L’inverno demografico e primi nati del 2023

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In un’Italia alle prese con il dramma delle culle sempre più vuote, fanno ben sperare le notizie dei primi nati del 2023. A Torino il 2022 si è chiuso con Carlo Alberto e si è aperto con Glory Blessed: il primo è nato alle 23.17, con un peso di 2 kg 820 g, da  genitori sono di nazionalità italiana, il secondo 25 minuti dopo la mezzanotte, pesa poco più di 4 kg e i genitori sono di nazionalità nigeriana.

I dati del 2021 e le stime del 2022

La pandemia sembra aver dato un ulteriore colpo al numero dei bimbi nati in Italia. Secondo l’ultimo rapporto sulle nascite dell’Istat nel 2021 sono nati in Italia 400.249 bimbi, circa 4.500 in meno rispetto al 2020. Ma il nostro Paese non fa che inanellare record al ribasso, quando si parla di natalità. Dal 2008 le nascite sono diminuite di 176.410 unità (-30,6%).

E la denatalità è destinata a proseguire nel 2022. Secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-settembre, i nati sono diminuiti di 6 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2021, poco più della metà di quanto osservato nei mesi gennaio-settembre del 2021 nel confronto con gli stressi nove mesi del 2020.

Le cause della denatalità

Nascono sempre meno bimbi da coppie italiane. Secondo gli esperti dell’Istituto di statistica questo è in parte dovuto agli effetti strutturali indotti dalle significative
modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In questa fascia di popolazione, infatti, le donne italiane sono sempre meno numerose: da un lato le baby-boomers (nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) sono quasi del tutto uscite dalla fase riproduttiva; dall’altro le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti.

Queste ultime scontano, infatti, l’effetto del cosiddetto baby-bust, la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995 che ha portato al minimo storico di 1,19 figli
per donna in Italia nel 1995. Ecco quella che gli statistici chiamano trappola demografica. 

Se dagli anni Duemila l’apporto dell’immigrazione ha parzialmente contenuto gli effetti del baby-bust, ora anche questo contributo si sta riducendo, dal momento che invecchia anche l’età della popolazione straniera residente.

Nascere in Italia

Nonostante il trend generale, l’ospedale Sant’Anna di Torino – fanno sapere dalla struttura – si conferma il primo in Italia e tra i primi in Europa per numero di parti. Durante il 2022 i parti presso l’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino sono stati 6.414, per il 97% parti singoli, con 170 parti gemellari e 3 trigemellari per un totale di 6.590 nascite. La proporzione complessiva di tagli cesarei è circa del 31%, stabile rispetto agli anni precedenti.

In occasione del Capodanno dal capoluogo piemontese segnalano anche i primi nati al Mauriziano. Questa volta si tratta di una bimba, Matilde, nata alle 11,17, peso 3.810 g, nata con parto cesareo da genitori di nazionalità italiana. Nel 2022 al Mauriziano sono nati 1.066 bimbi, dei quali 527 femmine, 539 maschi, 2 gemellari, 32% con taglio cesareo (in calo rispetto agli anni precedenti). Nel 2021 erano stati 1.092.

Anche se guardano le singole realtà, il trend della denatalità nel nostro Paese sembra duro da arrestare, se non invertire. Ecco allora che torna d’attualità la proposta lanciata qualche tempo fa dal  presidente della Società di diagnosi prenatale e medicina materno fetale, Claudio Giorlandino.

Per l’esperto occorre “supportare economicamente la maternità. Sostenere i genitori. Si aiutino, con almeno 1.000 euro al mese per ogni nuovo nato, e questo almeno fino all’età scolare”, chiede lo specialista.

Se finora l’Italia non ha fatto che inanellare record negativi, il ragionamento dell’esperto è chiaro: per invertire il trend della natalità occorre dare sollievo ai bilanci delle giovani famiglie, con “1.000 euro al mese, per tutti i nuovi nati almeno fino all’età scolare“.

Se è vero che nel nostro Paese di tende a trascurare le esigenze di giovani e giovanissimi, chiudere gli occhi di fronte a questo problema rischia di impattare pesantemente sul futuro dell’Italia. I primi fiocchi rosa e azzurri dell’anno sono un segno di speranza, che però va alimentata e sostenuta.

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