Vino e batteri buoni, effetto microbiota

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La ricerca italiana per favorire la presenza di batteri buoni nell’intestino passa anche per il vino rosso. I risultati degli ultimi lavori scientifici commentati da Marco Minetto. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2022.

Un sano piatto di pasta e fagioli, con olio extravergine d’oliva. Per concludere, un quadretto di cioccolato fondente. Il tutto accompagnato da un bicchiere da tavola (non ricolmo, ovviamente) di vino rosso. Per chi si occupa dei misteri del microbiota, l’immensa popolazione di batteri (e non solo) che abita il nostro apparato digerente ed entra in gioco su tanti versanti del benessere, questa potrebbe essere la ricetta tutta italiana per favorire naturalmente la crescita di ceppi del genere Akkermansia. Detto che il microbiota si modifica costantemente con l’avanzare dell’età e per le nostre abitudini alimentari, disporre di una buona quantità di ceppi batterici di questo tipo potrebbe risultare una chiave importante per il benessere e l’invecchiamento in salute. In chi si avvicina al secolo di vita, infatti, il cocktail equilibrato di batteri intestinali e la presenza di Akkermansia sarebbero una sorta di ‘traccia’ invisibile di un buono stato di salute nella terza età. La presenza di batteri di questo tipo tende ad aumentare con l’età quando si sta bene e si è in forma, ma si abbassa di molto quando l’anziano diventa fragile per malattie croniche o va incontro a declino cognitivo e fenomeni infiammatori.

A segnalare queste curiosità e l’importanza di un’alimentazione mediterranea è uno studio apparso su Nature Reviews Gastroenterology ed Epatology, coordinato da Paul W. O’Toole, dell’Università nazionale d’Irlanda di Cork. Ed è ancora la scienza a dire che anche il bicchiere di vino, per chi ha l’abitudine di avvicinarsi al calice (per chi non beve le linee guida sconsigliano di iniziare), può essere presente nell’ambito di una dieta che punti anche a mantenere ottimale sana la megalopoli di cellule batteriche presenti nell’intestino. “L’alcol non fa bene al corpo e andrebbe evitato: ma ci sono prove che il vino, a piccole dosi e senza fare l’errore del ‘binge drinking’, ovvero del consumo concentrato magari nel weekend, può anche avere azioni positive sull’organismo e non solo sul microbiota, di cui favorisce la modulazione – commenta Marco Minetto, docente all’Università di Torino. Studi su ampie popolazioni dimostrano ad esempio che l’abitudine di bere moderatamente (ma occorre davvero essere moderati imparando a degustare più che a consumare, perché gli effetti degli alcolici possono essere pesantissimi per l’organismo) risulta associata a riduzione del rischio di sviluppare malattie degenerative del sistema nervoso e può avere un ruolo protettivo per le malattie cardiovascolari. Si osserva infatti il classico effetto ‘J-shaped’ (ovvero a forma di J): il rischio appare incrementato per chi è completamente astemio così come per chi beve molti alcolici, ma appare globalmente inferiore rispetto a questi estremi in chi ha un consumo moderato di vino”. Più complesso, probabilmente, è riuscire a capire come davvero i componenti del vino – sempre ricordando il rischio dell’assunzione cronica di alcol che sicuramente ha effetti negativi sul metabolismo e sulle cellule – possano davvero interferire positivamente sull’organismo.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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