Gemelline calabresi operate in utero, salvate a Roma

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E’ una bella storia di medicina quella che ci arriva oggi da Roma. Protagoniste, due gemelline calabresi, la cui vita era a rischio a causa di una malattia che colpisce i gemelli che hanno in comune la placenta.

Le piccole sono state operate in endoscopia mentre erano ancora nella pancia della mamma, alla 24.ma settimana di gravidanza. L’intervento, effettuato dall’equipe dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con l’ospedale S.Pietro Fatebenefratelli, è perfettamente riuscito e ora le piccole – nate pretermine a metà ottobre – stanno bene, tanto che la famiglia è tornata a casa per festeggiare il Natale.

La storia delle gemelline

Le piccole erano affette da sindrome da trasfusione feto fetale (Twin to Twin Transfusion Syndrome), una malattia caratterizzata dal passaggio anomalo di sangue da un gemello all’altro.

La storia di mamma Gessica e papà Francesco inizia ad agosto. Poco dopo l’arrivo nell’ospedale della Santa Sede con la diagnosi di sindrome da trasfusione feto fetale, l’intervento viene effettuato d’urgenza dall’equipe di Chirurgia fetale con Isabella Fabietti che opera all’interno dell’Unità operativa di Medicina e Chirurgia Fetale e Perinatale, diretta da Leonardo Caforio, nell’ambito del Dipartimento medico chirurgico del Feto-neonato-lattante diretto da Pietro Bagolan.

L’intervento è stato effettuato presso il Reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli guidato da Marco Bonito, uno dei più importanti centri nascita in Italia, con il quale il Bambino Gesù ha avviato da alcuni anni una stretta collaborazione.

A questo punto gemelline e mamma sono state sottoposte a un monitoraggio ecografico stretto, fino alla decisione di intervenire alla 30.ma settimana con un parto cesareo, perché i sanitari erano preoccupati per le condizioni della gemella più piccola, che cresceva meno.

gemelline
Gessica, Francesco e le due gemelline

“Sono nate una alle 12.39 e una alle 12.40. Hanno pianto: vuol dire che hanno respirato entrambe e stavano bene: un miracolo”, ha detto la mamma. Dalla sala parto le gemelline sono passate alla terapia intensiva e, dopo un po’, alla sub intensiva. Da qui le bambine sono state dimesse a fine novembre la prima, e nei giorni scorsi, in tempo per Natale, la seconda.

“Quest’anno – ha detto Gessica, con un sorriso – i personaggi del presepe li impersoneremo noi arrivando non con uno, ma con due bambine, per la gioia di nonni, parenti e amici. E’ stata un’esperienza difficile, ma grazie alla professionalità e soprattutto alla grande umanità dei medici del Bambino Gesù e del S. Pietro Fatebenefratelli che ci hanno accompagnato ad ogni passo, riusciremo a tornare a casa con le nostre bambine. Ed è questo il messaggio di fiducia e speranza che vogliamo trasmettere agli altri genitori che si trovano nella nostra situazione”.

La sindrome che colpisce i gemelli

Non sono note le cause che determinano la sindrome da trasfusione feto fetale. Questa si manifesta nel 10-15% delle gravidanze con gemelli che condividono la placenta, ma sono racchiusi ognuno nel proprio sacco amniotico.

Il problema, spiegano i medici del Bambino Gesù, è legato al fatto che si verifica un passaggio anomalo di sangue da un gemello (donatore) all’altro (ricevente). Lo squilibrio comporta un aumento del volume di liquidi nel ricevente, con conseguente aumento della quantità di urina emessa (poliuria). La poliuria determina un eccesso di liquido nel suo sacco amniotico (polidramnios). Nel sacco del donatore, al contrario, si verifica la riduzione di liquido amniotico fino alla sua assenza totale (anidramnios) e ad alterazioni circolatorie legate alla diminuzione di volume di sangue. Nella maggior parte dei casi la malattia si manifesta tra la 16.ma e la 26.ma settimana.

In caso di forme gravi, senza un intervento nella maggioranza dei casi il rischio è quello di perdere uno o entrambi i gemelli.

L’operazione in utero che ha salvato le gemelline

L’equipe di Medicina e chirurgia fetale del Bambino Gesù è intervenuta mediante l’esecuzione della coagulazione laser endoscopica delle anastomosi vascolari placentari.

Ma cosa vuole dire? In tutte le gravidanze gemellari con una sola placenta esiste una zona  in cui i vasi sanguigni placentari che appartengono al territorio di un gemello entrano in comunicazione con quelli dell’altro gemello, attraverso la presenza di collegamenti (anastomosi) tra i vasi sanguigni. Normalmente lo scambio di sangue avviene in modo bilanciato tra i due feti. Quando però non lo è, si manifesta sindrome e occorre intervenire per ristabilire una circolazione adeguata per i gemelli.

