Medici e operatori aggrediti, perchè dilaga la violenza

violenza medici
Aboca banner articolo

La violenza genera violenza. Così, se il nuovo anno si era chiuso con l’aggressione al chirurgo Giorgio Falcetto, 76 anni, morto dopo essere stato colpito alla testa con un’accetta nel parcheggio del Policlinico San Donato, quello nuovo si apre con i resoconti di nuove, drammatiche, violenze.

Quella al Sant’Andrea di Roma, dove un medico è stato aggredito e alcuni infermieri insultati dai familiari di un paziente deceduto (che si sono accaniti anche sulle strumentazioni mediche). E quella di Udine: vittima questa volta una giovane dottoressa, Adelaide Andriani, presa per il collo mentre era di turno nell’ambulatorio di continuità assistenziale dell’ospedale Gervasutta (l’ex guardia medica). Paura, amarezza, sgomento e l’idea di cambiare lavoro.

Ma perchè tanta violenza nei confronti di operatori che per mesi abbiamo celebrato come eroi della pandemia? L’idea di molti professionisti della sanità è che la profonda crisi del Ssn porti i cittadini-pazienti a prendersela con medici e infermieri, visti come volto di un sistema che fatica a ripartire dopo Covid-19.

Ma forse c’è anche un’altra questione aperta: quella legata alla salute psichica di una popolazione che si è trovata ad affrontare lockdown, emergenza pandemica, guerra, difficoltà economica. Siamo tutti più fragili, ma nulla giustifica la violenza.

Morto il chirurgo aggredito con l’accetta, i numeri della violenza sui medici

I numeri delle aggressioni ai medici

La Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici) monitora questo fenomeno da anni. “Prima della pandemia il dato, sottostimato perché le aggressioni verbali non sono sempre denunciate, viaggiava intorno ai 1.500 casi l’anno. Abbiamo istituito un gruppo di lavoro con Inail e a breve avremo i dati relativi agli ultimi due anni”, ha detto poche settimane fa a Fortune Italia il presidente Filippo Anelli.

Quello che già si sa è che la violenza riguarda principalmente i medici dipendenti. Sul versante dei convenzionati il fenomeno è un po’ ridotto, ma alcune indagini condotte a livello locale mostrano un progressivo ritorno ai  livelli pre-pandemia.

Regole e prevenzione

“Occorre dare piena applicazione alla legge e perseguire d’ufficio questi reati – ha ribadito Anelli dopo le ultime aggressioni – Ma occorre soprattutto prevenirli, attraverso modelli organizzativi e una cultura del rispetto. Nulla, mai, giustifica la violenza ma, per prevenirla, è necessario comprenderne e rimuoverne i fattori scatenanti”.

“Nella gran parte dei casi – ha notato Anelli – le aggressioni nascono da un disagio dei pazienti, sottoposto a lunghe attese, a carenza di informazioni. Che è poi l’altra faccia del disagio del personale, stremato dalla carenza di organico, dai turni massacranti, dalla scarsità di tempo da dedicare alla comunicazione con i pazienti e con i parenti, che, non dimentichiamolo, è esso stesso tempo di cura”.

L’impegno del ministero della Salute

“Episodi di aggressione fisica e verbale a medici e infermieri, come quelli che si ripetono con sconcertante frequenza, non sono più ammissibili – è intervenuto il ministro Orazio Schillaci – Al personale sanitario va tutta la mia solidarietà e vicinanza. Il ministero della Salute metterà in atto tutte le iniziative necessarie a tutelare la loro incolumità”.

Cosa si farà, in concreto? “Da subito ho chiesto di efficientare le attività di monitoraggio e prevenzione in capo all’Osservatorio Nazionale, previsto dalla legge 113/2020 per la Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Socio-sanitarie”, ha assicurato Schillaci, che intende rendere nuovamente operativo il Comitato nazionale per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive, fermo dal luglio scorso, previsto dal Testo unico sulla sicurezza sul lavoro.

Quando parliamo di sicurezza sul lavoro, la sanità è tra i settori più soggetti al fenomeno delle aggressioni, e tra infermieri e medici le donne sono le più colpite. “La salvaguardia di chi lavora in sanità è essenziale per garantire sicurezza delle cure e qualità ai pazienti. Con questo obiettivo siamo impegnati affinché tutti gli strumenti a disposizione siano utilizzati in modo efficace per permettere a tutti gli operatori e professionisti sanitari di svolgere il proprio lavoro nelle condizioni di massima tutela”, ha sottolineato Schillaci.

La fuga dei medici

Sentire giovani medici pensare di cambiare professione, come dopo l’episodio di Udine, amareggia e preoccupa. Dietro un camice bianco c’è una persona, un professionista che ha studiato per anni, scegliendo un mestiere che – in ultima analisi – consiste nell’aiutare gli altri proprio quando sono in difficoltà.

Già il nostro Ssn si trova a fronteggiare la ‘grande fuga’ degli operatori. Non tutelarli mentre lavorano e indurli a gettare il camice alle ortiche può insidiare la tenuta e il futuro dell’interno sistema.

Cosa fare allora? Più prevenzione, regole, controlli. Ma in questa fase forse è davvero necessario “comprendere che siamo tutti dalla stessa parte – ha suggerito Anelli – e che tutti dobbiamo contribuire a chiedere e a far sì che la situazione migliori”. Ricordando “che la violenza non è mai la soluzione, perché chi aggredisce un medico aggredisce se stesso”.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.