Covid e isolamento, il rebus della contagiosità e la curva dei ricoveri

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Mentre diventa complicato, in mancanza di dati ufficiali, monitorare l’andamento della pandemia, il governo sta pensando di eliminare l’isolamento per i positivi a Covid-19. Il ministro della Salute Orazio Schillaci ha spiegato che al ministero di Lungotevere Ripa, insieme a Istituto superiore di sanità e Aifa, si ragiona sulla possibilità di eliminare i giorni di isolamento per chi risulta positivo (ridotti da 7 a 5).

Un altro passo avanti verso la normalizzazione della pandemia. Ma l’eventuale circolazione di positivi – magari asintomatici – non rischia di giocare a favore del virus? E per quanto tempo i positivi alla sottovariante Omicron in circolazione sono contagiosi? Fortune Italia lo ha chiesto a Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia della facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma.

“Sei contagioso fino a quando il tampone è positivo – chiarisce Ciccozzi – dunque l’isolamento si può ridurre a quando i sintomi sono finiti, ma se si esce e si incontrano persone occorre mettere la mascherina”. Perché il rischio altrimenti è quello di diffondere Sars-Cov-2. 

“L’isolamento si può limitare alla fine dei sintomi – precisa Ciccozzi – ma è la mascherina a fare la differenza: anche se non hai i sintomi ma sei positivo al tampone puoi contagiare gli altri”.

Anche se le forme tendono a diventare meno pesanti. Almeno secondo uno studio – che non ha mancato di suscitare polemiche – pubblicato su Computational and structural biotechnology Journal dai ricercatori dell’Università di Padova, guidati da  Giorgio Palù, presidente dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco). La contagiosità del virus pandemico “è diventata inversamente proporzionale alla letalità: l’evoluzione del Sars-Cov-2 si sta trasformando in forme più “benigne” rispetto al Covid che abbiamo conosciuto”, ha spiegato Palù.

D’altra parte il virus sta ancora circolando, anche se la curva dei ricoveri Covid nel nostro Paese è piatta. Il dato questa volta emerge dall’ultima rilevazione effettuata negli ospedali sentinella aderenti alla rete Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere).

Nel report settimanale del 2 novembre si segnalano minime variazioni del numero dei pazienti ricoverati in ospedale, sia nei reparti ordinari sia nelle rianimazioni: lo 0,4% in più. Uno scostamento giudicato dagli esperti “poco significativo”, che evidenzia in questa fase la natura di una epidemia persistente ma anche di forme meno severe.

Il piccolo aumento riguarda i pazienti ricoverati nei reparti Covid ordinari, mentre le terapie intensive, con una lieve diminuzione del numero di pazienti, restano a livelli bassi di occupazione.

Ma chi è oggi a finire in ospedale? I ricoverati ‘per Covid’, con sindromi respiratorie e polmonari legate all’infezione, è pari al 43% del totale. Quelli trovati incidentalmente positivi al tampone pre-ricovero, ma in ospedale per curare altre patologie, sono la maggioranza: 57%.

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