Un endoscopio (fetoscopio) di circa 3 mm di diametro viene inserito all’interno della cavità amniotica del gemello ricevente attraverso l’addome materno. All’interno del fetoscopio viene inserita successivamente una sottilissima fibra laser che consente di coagulare le anastomosi vascolari anomale, per dividere la placenta in due distretti separati.

L’intervento che ha portato alla nascita delle gemelline calabresi è stato il ventiquattresimo effettuato al Bambino Gesù dall’inizio del 2022 (oggi siamo a 25).

La gioia dei medici

“E’ una grande gioia vedere andare a casa queste bambine – ha detto Isabella Fabietti -Con queste famiglie condividiamo un percorso molto intenso di vicinanza sin dal momento della diagnosi e dell’intervento in utero, fino alla nascita e alla dimissione dalla terapia intensiva. Sono percorsi molto difficili per le famiglie da ogni punto di vista, spesso anche economico e organizzativo”.

“E’ importante per noi – ha sottolineato Fabietti – cercare di dare ai genitori il massimo supporto professionale e umano. Anche se nella maggior parte dei casi siamo riusciti a salvare entrambi i gemelli, si tratta di una patologia grave che può portare alla perdita di un gemello e persino di entrambi. Quando spieghiamo questa malattia ai genitori diciamo loro di non disperare e affrontare il percorso passo dopo passo“.

“La fase della diagnosi prenatale e del monitoraggio dell’equilibrio cardiocircolatorio fetale è cruciale – ha aggiunto Leonardo Caforio, responsabile dell’Unità operativa di Medicina e Chirurgia Fetale e Perinatale – poiché dal corretto e tempestivo inquadramento diagnostico e dalla scelta del momento più opportuno per l’intervento in utero può dipendere l’esito del trattamento stesso e la prognosi dei gemelli. Non è infrequente che, nel momento in cui la gestante viene in contatto con il centro di riferimento per la chirurgia fetale, inviata dal ginecologo curante o da un centro di screening, le condizioni dei gemelli siano già seriamente compromesse”. Ecco perché è “necessaria la perfetta organizzazione dell’equipe medico-infermieristica multidisciplinare dedicata alla chirurgia in utero, che deve anche poter essere attivata molto rapidamente. Tale organizzazione può rivelarsi determinante”.

“Partecipiamo alla gioia della famiglia che è anche la gioia di tutti i medici del Bambino Gesù e del S. Pietro FBF – ha affermato Marco Bonito, direttore Dipartimento materno infantile e Direttore Uoc di Ginecologia e Ostetricia Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli – che con dedizione ed entusiasmo mettono a disposizione sacrifici e professionalità per ottenere questi risultati. Il centro di chirurgia fetale nato dalla sinergia delle due strutture ha come unica mission: ottenere risultati che rendano felici le famiglie che improvvisamente, durante la gravidanza, si trovano a dover affrontare problemi che inizialmente appaiono insormontabili”.

Secondo Pietro Bagolan, direttore del Dipartimento medico-chirurgico del feto-neonato-lattante, questi risultati “si possono ottenere solo attraverso una reale ed affiatata collaborazione trasversale, in questo caso tra ginecologi-ostetrici altamente specializzati, neonatologi, psicologi, personale infermieristico educato alla gestione di questi bambini fragilissimi”.

“Soprattutto – ha aggiunto – è necessaria quella che chiamiamo alleanza terapeutica con i genitori che si trovano ad affrontare un problema che li atterrisce sulla scorta di Internet, luoghi comuni, consigli mai abbastanza competenti data la rarità delle problematiche che affrontiamo. Solo in un Policlinico Materno-Infantile e pediatrico quale è la sintesi collaborativa tra Ospedale Bambino Gesù e Ospedale S. Pietro FBF di Roma, e in pochissimi altri centri in Europa, è possibile avvicinarsi con competenza e grande rispetto ad ambiti della medicina così ai confini della scienza, della tecnica, dell’etica e della capacità di accogliere la persona e la famiglia che vivono settimane e mesi così particolari e di sofferenza anche interiore”.

Si parla (e si scrive) tanto di mettere il paziente al centro, ma in questo caso è stato davvero così. La storia di Gessica, Francesco e delle loro due gemelline di Catanzaro è davvero un esempio di buona medicina, che potrà dare speranza alle altre coppie che si trovano a fronteggiare situazioni simili.

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