Passione e volontà: la ‘ricetta’ di Staiano, prima donna presidente dei Pediatri

Annamaria Staiano (Sip)
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Seguire le proprie passioni ed essere sempre se stessi. E’ questa la lezione di vita che Annamaria Staiano, prima donna alla presidenza della Società italiana di Pediatria (Sip), si sente di condividere con le giovani (e i giovani) che desiderano intraprendere la carriera in Medicina.

La forza volontà permette di superare gli ostacoli e raggiungere i propri obiettivi. Quanto alle donne ai vertici della scienza medica, avverte: manca “il riconoscimento da parte del mondo maschile, che ancora non accetta il ruolo femminile. Le donne, purtroppo, devono ancora essere incentivate a credere in se stesse”.

Classe 1955, dottoressa Staiano lei ha vissuto la sua giovinezza nel periodo del boom economico. A suo avviso è stato un elemento determinante per l’accesso all’istruzione superiore e universitaria delle donne?

Sicuramente in parte ha contribuito. Ma in tutte le cose è fondamentale la volontà, che è il motore trainante delle scelte di vita. Ancora oggi ci sono tante persone brillanti che accedono all’università pur con basse possibilità economiche. Per volontà intendo il desiderio di ottenere qualcosa.

Lei ha sempre avuto il desiderio di fare la pediatra, o è un’aspirazione che si è sviluppata nel tempo?

Pensavo che sarei stata un medico sin da giovane, pur non avendo in famiglia nessun parente dottore. Vengo da una famiglia di imprenditori capresi impegnati nel settore turistico, quindi di tutt’altro indirizzo. La scelta della pediatria è maturata lungo il percorso formativo nella facoltà di Medicina, dove c’è il tirocinio pre-laurea che mi ha fatto avvicinare al mondo pediatrico.

Il suo curriculum annovera una formazione al liceo classico e poi la laurea scientifica in Medicina: cosa le ha fatto compiere questo cambio verso le materie Stem (science, technology, engineering and mathematics)?

Ho studiato al liceo classico Virgilio Marone di Capri, sede distaccata del liceo di Meta di Sorrento. Rimanendo a Capri, ricordo la mia giovinezza con particolare piacere anche perché il respiro internazionale che quest’isola aveva già allora, grazie al jet-set, mi ha aperto gli orizzonti. La scelta della maturità classica è stata obbligata dal fatto che a Capri l’unico liceo presente era quello Classico. Tuttavia a posteriori posso dire che l’avrei scelto ugualmente. Ho consigliato questa scelta, senza imposizioni, anche alle mie figlie che oggi sono entrambe medici. Credo che il Classico fornisca un modo di pensare e ragionare importante come base per affrontare tutte le discipline. Anche quelle scientifiche.
Oggi l’innovazione tecnologica ha portato a scelte operate dai giovani con maggiore convinzione rispetto al passato. Già al termine delle scuole medie oggi i ragazzi possono documentarsi per scegliere l’indirizzo di studi, essendo meno influenzati dalla situazione familiare. Certamente il concorso per l’ingresso a Medicina è cambiato negli anni (e tra poco cambierà ancora): prima si dava molto peso alle domande di logica, che poi sono state ridotte a favore di quelle di natura scientifica.  Se avessi dovuto dare un consiglio a chi voleva fare il medico, avrei detto sarebbe stato forme meglio una formazione da liceo scientifico per accedere più facilmente ai test di Medicina. Però resto a favore delle scienze classiche per una visione di vita e come stimolo a ragionare meglio.

La carriera l’ha portata a rompere il soffitto di cristallo e a raggiungere la presidenza della Società italiana di Pediatria: quali caratteristiche personali le hanno consentito di conseguire questo traguardo?

Essere la prima donna a presiedere la Sip è per me un grande onore, anche perché rappresento circa 12mila pediatri. Ho avuto l’opportunità di incontrare all’inizio del mio percorso dei grandi maestri che hanno creduto in me e mi hanno spronato a fare sempre di più. Allo stesso tempo, i riconoscimenti che ho avuto negli ultimi anni hanno supportato in me la passione per il mio lavoro. Diventare presidente di una società scientifica così importante non è stato semplice. Ci sono stati anche diversi ostacoli.

Quali?

