi, ed è l’83% dell’attività di una divisione di Oculistica, corregge tutti i difetti di vista sia quelli da lontano che quelli da vicino: si guida la macchina, si guarda la televisione, si legge un libro o il giornale liberamente senza dipendere da nessuna correzione e dai limiti conseguenti”. Attenzione, perché tutti prima o poi hanno problemi di vista.

“L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera i difetti di vista la causa principale di ipovisione e cecità – sottolinea Piovella – Secondo i dati Oms 2,2 miliardi di persone presentano penalizzazione della vista: 123 milioni a causa dei difetti di vista, 826 milioni a causa della presbiopia, 65 milioni per la cataratta e 7 milioni per il glaucoma”.

In Italia  però “si continua a considerare l’eliminazione dei difetti di vista con l’impianto di cristallini artificiali a tecnologia avanzata come una chirurgia a scopo estetico, non previsto, anzi combattuto dal Sistema Sanitario Nazionale”, dice Piovella, stigmatizzando una burocrazia ministeriale che si annoda su principi obsoleti e non rispettosi dei diritti dei pazienti.

“Da qui al 2030 e previsto il raddoppio delle persone cieche. La buona notizia è che tutto questo può essere contenuto e forse evitato – conclude – se verrà prestata attenzione a quanto è stato sottoposto alla politica da molti anni senza ascolto né ovviamente successo. Servono risposte: sono necessarie risorse economiche adeguate per garantire ai pazienti le nuove tecnologie e le terapie d’avanguardia. Servono 600 milioni per ammodernare attrezzature e tecnologie per una precisione diagnostica che solo qualche anno fa non si poteva ottenere e renderla accessibile a tutti”.

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