Covid, Kraken e lo sciame di sottovarianti con nomi da paura

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Mentre l‘Europa adotta un approccio soft sui tamponi per i voli dalla Cina (incoraggiando ma non stabilendo un obbligo), la corsa della pandemia da Covid-19 appare in rallentamento. A livello globale, infatti, dal 26 dicembre 2022 al 1 gennaio 2023 sono stati segnalati oltre 3 milioni di nuovi casi e 10.000 decessi, con una “riduzione di contagi settimanali e morti rispettivamente del 22% e del 12%”, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. Ma intanto una nuova sottovariante dal nome spaventoso si affaccia all’orizzonte: Kraken.

Si tratta di una sottovariante di Omicron, XBB.1.5, ribattezzata come il mostro marino leggendario portato sul grande schermo nella serie ‘Pirati dei Caraibi’. Kraken avrebbe fatto raddoppiare il numero di casi negli Usa in una sola settimana, come ha segnalato su Twitter l’epidemiologo americano Eric-Feigl-Ding, capo della task force Covid del New England Complex Systems Institute. Si tratterebbe di una nuova sottovariante “più immuno-evasiva e più infettiva rispetto alle precedenti”. Ma sarà davvero così?

“Di Kraken fa paura solo il nome. E il punto è proprio questo: al di là dell’individuazione delle famiglie del virus Sars-Cov-2”, fatta dall’Oms e che utilizza lettere dell’alfabeto greco, “ormai è scattata la moda di dare nomi di fantasia a sottovarianti e ricombinanti per spaventare le persone”, afferma a Fortune Italia Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma.

Ciccozzi questo virus lo conosce bene, dal momento che per primo – nell’ormai lontano 2020 – segnalò (attraverso una pubblicazione scientifica, non su Twitter) le mutazioni del ceppo originario di Wuhan, e in questi anni ha analizzato nei dettagli le diverse varianti emerse, pubblicando di volta in volta i risultati insieme a colleghi di diversi atenei italiani. 

La famiglia di Kraken

“Kraken, XBB.1.5, discende da XBB.1, soprannominato Hippogryph, a sua volta derivato dal XBB, l’ormai famoso Gryphon. Non capisco perchè si vogliano spaventare le persone con qualcosa che è ampiamente coperto dai vaccini a mRna, per quanto riguarda le forme gravi e i decessi. Siamo alle prese con lo sciame di sottovarianti e forme ricombinanti di Omicron – continua Ciccozzi – ma fino a quando la sintomatologia clinica resta quella che conosciamo, non direi di allarmarci”.

I dati dei ricoveri

A fare il punto sull’andamento dei ricoveri Covid in Italia sono gli ospedali sentinella della rete Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedalier). Per la terza settimana la curva è caratterizzata da una flessione, -0,7% rispetto alla precedente rilevazione. È dunque stabile la situazione negli ospedali, tanto nei reparti ordinari che nelle terapie intensive.

Aumentano però il ricoveri ‘Per Covid’ del 9,6% (pazienti con insufficienza respiratoria o polmonite), che occupano il 39% di posti letto ‘riservati’ al virus pandemico (e per l’87%  non hanno fatto la dose di richiamo negli ultimi sei mesi).

Cauto il il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore: “Sono dati interlocutori. La settimana prossima riaprono le scuole e potrà esserci una intensificazione della circolazione virale”.

C’è poi da vedere che effetto avranno avuto le riunioni fra amici e parenti nei giorni delle feste di fine anno sui contagi Covid e su quelli influenzali.

I dati cinesi

Intanto Ciccozzi ribadisce la sua preoccupazione per l’opacità delle informazioni che arrivano dalla Cina. “Anche l’Oms ha sottolineato che le cifre pubblicate da Pechino sottorappresentano il reale impatto della malattia in termini di ricoveri ospedalieri e di decessi”, insiste. Una puntualizzazione, quella dell’agenzia di Ginevra, alla quale da Pechino replicano invitando l’Oms ad “adottare una posizione imparziale”

Schermaglie diplomatiche che sottovalutano un rischio, secondo Ciccozzi. “Se dovesse esserci una nuova ondata globale provocata dalla Cina, chi vorrà più andare nei locali cinesi?”.

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus

Tornando a Kraken, “basta una sola mutazione a livello molecolare per generare una forma diversa. Ma le cellule T linfocitarie non sono messe in crisi da queste variazioni. Dovrebbe arrivare qualcosa di diverso da Omicron per preoccuparci davvero”.

Per Ciccozzi “non è tanto la nuova forma del virus pandemico a doverci spaventare, quanto il fatto di dare questi nomi alle sottovarianti”. Lo scienziato è anche  convinto che “fra qualche giorno potremo valutare il reale impatto delle feste di fine anno in termini di contagi influenzale e Covid-19”.

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