Per esempio conciliare la vita lavorativa con quella personale e familiare.
In aggiunta alla presidenza della Sip, attualmente dirigo il dipartimento di eccellenza si Scienze Mediche e Traslazionali dell’università Federico II che conta 89 docenti. A fianco di ciò, continuo a essere madre e nonna.

Insomma, non possiamo dire che lei dottoressa Staiano si annoi…

Assolutamente. L’impegno e la passione dentro e fuori dal lavoro sono le forze che permettono di vivere la vita nel pieno della sua essenza.

Quando lei fu nominata presidente della Sip, quali furono le reazioni del mondo scientifico?

Devo essere onesta: il mio ruolo universitario mi ha portato a ricevere commenti positivi proprio perché avevo già rivestito posizioni di rilievo in ambito accademico. Ruoli importanti, che hanno portato a una maggiore accettazione da parte dei colleghi. Devo dire che il sovraccarico di lavoro viene compensato dalla stima dei colleghi, soprattutto degli uomini che fanno parte del Consiglio direttivo e che ripongono un’elevata fiducia nel mio operato. Questo mi gratifica moltissimo.

Spesso si sente dire che, quando una donna arriva a ricoprire posizioni di rilevo, deve comportarsi in qualche modo come un uomo per potersi far rispettare. È vero?

Penso che si debba sempre essere se stessi per essere apprezzati per le qualità che ci hanno portato a raggiungere determinate condizioni. Certo, è avvilente se vediamo il numero di donne che riescono ad arrivare agli apici delle organizzazioni. Da questo punto di vista siamo ancora molto indietro. Oggi la facoltà di Medicina è donna, ma pochissime solo le donne ai vertici istituzionaliNel mio dipartimento ci sono 20 ordinari, di cui solo quattro sono donne.

Dottoressa Staiano, le faccio una domanda forse scomoda o irriverente. I dati che lei riferisce a cosa sono dovuti: a una mancanza di merito delle donne o all’ostruzionismo dell’universo maschile?

Senz’altro l’ostruzionismo maschile. Ma non solo in ambito accademico. Pensiamo alla presenza delle donne nelle strutture complesse: una su 50 diventa direttore e uno su 13 responsabile di struttura ospedaliera. C’è proprio il mancato riconoscimento da parte del mondo maschile, che ancora non accetta il ruolo femminile. Le donne si stanno battendo molto; purtroppo devono ancora essere incentivate a credere in se stesse.
Questo per me è importantissimo: noi donne abbiamo tutte le qualità per raggiungere posizioni al vertice, ma dobbiamo essere noi per prime a crederci.

Che consiglio si sente di dare ai giovani aspiranti dottori?

La soddisfazione data dalla relazione umana con il paziente è qualcosa che non può essere raggiunta con altre professioni. Per fare bene questo lavoro è indispensabile che ci sia un forte desiderio, direi proprio una passione per l’essere medico. Ciò compensa tutte le difficoltà.

Perché i giovani dovrebbero scegliere la specializzazione in Pediatria, in un Paese come il nostro contraddistinto dalla denatalità?

Non dico che bisogna scegliere la Pediatria. Vorrei stimolare le persone che vogliono accedere al mondo medico a darsi da fare per accedervi. La Medicina è una bellissima professione; nel corso degli anni di facoltà si deve cercare di indirizzarsi verso la specializzazione che ci si sente di abbracciare. Con trasporto professionale e umano. In altri termini, bisogna seguire la propria passione.

Presidente Staiano, oggi cosa dire alle giovani donne italiane affinché si avvicinino alle materie Stem?

Le donne devono fare ciò che sentono dentro. Devono seguire il proprio istinto, indipendentemente dall’applicazione umanistica o scientifica. Abbiamo tanti esempi di donne che hanno raggiunto davvero traguardi significativi, anche nel mondo scientifico, perché guidate dal proprio istinto. Penso che le donne siano in grado di fare tutto ciò che sentono di fare. E torno all’inizio della nostra chiacchierata: ci vuole la volontà.
Voglio concludere con un messaggio positivo per le donne. La Giornata internazionale della Donna ne vuole esaltare il ruolo fondamentale, anche nel mondo scientifico-tecnologico. Ma la Giornata non serve solo a riconoscere il ruolo della donna: soprattutto deve fungere da stimolo per andare avanti con la certezza che tutto è possibile.

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